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XIV
Amore spennacchiato
(1781)
Su la scorza di un alloro,
sacro a Fille ed al mio cuore,
ha scolpito — il prode Eurito,
con un dardo, il dio d’amore.
5Effigiato in bel lavoro,
evvi un cieco fanciulletto,
che ’l macchiato — tergo alato
si spennacchia sdegnosetto.
Giá scendeva il sol nell’onde
10e il mio ben col gregge amico,
che belava, — giá varcava
dei ginepri il colle aprico;
quando me su quelle sponde,
ove il sacro allòr verdeggia,
15giunger vide: — si divide
ella tosto dalla greggia.
Mi dá un bacio e al sen mi stringe,
mi ribacia e mi accarezza,
e mi guata, — agitata
20da impaziente tenerezza.
Di pallore il volto tinge,
e tremanti, argentee stille
rugiadose — le amorose
bagnan lucide pupille.
25— Aimè! temo — ella mi disse —
che da Eurito inciso, oh Dio!
sia quel nume — senza piume,
triste acquisto all’amor mio.
Se geloso il ciel prefisse
30giá la meta al nostro affetto,
or m’uccida — e non divida
l’idol mio da questo petto;
ché io piú viver non potrei
senza il vago mio pastore:
35sotto questo — allòr funesto
morrei fida di dolore.
Labindo è degli occhi miei
piú a me caro! — E molli intanto,
sospirando, — singhiozzando,
40i begli occhi avea di pianto.
Io li tersi, e su la bocca
bacio fervido libai,
che sul seno — venne meno,
sdrucciolando, e sospirai.
45La mia gota il sen le tocca,
che si scuote palpitante,
che ripete — le secrete,
vive gioie d’un’amante.
— Non temere — a lei risposi,—
50se tu vedi amor cruccioso
adirarsi, — spennacchiarsi:
è un fanciullo capriccioso.
Ei sovente con i strali
cifre imprime misteriose
55e i voleri — lusinghieri
svela all’anime amorose.
Forse Eurito, cui palesi
son gli arcani, a noi promise
un’alterna — fede eterna
60in quel di che il tronco incise.
Sento ancor quello che intesi,
è giá un lustro, immenso ardore,
ché coi dardi — de’ tuoi sguardi
tutto in me discese Amore.
65Pria vedrò, ch’esserti infido,
privo il sol de’raggi suoi:
io lasciarti, — abbandonarti!
Ahi! crudel... Pensar lo puoi?
Questo allòr vedrammi fido
70teco, Fille, amante ognora,
se si asconde — il sol nell’onde,
o se nasce in ciel l’aurora. —
Io dicea, piangea la bella;
ma fra ’l pianto un dolce riso
75inostrava — ed increspava,
presso il labbro, il roseo viso.
M’abbracciò la pastorella,
mai piú bella di quel giorno,
e al tnmio braccio — fatto un laccio,
80all’ovil fece ritorno.