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NOTA
I
Della produzione poetica, in latino e in italiano, di Tommaso Campanella è giunta fino a noi soltanto una piccola parte; quantunque non sia da escludere la possibilitá di nuove scoperte. Nel disegno di un’edizione completa de’ propri scritti in dieci volumi, fermato dall’autore a Parigi nel 1637, ma potuto eseguire soltanto parzialmente, un intero volume egli aveva destinato a raccogliere le poesie, insieme con un’Ars versificcitoria de metro latino applicando vulgari linguae, da lui scritta a Roma fin dal 1595; e nell’ultimo volume della raccolta, miscellaneo, pensava pure di raccogliere Opuscula Latino et Italico idiomate, metro et prosa1. E non sarebbe stata tuttavia se non una scelta. Poiché non vi è compreso quella tragedia La regina di Scozia, che egli in tutti i cataloghi delle sue opere rammenta di avere scritto, nel 1598 in Calabria, per Ispagna contro Inghilterra2; né il poemetto latino De philosophia Empedoclis, scritto fin dal 1591-92, e rifatto nel ’93. Ora tutti i manoscritti, che egli potè lasciare a Parigi nel convento dei Giacobini, che lo ospitò negli ultimi anni della sua vita, sono andati distrutti nell’incendio di quel famoso edificio a tempo della Rivoluzione. Ma il poemetto empedocleo e l’altro pur giovanile Philosophia Pythagorica carmine Lucretiano instaurata, rubatigli a Bologna sulla fine del ’92 e mandati a Roma al Sant’Offizio, e da lui quivi ritrovati insieme con altre sue opere filosofiche nel corso del processo che presso quel tribunale gli fu iniziato sulla fine del ’943, e non piú restituitigli, si può sperare che vengano una volta alla luce.
Molte poesie in italiano e in latino ricorda il Campanella4 di avere scritto durante la sua prigionia nelle carceri del Sant’Officio in Roma (1595), date spesso agli amici etiam ipsorum nomine propalanda; e allora cominciò a comporne anche in metro latino. Di esse certamente qualcuna entrò nella raccolta messa insieme nelle carceri di Napoli durante i primi anni del suo doppio processo di eresia e di ribellione, secondo che vien ricordato nel De libris propriís (1, 3):
Exsurgente siquidem persecutione, quae tot alios tamdiu exercuit, duclus fui [1599] Neapolim tanquam reus maiestatis, ibique, dum librorum copia negabatur, condidi Latina Hetruscaque carmina multa, de sapientia prima et potentia, de primo amore, de bono, pulchro et similibus, quae omnia scribebam cum dabatur furtive commoditas, ex quibus VII libri facti sunt attitulati Cantica; quorum Tobias Adamus quaedam selecta iuxta ingenium suum edidit, sub Squillae Septimontani nomine, additis annotationibus.
Da questi Cantici egli distingue un’altra serie di poesie, continuando così:
Cecini item elegias de propriis et amicorum aerumnis, rhitmos prophetales et psalmodiam quadruplicem de Deo et omnibus eius operibus; atque hac poetica ratione roboraví etiam amicos, ne in tormentis deficerent5.
Ma, a giudicare dalla Scelta che pubblicò l’Adami, e che si dice composta di poesie «cavate» dalla Cantica, la distinzione non regge: perché parte delle poesie della Scelta appartengono alla seconda serie; e nelle Annotazioni s’è veduto che alcune risalgono al tempo della dimora del C. in Roma tra il 1595 e il ’97. Né è esatto che la Scelta fosse fatta dall’Adami «iuxta ingenium suum», poiché essa si accompagnò con la stesura dell’esposizione («additis annotationibus»), e questa è evidentemente opera dello stesso autore 6. Onde è lecito dubitare se realmente tutti i sette libri della Cantica siano stati consegnati all’Adami, quando costui venne a Napoli nel 16137.
