< Poesie scelte (Pontano)
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Giovanni Pontano - Poesie scelte (1874)
Traduzione dal latino di Pietro Ardito (1874)
Pianto sullo Storno
XVII XIX

Pianto sullo Storno


Lamento del Pontano.


Sulla mia cetra sciogliere
Solevi i grati accenti,
E in vario metro i teneri
Seguivi miei lamenti.4

Tu modulavi armonici
Meco sul plettro i canti,
Ed al tuo suon tornavami,
Spesso il mio amor davanti.8

Ti dico il metro, e subito
Il metro mi ridai;
T’insegno il carme, e rendere
Il carme mio tu sai.12


Col rostro ancor mi provochi,
M’inviti ai dolci suoni;
Spesso le note flebili
Ch’ho da seguir m’intuoni.16

Ma n’arse ohimè d’invidia
Di Giove la consorte,
Lei che mi nega, ahi misero,
Prospera e amica sorte!20

Perchè, mio Storno amabile,
Vago augellino e caro,
Perchè mai sempre a vivere
Ho in guerra e in pianto amaro?24

Sapessi in quali lagrime
Mi lasci e in qual desio!
Sarai tu sempre il gemito,
L’eterno duolo mio.28

Ma i campi e il bosco Elisio
Ridon per te di aprile:
E i verdi prati suonano
Del canto tuo gentile.32


D’Averno il calle e l’orrida
Oscura via del pianto
Sente non so qual gaudio
Al tuo söave canto.36

Deh! quando i Mani tornano
Nei sogni alla tard’ora,
Con lor tra l’ombre tacite
Deh vieni, o Storno, ancora.40

E meco in sogno modula
I flebili lamenti,
E sulla cetra a sciogliere
Torna gli usati accenti1.44

  1. Dai libri Tumulorum.

Deploratio Sturni


Pontanus queritur.


Cantabas mecum ad citharam, dulceisque querelas
Fingebas vario garrulus ipse sono.



Fingebas et me variantem carmina plectro,
Ore tuo et noster saepe recurrit amor.



Ipse tibi numeros monstro, numerumque recenses:
Ipse tibi carmen, carmen et ipse refers.



Saepe etiam rostro invitas, pungisque tacentem,
Praecinis et querulos quos sequar ipse modos.



Invidit mihi te te nigri Jovis invida coniux,
Quae laetum nobis nil sinit esse diu.



Nil tenerum, nil dulce diu: bone Sturne, bone ales,
Lenis avis, bellum quid queat esse diu?



Ah desiderium, ah lacrymas quas, Sturne, relinquis?
Ipse diu luctus, ipse future dolor.



At contra Elysium per te nemus, et pia vernant
Arva: sonant cantu prata canora tuo.



Ac tenebrosum iter, horrenda et via tristis Averni,
Sensit nescio quid gutture dulce tuo.



Tu modo quum remeant nocturna ad somnia Manes,
Nocturnis venias Manibus ipse comes.



Et mecum in somnis dulces meditare querelas
Ad citharam, et solitos perstrepe in aure sonos.




Note

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