< Primo maggio < Parte quinta
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Allora egli fissò il giorno per la conferenza, e, in quei pochi giorni d’aspettazione, consultandosi spesso col Barra che, per esser pratico di adunanze operaie, gli poteva dar consigli riguardo alla forma da usare per essere intelligibile, ai tasti da toccarsi di preferenza, al modo di comportarsi con gli anarchici, che l’avrebbero probabilmente interrotto, - egli entrò col giovane in una fase nuova di relazione, che fu come una rivoluzione per lui. Perduto l’ultimo amico - solo - egli bisognoso d’espandersi, s’attaccò a lui come a un amico della sua classe, vinse fin l’ultima delle involontarie riserve che fino allora avevano impedito tra loro una intera intimità, gli confidò tutta la storia delle sue lotte, delle persecuzioni alla scuola, dei suoi dolori di famiglia, con quell’abbandono, con quell’accento che chiede affetto. E gli fece un senso grato il veder quello prima stupito, poi evidentissimamente lieto, raggiante quasi, di quelle confidenze. Egli s’accorse che quelle lotte, che quei dolori domestici quegli non li aveva nemmeno immaginati - che erano una rivelazione per lui - e vide quasi crescere sul suo viso un’ammirazione affettuosa per lui. Era la prima volta che il Barra penetrava nella coscienza d’un borghese socialista e che capiva quanto costava una conversione di quel genere. Egli pure gli fece delle confidenze dalla sua vita, di sua madre, cose che non gli aveva mai dette. Gli parlò del Baldieri, e sotto l’odio, egli capi che, in fondo, lo stimava, ritenendolo in buona fede - e capì benissimo come la ragione della diversità delle loro opinioni fosse in due temperamenti diversi; e che il Barra stesso lo comprendeva. In una delle conversazioni più intime, fu tentato di scoprir terreno sulla Luzzi, per accertarsi; lo fece; gli parve di veder passare sul viso un rapidissimo rossore, ma non era certo, perché camminavano l’uno accanto all’altro; ma non insisté - preferendo il dubbio; non gli domandò che del Luzzi, per cui egli continuava a tradurre -, e di questo il Barra rise dicendo: - Ecco un signore che non si dà pensier dei socialisti -, e aggiunse che gli aveva definito il Socialismo: - un’epidemia allucinatoria - e che i socialisti gli facevan compassione - che, nel governo, avrebbe fatto istituire un ospedale speciale per la cura. Ma dopo questo accenno, non gliene parlò più. Egli portò il discorso su altri argomenti, politica, letteratura, arte, - e provò un piacere nuovo a vedere come gli era grato che gli parlasse di quello come a uno della sua classe, a vedere come nei suoi discorsi si frammischiassero idee monche, impressioni confuse di letture varie e precipitate, pensieri intesi a rovescio e lampi d’intelligenza, intuiti d’una mente fresca e per così dire ingenua, da far rimanere -, e come facilmente gli si attaccassero le frasi e i pensieri uditi da lui -, come progredisse quasi da un giorno all’altro, esprimendo oggi con più esattezza lo stesso pensiero che aveva espresso il dì prima, legando due idee che erano disgiunte, mostrando in ogni nuova conversazione d’aver pensato e letto molte cose dopo l’ultima. E si persuadeva che il miglior modo d’educare e istruire il popolo è quello di trattenersi con lui, da pari a pari, senz’aria d’insegnare. E scavando, scavando, trovava delle delicatezze di sentimento non sospettate, un mondo di cose che capiva non venivano fuori, né in lui né in altri, soltanto per non trovar la via d’uscita, o che uscivano travisate dall’espressione monca, rozza o inadeguata. - Qualche volta però ancora, tutt’a un tratto, pareva che una diffidenza, una suggezione sorgesse in lui, e si rivelasse in una reticenza, parlando della sua classe, in certe esitazioni nel giudicare uomini, signori ch’ei conosceva, come se temesse d’offendere quello ch’era ancora in lui di borghese. - Reticenze, esitazioni, accompagnate da uno sguardo scrutativo. Ma egli s’affrettava a rassicurarlo. E in quell’intimità crescente con un giovane d’altra classe, provava come un ringiovanimento del senso dell’amicizia - certe sensazioni delicate delle prime intimità fraterne dell’adolescenza - e come un’anticipazione della società futura, dove non ci sarebbero più state divisioni e avversioni di classe. Un ultimo tratto lo commosse, una di quelle piccole cose che fanno una grande impressione, la sera nebbiosa e piovosa che venne a prenderlo per condurlo alla conferenza. Essendoglisi avvicinato il ragazzo, quegli gli mise con riguardo una mano sulla spalla, e disse con affetto: - Questo, a suo tempo, sarà con noi, non è vero? - Alberto non ebbe tempo di rispondere, che la voce severa della madre lo chiamò di là. Essa sapeva dove il marito andava quella sera. Egli disse a Barra d’andarlo ad aspettare giù, attese un po’ nello studio, sperando che essa venisse a fargli un augurio, appunto perché s’immaginava disordini e pericoli, - non venne. - Allora uscì. Soltanto nell’anticamera, al buio, egli si sentì due braccia al collo: era sua sorella, che gli disse commossa: - Va, Alberto; e parla con tutto il tuo cuore. Tutto il mio è con te. Addio.

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