Giova anche considerare che nel De libris propriis il C., dopo aver enumerato tutti i suoi scritti anteriori alla visita fattagli dallo Scioppio nel 1607 (egli dice erroneamente 1608)8, nota: «Omnes iam dictis libros Scioppius a me accepit anno 1608, cum veni missus a Paulo V, summo pontifice, meam tractaturus libertatem». E subito dopo soggiunge che a Tobia Adami e Rodolfo Bünau, sei anni dopo, diede «quae Scioppio antea concesseram, et insuper Metaphysicam, Philosophiam realem, Medicinam, Astrologiam et multa opuscula epistolaria»9. Donde è chiaro che le poesie della Scelta si dovrebbero tutte o quasi tutte ritenere anteriori al 1607 o al 1608, poiché non tutto il C. allo Scioppio consegnò a mano, e altro gli mandò dopo che si furono veduti10.
L’Esposizione che accompagna le poesie della Scelta, scritta frettolosamente, come è facile scorgere dalla forma quasi di semplici appunti e accenni, dovette essere buttata giú nel 1613, durante i mesi del soggiorno dell’Adami a Napoli(11. Che sia posteriore ai componimenti a cui si riferisce, risulta evidente, p. e., dalla nota finale alla canz. Della prima possanza (p. 169).
II
L’Adami per qualche tempo parve dubitare dell’interesse che la Scelta avrebbe potuto avere pei suoi connazionali: «si Germaniae nostrae usui esse possent», diceva, accennando alla materia dei cantici onde era composta, nel 1617, nella prefazione al primo opuscolo del Campanella, pubblicato come saggio della sua dottrina:
Prodromus philosophiae instaurandae, al quale si compiacque di premettere il sonetto a lui indirizzato (n. 70 della Scelta . Alcune delle poesie fece tradurre dal suo amico Andreae, che le inseri nel suo Geistliche Kurzweil nel 1619. Ma, quando gli parve che il nome, il pensiero e i casi dello sventurato filosofo italiano fossero giá noti in un circolo non piú ristretto di studiosi, si risolse a pubblicare il libro, benché molto probabilmente in uno scarsissimo numero di esemplari. Se ne conoscono infatti appena due: uno esistente nella Stadt-Bibliothek di Zurigo, ed è quello procuratosi a grande stento dall’Orelli; e uno nella Biblioteca dei Gerolamini di Napoli. È un piccolo in-4, di pp. 8 non num. di frontespizio e dedica, e 128 di testo, compreso un «corregimento degli errori della stampa», che è a p. 128.
Scelta | D’alcune | Poesie filo- | di | Settimontano Squilla | Cavate da’ suo’ libri | detti | La Cantica | Con l’esposizione: | Stampato nell’anno | m.dc.xxii. Manca ogni nota di luogo e di editore.
Del libro, lungo tutto il secolo xvii, non si ha ricordo. L’unica citazione delle «poesie toscane» del C. si trova in un trattato a stampa, ma incompiuto e non pubblicato, dell’erudito napoletano Giuseppe Valletta, del 169612: citazione importante, perché basta a dimostrare che l’esemplare oggi appartenente alla Biblioteca dei Gerolamini fu giá del Vailetta, i cui libri passarono, com’è noto, a’ Gerolamini; e però fu certamente sotto gli occhi di Giambattista Vico, che, amico del figlio del Valletta e della «celebre biblioteca vallettiana» frequentatore, apprezzò i libri di essa per la vendita che ne fu fatta a quei padri dell’Oratorio13. Durante tutto il ’700 non se ne incontra nessuna traccia. Nei primi del sec. xix, nella sua Adraslea, l’Herder (che del C. dovette avere la prima notizia attraverso l’Andreae, alle cui poesie egli premise una prefazione, in un’edizione che se ne fece a Lipsia, nel 1786) riesumò il libro dimenticato, e ne fece gustare la bellezza, traducendone ventisette poesie, e soggiungendo una notizia dell’opera e dell’autore14. Invogliato dai saggi dell’Herder, Gaspare Orelli, che aveva in animo di scrivere una storia della poesia italiana dalle origini agli ultimi tempi15, volle ricercare il volume; ed egli stesso ricorda che «durante il suo soggiorno in Italia mai non cessò di rintracciarlo». Ma «sempre indarno; ché niuno de’ suoi amici e conoscenti ne avea la menoma notizia; eppure nel non iscarso numero di essi vi era un Foscolo..., un Reina..., un Mazzuchelli». Dopo 25 anni di ricerche gli riusci di averne una copia da Wolfenbüttel, dove perciò gli parve di poter congetturare che fosse stato stampato. E si affrettò quindi a curarne una ristampa in una edizione molto elegante:
Poesie | filosofiche | di | Tommaso Campanella | pubblicate per la prima volta | in Italia j da Gio. Gaspare Orelli | professore all’Universitá di Zurigo | Lugano | Presso Gius. Ruggia e C. | mdcccxxxiv. (pp. xx-123 e 1 non num.).
