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A VINCENZO MONTI,

epistola.1



Se tra’ pochi mortali a cui negli anni
     Che mi fuggîr fui caro, alcun ti chiede
     Novella d’Ugo (chè il tacerne, troppo
     Indegno fora all’amor nostro, o Monti),
     5Rispondi: in terra che non apre il seno
     Docile a’ rai del sole onnipotenti
     Passa la vita sua colma d’oblio:
     Doma il destriero a galoppar per l’onde;
     Sulle rocce piccarde aguzza il brando,
     10E navigando l’oceán cogli occhi,
     D’Anglia le minacciate alpi saluta.
     M’udrai felice benedir, m’udrai
     Commiserar: tu fammi lieto a’ lieti,
     Dolente a’ dolorosi. Ognun sé pasce
     15Del parer suo. Qual io mi viva, solo
     Tu l’odi; e dove coronato libi
     Al genio e all’ira d’Alighieri, il canto
     Pedestre mio, cortese ospite, accogli.
     Non te desio propizïante all’ara
     20Della possanza in mio favor, nè chiedo
     Vino al mio desco, o i tuoi plausi al mio verso;
     Ma cor che il fuggitivo Ugo accompagni
     Ove fortuna il mena aspra di guai.
     Mi mentirà così, Vincenzo, quella
     25Che in molti uomini lèssi e in pochi libri
     (Poich’io cultor di pochi libri vivo)
     Aurea sentenza: amico unico è l’oro.



  1. Fu scritta da Saint-Omer, mentre l’Autore militava nell’Esercito dell’oceano nel 1805. Fu pubblicata la prima volta da Luigi Carrer nella Vita del Foscolo, favellandone come d’un frammento; ma a noi pare che possa riputarsi intiera.
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