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Ricordi? Fiammeggiava il meriggio di giugno maturo
su le mèssi biondissime
mobili susurranti a ’l lïeve scirocco un giocondo
pispiglio carezzevole.
5Noi sedevamo insieme ne l’ombra d’un pàtulo faggio
ove cantavan querule
cicale: il canto stanco allungavasi lungi ne ’l sole
come il tuo sguardo, o Nemesi,
come il tuo nero sguardo ne ’l sole divino che i poggi
10verdi in fondo e le giovini
vigne empiëa di nozze, ed il piano flavente n’empiea,
folgoreggiante pronubo.
Cinque falchetti in alto mescevan le strida ed i giri;
le rondini fuggiano
15in frotte; e quando a tratti tu il capo levavi a ’l clamore,
io ne ’l collo fidiaco
ratto le labbra calde figgeva e su ’l pario candore
note rosee lasciavati.
Le orchidëe salivano intorno co’ miti profumi
20rosse, turchine e candide:
io cogliendo le rosse godeva intrecciartele a ’l crine,
a ’l crine, o bianca Nemesi,
nero, da be’ riflessi di seta, fluente in anella
giù pe ’l seno e pe’ gli omeri.
25Tu dai dentini bianchi di vipera un riso di fata
ridevi e ti fiorivano
su le labbra parole leggiadre, ne ’l tenero cuore
voluttuose immagini
fiorivanti. I falchetti strepean; due bianche farfalle
30s’inseguìan da’ papaveri
a ’l grano. — O Sole, pronubo fulvo, di gioia datore,
sacro a gli aedi, a’ pampini
caro, m’odi: se mai canzoni di gloria a’ meriggi
ti dissi, e a’ vespri placidi
35meste elegie suavi, deh l’ala de ’l tempo fuggente
tu indugia, e de ’l più fulgido
tuo raggio i nostri arridi purpurei amori! — Arrideva
il gran Sole bellissimo
ne l’ cobalto de ’l cielo; su i colli natavano lente
40ad austro quattro candide
nuvole. Io su le mie ginocchia ti trassi, e guardava,
o Nemesi, guardavati
il seno palpitante tra i veli — oh misteri divini
di voluttà! — guardavati
45l’anche opime, un trionfo di curve; le coscie ritonde
guardavati, che elisii
prometteano di gioie. E le mani proterve frementi
tentavan la virginea
zona; tu, repugnante invano, cedevi a la febbre
50che la carne scorreati
ardendo: conscio il grano ondeggiava, i papaveri rossi
fiamme intorno pareano
vive… D’un tratto un forte fruscìo ne la siepe vicina
s’intese: un acutissimo
55grido gittasti, o Nemesi, come ferita ne ’l cuore,
lungi fuggendo, trepida
fra ’l gran fuggendo. Intorno, a la siepe, commosso, stupito
io guardava: sbucarono
tante verdi lucertole ratte sparendo tra l’erba…
60Poi risa alte sonarono.