Vi premise una prefazione, calda di ammirazione pel C. Ma tralasciò la dedica di T. Adami e non riprodusse l’indice con numerazione progressiva dei componimenti che era in quella edizione, compilato anch’esso probabilmente dal C., preferendo rifarlo di suo, per attenersi piú fedelmente ai titoli apposti ai singoli componimenti. L’edizione riuscí scorrettissima16. Basti dire che l’O. trascurò del tutto l’errata-corrige, e trasformò in modestissime note relegate a piè di pagina quella «Esposizione» che l’autore, sull’esempio di tutti i commentari teologici e scolastici, intendeva di certo facesse parte integrante del testo; e che nell’edizione dell’Adami serviva infatti da cornice ai versi, come era uso antico in tutte le esposizioni.
L’edizione dell’Orelli riprodusse nel 1854, nel primo volume delle Opere italiane del C. da lui raccolte, Alessandro D’Ancona, il quale, non riuscendo a procurarsi l’edizione principe, si sforzò di correggere congetturalmente molti luoghi del testo orelliano evidentemente corrotto:
Opere | di | Tommaso Campanella | scelte ordinate ed annotate | da | Alessandro d’Ancona | e precedute da un Discorso del medesimo \ sulla vita e le dottrine dell’autore | Torino | Cug. Pomba e comp. Editori | 1854 |: 2 voli, in-16 (pp. cccxliii-i8o e 352). Le Poesie sono nel vol. 1, 17-180, precedute dalla pref. dell’Orelli. A pp. 172-75 è la tavola delle correzioni fatte al testo dell’Orelli. Nell’occhio che è nel vol. i, p. 1, il D’A. aggiunge di suo al titolo adottato dall’O.: «Col commento di Tobia Adami».
Né dell’edizione Adami, che pur vide nella Biblioteca de’ Gerolamini, si servi nel 1861 Nicola Leoni17, in una ristampa (quasi totale) ch’egli fece delle poesie del C., nella sua Istoria della Magna Grecia e della Brezia18; ma si limitò a riprodurre l’edizione dell’Orelli.
Anche pel testo delle Poesie grandi benemerenze acquistò Luigi Amabile, il quale iniziò la serie de’ suoi fondamentali lavori sul C. con lo studio di un codice di lettere campanelliane e dell’esemplare napoletano della Scelta. Nel quale egli ravvisò la cifra del Campanella, e studiò quindi le molte correzioni autografe che vi si leggono, pubblicando un accurato riscontro del testo Adami col testo Orelli-D’Ancona, a cominciare dalla dedica del primo editore, e l’elenco di tutte le correzioni a penna, dovute allo stesso C.19. E diede insieme la prima notizia di un manoscritto di poesie campanelliane, venuto alle sue mani insieme con molte scritture inedite relative a’ processi sofferti dal filosofo; fornendo anche una tavola delle varianti di questo ms. per le poesie quindi comprese nella Scelta20. E l’anno seguente tra i documenti annessi alla sua narrazione Fra Tommaso Campanella, la sua congiura, i suoi processi e la sua pazzia21 inserí tutte le poesie del manoscritto, delle quali 14 erano giá nella Scelta, e qui riapparivano con qualche variante; e 69 inedite. Piú tardi rintracciava a Parigi nella Bibliothèque S.te Geneviève un carme latino, non meno raro della Scelta, che il C. pubblicò colá nel 1639 col titolo22:
Ecloga Christianissimis Regi et Reginae in Portentosam Delphini, orbis Christiani summae spei, nativitatem. F. Thomae Campanellae Ord. Praed. Saeculorum excubitoris cantus cum annot. Discip.; | Parisiis apud Ioannem Dubray m.dc.xxxix, cum permissu Superiorum. [nel mezzo del front, c’è una «vignetta che reca lo scudo de’ Reali di Francia con la corona e i tre gigli, sotto cui una stella, dalla quale pende una campana col motto: Isai. 62: Propter Sion non tacebo», e in basso e a destra una mano chiusa con l’indice spiegato verso lo scudo. Inferiormente si legge un altro motto: «Donec egrediatur Iustus eius», alludendosi a Luigi xiii detto il Giusto].
