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XXXI. Ad una vecchia
Scherzi - XXX. Il solletico Scherzi - XXXII. A Nerina

XXXI

Ad una vecchia


     Le rughe invan ti coprono
i giovanili inganni:
Nice, fra i crin t’albeggiano
insidiosi gli anni.

     5Cedi la molle cetera
di Saffo ad altra mano;
cercan le dita languide
di trarne suono invano.

     Quando alla notte tacita
10son le tarde ombre scorta,
gli amanti piú non picchiano
alla sprezzata porta.

     Sciogli dal fianco, inutili
ministri, i bianchi lini;
15sgrava le tempie gelide
de’ conosciuti crini.

     Fuggi quell’etá, docile
al tenero godere,
e, seco lei, fuggirono
20i scherzi ed il piacere.

     La primavera tiepida
segue l’estate ardente,
cede l’autunno instabile
al pigro verno algente.

     25Nel prato i fior languiscono,
mancan le molli brine;
sol pochi sterpi restano:
ha tutto il suo confine.


     Togli dell’arse guance,
togli i smirnei colori
e i bianchi vel, che spirano
d’intorno assiri odori.

     Di quelle sete spògliati,
che il Gallo a noi vicino
ci manda, che figurano
volti di Pechino.

     Riponi omai le gravide
tazze di buon liquore:
piú ravvivar non possono
l’antico tuo vigore.

     Perché la bella Fillide,
bionda, dai neri lumi,
si presto mi rapirono
invidiosi i numi;

     e amici a te serbarono
la non curata vita?
Potea la pigra Lachesi
aver la tela ordita!

     Gli Amor non piangerebbero
or, disprezzati arcieri;
né profanati Venere
vedrebbe i suoi misteri.

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