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Notizia bibliografica di Carlo Capponi
Lettera di Cesare Guasti Fac-simile

NOTIZIA BIBLIOGRAFICA

DELLE POESIE

DI FRA GIROLAMO SAVONAROLA




Poesie tratte dall’autografo.


Questo prezioso codice, tutto di mano di Fra Girolamo Savonarola, fa parte della celebre raccolta di autografi posseduta dal conte Giberto Borromeo. È un volumetto in 24, cartaceo, di piccolissima scrittura, e senza numerazione di pagine. Pare un libricciuolo di ricordi e di estratti, nel quale il Savonarola, oltre tutto l’intiero opuscolo spirituale che ha per titolo Solatium itineris mei, più volte stampato, scrisse testi e autorità della Santa Scrittura, dei Padri e dei Canoni, e l’ordito di molti sermoni, frammettendovi a quando a quando le Poesie che noi pubblichiamo.


I.


Orazione breve devota e bella.


Prima di tutte sta nell’autografo questa strofa, la quale ci sembra racchiudere il finale intendimento del Frate, e la intiera ragione dei suoi versi. Sta egualmente nel codice Magliabechiano n. 90 della classe xxxv, appartenuto a Fra Benedetto fiorentino, che a varie sue operette unì delle poesie del Savonarola suo maestro. Si trova in stampa a piè del Trattato dello amore di Iesu Cristo dello stesso Savonarola, nelle molte edizioni che se ne fecero vivente lui, e poco dopo la sua morte, col titolo che abbiam messo qui sopra, ma che non si legge nell’autografo. Si riprodusse fra le Rime scelte del Poeti Ferraresi antichi e moderni (Ferrara, per gli eredi di Bernardino Pomatelli, 1713; a pag. 46); e dall’Audin, che l’ebbe da un’antica copia dell’archivio del convento di San Marco. (Poesie di Ieronimo Savonarola; Firenze, stamperia di Tommaso Baracchi, 1847; a pag. 16.) Girolamo Benivieni vi aggiunse cinque strofe, che formano la laude che si legge fra le Opere di lui, a carte 130 t. della edizione de’ Giunti (Firenze, 1519); e a carte 136 t. di quella di Venezia, 1522, per Niccolò Zoppino e Vincenzo compagno.


II.


È senza titolo nell’autografo, da cui n’ebbe una copia, non senza errori, Pasquale Villari, che la diede nell’appendice alla Storia di Girolamo Savonarola e dei suoi tempi; Firenze, Lemonnier, 1859. In un’antica e rara edizione di Laude fatte e composte da più persone spirituali ec., s. l. e a., citata dal Gamba (Serie dei testi di lingua ec.; Venezia, 1839; n. 106), la si dà come di Feo Belcari.


III.


De ruina Mundi, 1472.


Dal citato codice magliabechiano di Fra Benedetto la trasse il primo Carlo Meier, e la stampò nell’appendice alla biografia del Savonarola (Girolamo Savonarola aus grossen Theils handschriftlichen Quellen dargestellt; Berlin, 1836); e poi l’Audin, che la diede sotto il n. I. Dopo di lui, in appendice alle respettive istorie del Frate, la ripubblicarono; RR. Madden, The life and martyrdom of Savonarola; London, 1854; a pagine 390 del secondo volume: Théodore Paul, Jérome Savonarole précurseur de la Réforme; Geneve, 1857; pag. 326 della prima parte: Bartolommeo Aquarone, Vita di Jeronimo Savonarola; Alessandria, 1858; volume secondo, pag. vii. Il Madden aggiunse la versione in inghilese, a pag. 69 del volume primo. Ha nell’autografo la data del 1472, come nella copia serbataci da Fra Benedetto.


IV.


De ruina Ecclesiae. 1475 circa.


Pubblicolla primo, dal citato codice, il Meier, non trascurando le molte annotazioni, che per il buon intendimento della medesima vi avea fatte il Savonarola, e Fra Benedetto aveva trascritte. Così completa fu data nuovamente in luce dall’Audin, al n. II; dal Madden, a pag. 392 del volume secondo; e dal Paul, a pag. 328 della prima parte. Anche l’Aquarone la riportò nel volume secondo della sua Vita, a pag. x; ma tralasciando le dette annotazioni: e il Madden la diede volta in inghilese, nel volume primo, a pag. 71. Si mantiene dall’autografo a questa canzone la data medesima che porta nel codice di Fra Benedetto.


V.


De consolatione Crucifixi.


Questa canzone fu più volte stampata, vivente il Frate, di seguito al Trattato dello amore di Iesu. Si riprodusse nelle Rime scelte de’ Poeti Ferraresi antichi e moderni, a pag. 46: poi dal Rudelbach, Hieronymus Savonarola und seine Zeit; Hambourg, 1835; a pag. 497: quindi dal Meier, pag. 337: e dall’Audin, n. VI. Nella Vita del Savonarola di scrittore anonimo (The life and times of Girolamo Savonarola; London, 1843) se ne legge una bella versione inghilese. Il Crescimbeni nella Storia della volgare poesia (Venezia, 1730, a pagine 443 del terzo volume) la diede come saggio del poetare del Frate nostro. È la sesta di quelle raccolte da Fra Benedetto.