L’Amabile stesso, nella sua seconda narrazione Fra T. C. ne’ castelli di Napoli, in Roma ed in Parigi, non solo illustrò questa Ecloga, e chiarí che le note attribuite nel frontespizio a un discepolo, ossia, secondo informa l’Echard23, al giovane Filippo Borelli, che egli teneva seco come amanuense, sono invece dello stesso autore24; ma ne curò una diligente riproduzione tra i documenti25,
Un nuovo sonetto scopriva nel 1904 e pubblicava Edmondo Solmi in un codice modenese, di cui si dirá piú innanzi.
Onde cominciò a sentirsi il bisogno di una nuova edizione, la quale, tornando pel testo della Scelta all’edizione principe, vi riunisse i nuovi componimenti fatti conoscere dall’Amabile e dal Solmi. E questo bisogno ha tentato recentemente di soddisfare Giovanni Papini, raccogliendo in due volumetti (nn. 27-28) della collezione Scrittori nostri tutte le poesie finora note del C.
Tommaso Campanella | Le poesie | edizione completa | rivista sulla 1° edizione (1622) | con l’aggiunta di 69 poesie | a cura di | Giovanni Papini | Lanciano | R. Carrabba, editore | 1913 | 2 voll. di pp. 175 e 179 in-16.
Ma l’edizione del Papini, malgrado tutti i sussidi giá preparati dagli studi dell’Amabile, non è riuscita a liberare il testo della Scelta dalla selva di errori, che lo deturpavano. Molti dei vecchi sono scomparsi, ma altri ne han preso il luogo; e il tentativo del recente editore si può dire sia servito soltanto ad acuire il desiderio degli studiosi. Quindi il motivo della presente edizione26.
III
Per la Scelta io mi sono fedelmente attenuto al testo Adami corretto dall’autore; e ad esso ho creduto di conformarmi anche «restituendo al testo, come sua parte integrante, l’Esposizione, nella quale sono schiarimenti assai importanti del primo periodo del pensiero del Campanella, e riproducendo nella parte corrispondente dell’indice di questo volume l’indice delle poesie contenute in questa Scelta premesso a quella prima edizione, dall’Orelli in poi sempre trascurato. Ho modificato solo l’interpunzione e rammodernata la grafia, secondo il metodo generale degli Scrittori d’Italia; ma ho rispettato scrupolosamente la stessa grafia, dove essa rispecchia forme dialettali proprie al C. Le poche correzioni (alcune delle quali proposte giá dal Bustelli) introdotte nel testo, perché sembratemi assolutamente richieste dal senso o dalle ragioni del metro e della rima, sono segnate qui appresso nella Tavola delle emendazioni. E solo qui avverto, a questo proposito, che a p. 171 nel v. 25 ho creduto pel senso di dover mantenere «humo» in rima con «domo», pensando che l’autore pronunziasse la seconda parola, alla calabrese «dumo» o «demo» (con la nasalizzazione dell’e). Per le quattordici poesie (segnate coi nn. 19, 21, 22, 36, 37, 38, 39, 45, 50, 51, 53, 55, 60, 61) della Scelta, di cui è copia anche nel manoscritto scoperto dall’Amabile, ho creduto sempre di preferire la lezione a stampa, rappresentando essa una revisione posteriore, e in ogni caso la lezione data dallo stesso autore, che rivide poi e corresse le sue poesie giá stampate, di fronte a una copia del frate suo