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In morte del marchese Scipione Maffei
Per monaca II In morte del marchese Scipione Maffei

PER MONACA





Non così ricca in Oríente appare
La Dea, che al nuovo dì schiude le porte,
Quando, lasciando il gelido consorte,
4Carca di perle, e d’ostri esce del mare;

     Come costei, che sì dimessa pare
A le viste mortali inferme e corte;
Cui rozze bende ad umil capo attorte
8Son più che gemme, prezíose e care.

     Ned altra esser già può saggia fanciulla,
Che del celeste sposo oda la voce:
11Qual prode, o Grandi? il correr vostro è nulla.

     Ben fa miglior cammin quella feroce,
Che mi seguì dal latte, e da la culla,
14E sola meco salse in su la croce.






Non, tra le figlie di Sionne, in vano
Io sì bel grido di beltà diffondo;
Che così ’l corpo io serbo intatto e mondo,
18Come il trassi da pria fuor del Giordano.

     Ivi mi specchio, e di mia propria mano,
D’oliva, e gigli, e rose il crin circondo;
E se alcuno mi loda, io gli rispondo:
22Cotal mi fece il regnator sovrano.

     Quindi ei ne l’amor mio tosto s’invesca:
Ma perchè di ciò a lungo io non mi vante,
25De le mie suore alcuna a sè lo adesca.

     Io non però di là muovo le piante;
Se a talun vagheggiarmi non incresca
28Con affetto di sposo, e non d’amante.

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