VI.


De Ascensione Domini.


Sonetto edito dal Villari in appendice alla sua Storia, ma scorrettamente, nel volume secondo, a pagine cxxvi.


VII.


De Assumptione Virginis Mariae,

ad fratrem Johannem de Asula ord. Praed.


Anche questo sonetto, mandato dal Savonarola a un frate del suo ordine, fu dato dal Villari nel volume secondo, a pagine cxxvii.


VIII.


Ad Virginem.


Fu stampato questo sonetto in un’antica edizione, forse la prima, della Espositione del psalmo In te Domine speravi dello stesso Savonarola; e poi riprodotto dal Meier, pag. 344; e dall’Audin, al n. XV.


IX.


Non ha titolo nell’autografo, ed è la settima di quelle date dal Villari, a pag. cxxxii del secondo volume. Nella ricordata raccolta di Laude ec. sta a carte 59 t., ma senza nome di autore.


X.


L’anima tentata conforta se medesima.


XI.


De l’amor di Iesù.


Edite ambedue dal Villari, ma con qualche scorrezione, per difetto della copia ch’ebbe dall’autografo. Nell’antica raccolta di Laude ec. si danno col nome di Feo Belcari; la prima, a carte 9 t., la seconda a carte 24 r.


XII.


Laude al Crucifisso.


Sta nel codice di Fra Benedetto più volte citato, sotto il n. 7; e si trova a stampa in tutte le antiche edizioni del Trattato dello amore di Iesù Cristo. Serafino Razzi la inserì, a carte 4 r., nel Libro primo delle Laudi spirituali, pubblicato in Venezia nel 1563, e dal tipografo Giunti dedicato a S. Caterina de’ Ricci. Fu riprodotta nella Raccolta de’ Giunti del 1578; e poi nelle Rime scelte de’ Poeti Ferraresi antichi e moderni, a carte 49: dal Rudelbach, a pag. 499; dal Meier, a pag. 343; dall’Audin, sotto il n. IX (XI per sbaglio); dal Madden, a pag. 396 del secondo volume. G. Rapp (Die Schiriften des Martyrers Hieronimus Savonarola; Stuttgart, 1839) la diede volta in tedesco.


XIII.


In Nativitate Domini.


Questa laude è attribuita a madonna Lucrezia Tornabuoni ne’ Medici nell’antica e rara raccolta di Laude ec. più volte citata, dove sta a carte 42 t; dal Razzi nel citato Libro di Laudi spirituali, a carte 16 t.; e dal Cionacci fra le Rime sacre tutte di autori di casa Medici. Il Villari la diede fra le poesie inedite del Savonarola, volume secondo, Appendice, cxxx.


XIV.


Laude ad infiammare il cuore al divino amore.


Con questo titolo, che non è nell’autografo, fu la prima volta stampata, vivente Fra Girolamo, nella rarissima edizione di una Epistola scritta da lui ai suoi diletti fratelli in Cristo, a’ 15 di luglio 1497. Fu riprodotta dal Rudelbach a pag. 501, e dal Meier a pag. 340. Comparve nuovamente nella raccolta dell’Audin al n. X; e in appendice all’opera di F. T. Perrens (Jerôme Savonarole, sa vie, ses prédications, ses écrits; Paris, 1853), a pag. 483 del secondo volume. Fu data ancora dal Madden, volume secondo, pag. 403; dal Paul, parte prima, pag. 339, e dall’Aquarone, volume secondo, pag. lxxi. II Rapp ne diede una versione tedesca; e lo scrittore anonimo della Vita del Savonarola stampata a Londra nel 1843, la riprodusse volta in inghilese. Questa laude è l’ultima delle poesie che Fra Benedetto ci serbò del suo maestro.


XV.


Ad Iesum, quando ad pedes eius Maria flebat, Carmen.


È anche, scritta di mano del Frate, nel Breviario che egli usava, e che si conserva fra le preziosità della Palatina di Firenze. Di qui l’ebbe l’Audin, che la pubblicò al n. XII della sua raccolta; e dopo lui fu ristampata dal Madden, pag. 399 del volume secondo. Noi diamo la lezione dell’autografo Borromeo, segnando a piè le varianti dell’autografo Palatino, di cui pure riproduciamo il fac-simile. È la quarta di quelle trascritte da Fra Benedetto.


XVI.


Pro Itinerantibus.


Edita dall’Audin, al n. XIII, sul codice di Fra Benedetto, e coll’aggiunta di alcuni versi ch’ebbe da una scorrettissima copia esistente nella Palatina. Il Madden, seguendo la stampa procurata dall’Audin, la diede nell’Appendice di seguito alla sua Storia, a pag. 400 del secondo volume.


XVII.


Oratio pro Ecclesia, etc. 1484.


La pubblicò prima l’Audin, al n. VIII; e poi l’Aquarone, volume secondo, a pag. xiii, sul codice Magliabechiano di Fra Benedetto.