amico, senza paragone piú rozzo. Pure le differenze che corrono tra la lezione adottata e quella del ms. sono tutte segnate nella Tavola delle varianti Ponzio. Del son. all’Adami giova avvertire qui che nel Prodromus (p. 25), dove vide la prima volta la luce, reca il titolo: Sonetto di F. Th. Campanella A. T. A. (sic); e ha nel v. 2 «Adami» invece di «Tobia», e nel v. 9 «contro» in luogo di «contra». Per l’Ecloga, che segue alla Scelta, non mi son contentato di riprodurre la stampa dell’Amabile. Ma mi sono procurato una nuova collazione dell’esemplare conservato a Parigi dell’edizione originale. E la collazione non è stata inutile, come potrá vedere chi avrá la pazienza di riscontrare la mia con la stampa dell’A., benché l’accuratezza e la tenacia di attenzione di questo insigne studioso non saranno lodate mai abbastanza. Noto qui soltanto che egli diede nella n. 5 (p. 202) «credentum» invece di «eventuum»; nel v. 15 «vice» inv. di «vices»; nella n. 10 (p. 203) «immutabiles» inv. di «immutabilia» (forse intendendo introdurre una corr., che non è però necessaria); nella n. 13 (ivi) «allegatur» inv. di «allegatus». Noto pure che mi sono assicurato della lezione «Piscium» (n. 8, p. 202), dando a q. 1 . l’ed. 1639 il segno della costellazione dei Pesci, qual è indicato dallo stesso C. ne’ suoi Astrologicorum libri VI (Lione, 1629, p. 20). Ma la maggior fatica che è stata richiesta da questa importantissima Ecloga, che tanta luce dá su tutta la storia e il significato del pensiero del C., è quella occorsa a decifrare e chiarire le moltissime citazioni delle note: citazioni abbreviate in modo da rendere assai difficile l’identificazione dei nomi o degli scritti a cui il C. si riferiva.
Nelle Poesie postume sono raccolte tutte quelle del ms. scoperto dall’Amabile, che non erano state comprese nella Scelta e il son. contro Venezia degli Antiveneti, insieme col Lamento, di cui fa parte e che lo commenta. Il manoscritto dell’Amabile, proveniente insieme, con molti altri documenti da lui usufruiti nella sua biografia del C., da collezioni private, è passato alla Biblioteca nazionale di Napoli, per legato dello stesso Amabile e fa parte del vol. v de’ Processi ecclesiastici di Campanella e soci, particolarmente intitolato Processo di Napoli — Scritture trovate a’ frati allegate (ms. xi, AA, 28); dove occupale carte 97-178: formando per sé un libretto con guardia di pergamena e resti di nastri di seta. Sulla guardia leggesi l’intitolazione: «Scripture, seu secreta manu scripta prohibita inventa in archa fratris dionisij pontij in cast, novo, cum relationibus Rev. Theologi de illorum qualitatibus». A p. 100 c’è una «Dedica» di mano dello stesso fra Pietro Ponzio, che scrisse le poesie che occupano le cc. 101145 del codicetto, di cui le cc. 146-178 son bianche; segno che il lavoro di copia del P. fu interrotto quando il ms. gli fu sequestrato. La dedica è anch’essa interrotta a mezzo:
Al molto III.re Sig.re Frati.co Gentile Patritio della Rep.ca Genovese
mio P.ron Colend.mo
Havendo io visto con quanto deciderio V. S.ria vá cercando li sonetti del P.re Camp.lla...
