< Priapea
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XXIV
XXIII XXV

XXIV.


Tutto mi struggo, e mettomi in tormenti,
     Nè gli orti sentono altro che dolermi,
     Perchè le donne fuggano il vedermi,
     4Né sien con gli occhi a riguardarmi intenti.
Come che si dovessino in conventi
     Tutte sacrarmi, e per un Dio tenermi,
     E farmi pezze calde per i vermi
     8In ginocchioni standomi presenti.
Ma ben son io d’ogni giudizio fuora,
     Son altro io più che un cazzo a quel che pare?
     11E se è così, che doglia me n’accora?
Non si sa egli, e vedesi all’andare,
     Che per un cazzo, e per quaranta ancora
     14Non si torrien le donne da cacare?

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