XVIII.


Inedita, e senza titolo. Nella raccolta di Laude ec. più volte ricordata, a carte 48 r., è data come d’incerto, e molto più accorciata.


XIX.


Queste tre stanze sono autografe anco nel Breviario della Palatina, di dove le trasse l’Audin. Noi seguiamo, come per le altre, l’autografo Borromeo, notando però le varianti del Palatino, di cui pure ci piace esibire il fac-simile. Nella solita antica raccolta di Laude ec., a pag. 25 t., si danno le sole prime due stanze sotto il nome di Feo Belcari.


XX.


Anche questa è attribuita a Feo Belcari nella citata raccolta di Laude, a carte 22 t.


Poesie che non sono nell’autografo.


XXI.


Fu stampata, vivente il Frate, di seguito ad una sua operetta sui Gradi spirituali di san Bonaventura. La ripubblicarono, oltre il raccoglitore delle Rime de’ Poeti Ferraresi antichi e moderni, pag. 51, il Meier, a pag. 339; l’Audin, al n. V; il Madden, volume secondo a pag. 405; e il Rapp, che la stampò volta in tedesco.


XXII.


Prima l’Audin, sotto il n. XI, poi il Madden, a pag. 397 del volume secondo, la diedero, senza dire però donde l’avessero. Noi n’abbiamo corretta la lezione sopra una copia esistente nell’archivio del convento di San Marco.


XXIII.


Ad divam Katarinam Bononiensem.


Canzone edita dall’Audin, sotto il n. III, che la tolse dall’originale (cioè, da un manoscritto) della libreria di San Marco in Firenze. Egli credè che il Savonarola la componesse mentre si trovava in Bologna, e la destinasse alle religiose fra le quali era vissuta la beata Caterina. Difatti a piè dei versi si legge: “Pregate Iddio per me, che questi versi ho composto e scritto alle vostre carità sante, e raccomandatemi alla beata Katarina„. La diede anco il Villari, a pag. 483 del primo volume. I precedenti editori non si accorsero che la canzone è mutila.


XXIV.


Questa versione di un inno, che canta la Chiesa nella domenica delle Palme, è a stampa in quell’antica edizione dell’Espositione del psalmo In te Domine speravi, che è forse la prima.


Poesie falsamente attribuite a Fra Girolamo.


I.


               “Viva ne’ nostri cor, viva o Fiorenza,
                    Viva Cristo il tuo re, viva la sposa, ec.


Dalle Canzoni e Sonetti dell’amore e della bellezza divina di Girolamo Benivieni (Firenze, Tubini, MCCCCC; a carte cxii) la tolse l’Audin, e primo la diede, sotto il n. IV, per cosa del Savonarola. E a crederla del Frate fu primo il Razzi, il quale nella Vita di Fra Girolamo (Codice Riccardiano, n. 2012), descrivendo la processione fatta la domenica dell’Ulivo del 1496, dice che “giunta in piazza dei Signori, si cantarono alcune laudi composte dal nobile spirito Girolamo Benivieni dottore, e divoto del Padre, e specialmente quella che comincia Viva ne’ nostri cor, viva o Fiorenza, la quale fu composta da Fra Girolamo„. Ma contro questa testimonianza sta la troppo più autorevole dello stesso Benivieni, che nel commento alla canzone citata si espresse in questa forma: “Si reduxono (i fanciulli) insieme con tutto el popolo in su la piaza de’ Signori: dove con pari letitia et publico gaudio si cantò per ultimo la sequente et da me in prima ad questo effecto meditata canzona„.


II.


          “Signor, soccorr’, aita
          L’anima mia, dolce Signor, che puoi, ec.


Dal codice Magliabechiano n. 365 della classe vii la trasse il Meier, e la pubblicò fra le altre poesie del Frate nostro. Egli forse restò ingannato per esser di seguito ad una di Fra Girolamo, senza badare che in fondo si legge: Laurentius Tornabuonus dictavit. Il Razzi, che la riporta nel suo Libro primo di Laudi a carte 21 r., la dice d’autore incerto.


III.


               “Omè omè!
               Quanto misero se’,
               Mondo fallace e falso, ec.


Sullo stesso codice, ove sta senza nome di autore, e col titolo Del dispregio del mondo, la diede l’Aquarone nella sua Storia del Frate, come cosa di lui; forse per aver questa laude lo stesso titolo di quell’operetta che il Savonarola lasciò ai parenti prima di abbandonar la casa paterna, e riparare nel chiostro, e che tutti i biografi dissero perduta. Ma questo breve trattatello fu da noi ritrovato, e messo in luce nell’anno corrente, pe’ tipi di Federigo Bencini, col titolo: Del dispregio del mondo, opuscolo latino scritto da Fra Girolamo Savonarola nella sua gioventù. In quanto poi alla poesia diremo, come il Razzi, che dovette esser bene informato, l’avea gia pubblicata a carte 94 t. del Libro primo di Laudi, dandola come cosa di Bonifazio Landini.

C. Capponi.     

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