I sonetti (che non sono tutti sonetti) cominciano con la c. 101 r. Questo brano di dedica ha anch’esso la sua importanza. Infatti, poiché il 2 agosto 1601, in occasione d’una rissa sorta fra i carcerati, si fece una perquisizione nelle loro prigioni e presso del Ponzio, celato in un canestro con coperchio, fu scoperto quell’elegante codicetto «con zagarelle di seta pavonazze e rangiate», egli nel risponderne, il 17 marzo dell’anno dopo, ai giudici, diede ragguagli, che potrebbero far dubitare della paternitá di qualcuno dei componimenti da lui trascritti. Egli disse:
Detto mio [libretto] è scritto di mano mia, e è intitolato [a] Francesco Gentile, e son sonetti del Campanella, e di diversi altri autori, che sono andato radunando; e vanno per tutta questa cittá di Napoli27.
L’Amabile28 non trovò se non il son. «Gli occhi vostri, diss’io, quivi perdei» (intitolato Sonetto d’Orazio di G. a Don G. d’A.) di cui «tutt’al piú» potesse sospettarsi l’apocrifia. Ma è evidente che, con l’accenno a quegli altri «diversi autori», il Ponzio mirasse a togliere a taluni di quei sonetti il valore che eventualmente potevano avere come documenti a carico del C. E alcuni certamente ve ne sono, che il C. non avrebbe mai riconosciuti per suoi, date le sue dottrine moralistiche dell’arte, quali sono predicate anche nella Scelta. Ma la dedica al Gentile, che gustava tutta quella poesia, è di assoluta attendibilitá. Ecco, d’altra parte, come nella deposizione pomeridiana di quello stesso giorno il Ponzio continua a parlare dell’origine dei sonetti da lui raccolti:
E dimandato alcuni sonetti che stanno scritti al libro n. septimo, che sono maledicenti, altri che trattano di cose oscene, e ci sono alcune cose scritte a donne amate che sapiunt idolatriam, da chi sono stati composti detti sonetti, respondit:
«Io un’altra volta me ricordo di avere deppsto che ad instanzia di Francesco Gentile aveva io radunato questi sonetti insiemi; de li quali parte me ne avea dato esso Gentile di mano sua, li quali non so l’autore; e alcuni altri me li ha dato il sig. Cesare Spinola, e particolarmente li sonetti che sono dedicati alla signora Maria e alla signora donna Anna, e uno a se stesso. E io ne ho avuto la maggior parte, che sono piú di venticinque: l’ho avuti da altri carcerati, li quali dicevano che erano stati composti da fra Tomaso Campanella; e che il Campanella l’avesse dati a Maurizio de Rinaldo, calandoli con uno filacciolo da la finestra del Torrione; e che, depoi la morte di Maurizio, l’avea dati alli altri carcerati uno Cesare forse, che avea servito detto Maurizio; e altri ne ho avuto da fra Giovati Battista de Pizzone»29.
Da questo codice, ho desunto pertanto come opera del C. tutte le poesie che erano state escluse dalla Scelta; per le quali non mi son contentato della diligente riproduzione dell’Amabile, ma mi son rifatto dal ms., solo arrecando al testo quelle lievi modificazioni ortografiche che mi sono state suggerite dallo stesso ms. In cui ho notato che la parola «ragione», scritta da prima con due «g», è stata in tre luoghi corretta; e così «bugiarde», che prima era scritto «buggiarde» e «Dionigi» (prima «Dioniggi») e «Phebo» (prima «Phebbo»). Onde mi son permesso di toglier la consonante doppia, dove piú correttamente si richiede la scempia. Cosi dialettalmente una volta era stato scritto «puoco», corretto poi in «poco». E questi dittonghi della pronunzia calabrese ho pur creduto di dovere abolire. Ma le correzioni maggiori ho segnate nella Tavola delle emendazioni.
Non ho creduto bensí di rispettare l’ordine del ms. Ponzio, che non è un ordine né cronologico né di materia, checché si sia industriato di sostenere l’Amabile; essendo chiaro che il Ponzio trascriveva i versi via via che gli eran comunicati, non avendoli tutti innanzi fin da principio. E ho classificati perciò tutti i componimenti secondo il contenuto, procurando di disporre in ordine di tempo quelli di ciascuna serie.
