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IV. Il lampo
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IV

Il lampo


     Omai la notte, dai cocenti ardori,
difendeva dal sol greggi e pastori;

     nascente auretta con le placid’ali
lusingava la pace dei mortali;

     5e rompea l’ombra, che cresceva bruna,
coi nivei raggi la falcata luna.

     Tirsi, quel Tirsi, i cui soavi accenti
si arrestan spesso ad ascoltare i venti,

     quando sul flauto, e su l’agreste canna
10torna, cantando, alla natia capanna,

     sedea presso i’ovil, dove l’alpestre
monte si fende, e sacro al dio silvestre

     l’antro s’incurva, e in roco mormorio
morde la rupe e la circonda il rio.

     15Melampo, il fido cane, a quella accanto,
chino in sul ventre si riposa intanto,

     il muso appoggia su le zampe, guizza
la torta coda e l’alte orecchie rizza;

     cade una foglia, sorge e ne va in traccia,
20digrigna i denti, abbaia e il ciel minaccia.

     Tirsi cantò. Del rivo allora l’acque
lussureggiâr tremanti e il cane tacque:


     — Notte, sacra al piacer ed al profondo
silenzio, in sen di cui riposa il mondo,

     25muta ministra d’un furtivo amore,
qual dolce moto tu mi désti al cuore?

     Le lucciolette, che su fosche piume
ronzano intorno con l’incerto lume,

     non sembran, Fille, i tuoi languenti rai,
30qualor mi negan quel che poi mi dái?

     Il dolce canto, onde fedel si lagna
della perduta sua cara compagna

     l’amabil usignol sul vicin leccio,
che satiro crudel nel boscareccio

     35nido ha ferita, dove il dì riposa,
non sembra il canto tuo, Fille vezzosa?

     Il susurro del vento e delle fronde,
e l’interrotto gorgoglio dell’onde,

     che vanno i sassi ad incontrar fugaci,
40non rassembra il rumor dei nostri baci?

     Gli astri... — Volea piú dir, ma il ciel sereno
si fe’ di fuoco e scintillò un baleno.

     Tirsi si scosse abbarbagliato e, alquanto
fisso nel ciel, così riprese il canto:

     45— Lampo, sei pur fugace... in un momento
hai la vita e la morte, e non ti sento!

     Somigli passeggero alle pupille,
a quei piacer che godo in sen di Fille:

     m’abbaglian come te: qualora io credo
50di vedervi, fuggite, e non vi vedo.


     E se a cercarvi in voi, folle, mi provo,
sento che foste giá, ma non vi trovo. —

     L’udì la ninfa: dietro un’elce annosa,
si compiaceva del suo canto, ascosa.

     Rise e gli corse in braccio: ei giá la preme;
e un bacio e un lampo s’incontrâro insieme.

     Giá cento lampi eran fuggiti, quando
si diviser le labbra. A lui, scherzando,

     con un sorriso, disse Fille allora:
— Ti sembra un lampo questo bacio ancora?

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