Fra i politici ho inserito, per non fare una categoria a parte, il sonetto contro Venezia col relativo Lamento, giá pubblicato da E. Solmi30 e di recente da J. Kvacala31. Esso è parte del primo libro di quegli Antiveneti, che nel settembre 1606 il C. fu invogliato a scrivere dalle notizie giuntegli nel suo carcere della lotta tra Paolo V e Venezia. E nel 1607 lo dava all’amico Scioppio, affinché ne procurasse la pubblicazione, che non è mai avvenuta. Ne parlò bensí lo Scioppio col libraio veneto G. B. Ciotti, al quale consegnò altri scritti campanelliani, perché li pubblicasse. Ma, arrestato la notte del 27 settembre, per sospetti circa sue commissioni da parte del papa all’imperatore e principi tedeschi, lo Scioppio fu severamente rimproverato di portare seco quel libro «scandalosum, contumeliosum, quique populum Venetum ad rebellionem commovere queat: multo enim magis quod eum Ciotto ostendere ausus fuissem»,come scriveva lo Scioppio all’amico Fabri daTrento il 7 ottobre32. «Ostenderunt (tornava a scrivere da Augusta il 1° novembre) Veneti se non mediocriter timere Antiveneta Campanellae»33. La copia sua non gli fu piú restituita; e gli si chiese se sapesse di altre copie, per acquistarle e distruggerle. Un esemplare se ne conosce nella Estense di Modena (cod. segn. F. 3, 16, giá Campori 257); e il primo dei tre libri, di cui l’opera consta, si legge anche in un ms. della Bibl. imperiale pubblica di Pietroburgo (Italjanskaja F. xvii, 2) intitolato: Manuscripta italica per me Fridericum Metschen in peregrinatione mea Italica collecta anno 1610. Il testo modenese fu messo a stampa dal Solmi non senza sviste o tacite correzioni arbitrarie, sulle quali son potuto ritornare grazie alla diligente revisione del ms., gentilmente fatta per me dal prof. G. Paladino per la poesia, e dal dott. Domenico Fava per la prosa. Piú corretto, in generale, esso si presenta rispetto al ms. russo, fatto conoscere dal Kvacala, che pure ho tenuto presente.
Note
- ↑ Si veda il catalogo annesso alla Philos. realis, Parisiis, 1637, rist. in Opere di T. C., ed. D’Ancona, 1, p. cccxxxvi.
- ↑ Kvacala, Ueber die Genese der Schriften Thom. Campanellas, Juriew, 1911, p. 14.
- ↑ Campanella, De libris propriis et de recta ratione studendi sintagma, 1, 2; in De philologia tractatus quos Th. Crenius collegit, Lugduni in Batavia, 1656, p. 175.
- ↑ De libris propriis, p. 176.
- ↑ Op. cit., p. 177.
- ↑ Questo è stato messo in chiaro dall’Amabile, Il codice delle lettere, pp. 131-2, e Castelli ecc., 1, 160 sgg. Troppo deboli le osservazioni di A. Moroni, Delle poesie di fra T. C., Senigallia, 1907, pp. 4-6.
- ↑ Né bastano a dissipare il dubbio gli accenni che l’Adami fece nel 1617 a queste poesie nella prefazione al Prodromus.
- ↑ Cfr. Amabile, Castelli, 1, 40.
- ↑ Op. cit., pp. 182-3.
- ↑ V. proemio all’Ath. tr. in Amabile, Castelli, ii, docc., p. 184: «Deinde submitiam ...». E poi: «Vide, omnia tradidi in manus tuas». Posteriori sono certamente il sonetto all’Adami, e le tre canzoni della salmodia metafisicale, se pure questa non fu ritoccata dopo una prima composizione anteriore al 1607. Cfr. sopra.
- ↑ Cfr. Amabile, Cast,, n, 372.
- ↑ Amabile, Il Santo Offizio della Inquisizione in Napoli, n, 67, n. 1 e G. Gentile, Studi vichiani, Messina, 1915, p. 445.
- ↑ G. B. Vico, Autobiografia, ed. Croce, p. 192; cfr. p. 113.
- ↑ Tutto è ristamp. in Herder, Sämmtl. Werke hg. v. B. Suphan, xxvii (Berlin, 1881) 332-346 e 361-362. Al primo saggio di traduzione segui il poscritto: Wer díeser Prometeus (ivi, pp. 347-54). Questo poscritto fu trad. dal D’Ancona, op. cit., 1, p. cccxxxix e ss.
- ↑ Si veda L. Donati, Gio. Gasparo degli Orelli (1787-1849) e le lettere italiane; suppl. alla Cron. ann. della Scuola normale di Zurigo, 1894.
- ↑ Vedi l’acuto studio sul testo Orelli (e su quello D’Ancona, che ne dipende) di Giuseppe Bustelli, Emendazioni critiche al testo delle Poesie filosofiche di T. C. (1875) in Scritti, ii (Salerno, 1878), 180-238.
- ↑ Si veda Iacopo Moeniacoeli [Vittorio Inebriarti], Le poesie del C., Lett. al direttore nel Gior. napol. d. domenica, a. I, n. 5, 20 gennaio 1882 (notizia della rist. del Leoni), e la lett. di L. Amabile, con lo stesso titolo, nel n. 7, 12 febbraio 1882.
- ↑ Si ha anche un estratto di questa parte della sua opera: Poesie filosofiche | di | Tommaso Campanella | Estratte dal capitolo xxxvi, volume ii della Istoria della Magna Grecia | e della Brezia | di Nicola Leoni | Napoli | Dallo stabilimento tipografico-letterario dell’Ateneo. | Vico S. Maria Vertecoeli n. 9 | 1861: in-8 a 2 coll., di pp. 48.
- ↑ Alcune delle Poesie del C. sono riprodotte da L. Consolo in app. al suo magro opuscolo: T. C. nella storia e nel pensiero mod. ecc., Prato, Passerini, 1906; e molte anche ne ristampa L. Accattatis nel suo studio: Campanella poeta (estr. dalla Cron. di Calabria), Cosenza, 1909.
- ↑ Vedi Il cod. delle lett. del C. nella Bibl. Naz. e il Libro delle Poesie dello Squilla nella Bibl. dei PP. Gerolamini in Napoli descritti ed illustrati da L. Amabile con una tavola, Napoli, A spese dell’A., 1881, pp. 99-140. Nella Tavola è dato un facs. della scrittura del C., del frontespizio della Scelta, dov’è la sigla del C. e di due brani delle pp. 4 e 5, che recano correzioni a penna.
- ↑ iii, 549-81.
- ↑ Tolgo questa descrizione dall’Amabile, non avendo potuto vedere l’opuscolo, il cui testo ho bensi fatto collazionare.
- ↑ Vita Campanellae, in app. alla Vita Th. C. autore Ern. Sal. Cypriano 8, Amstelodami, mdccxxii, p. 177.
- ↑ Cast., ii, 137 .
- ↑ Pagg. 347-355.
- ↑ Per l’edizione Papini rimando alle recensioni del Croce nella Critica, xi (1913), 254-9 e 338-40, e del compianto T. Parodi nella Nuova cultura, i (1913), pp. 273-80.
- ↑ Amabile, Cong., iii, docc., p. 526.
- ↑ Cong., n, 297.
- ↑ Op. cit., iii, 527.
- ↑ La Cittá del Sole, pp. 56-58.
- ↑ Intorno ad alc. mss. finora non considerati di opere di T. C., Nota presentata dal socio B. Croce, negli Atti dell’Acc. Pontaniana, vol. xliii, 1913, pp. 6-9; nonché in Neue Nachträge Z. d. Abhandlung: Ueb. d. Genese der Schriften Th. C., in Acta et Commentationes Imp. Univ. Iurievensis, 1913, pp. xx-xxiii.
- ↑ Amabile, Castelli, ii, docc., p. 27.
- ↑ Pag. 31.