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MORTE DI CATONE
Già nasce il di, la rubiconda Aurora
spunta dal Gange, e col suo cocchio splendido
gli ameni colli e gli alti monti indora.
Al vivido fulgor lucido e vago
5il fatidico canto odesi sciogliere,
l’ali battendo il lieto augel presago,
quando Catone dal notturno letto,
con agitato cuor dubbioso e tacito,
inquieto sorge in minacciante aspetto;
10l’acciaro afferra, quell’acciar funesto
che la sua man rotò, che al fiero esercito
fu de’ nemici un di cotanto infesto.
Lo snuda a un tratto, e di tai voci il suono,
fuoco spirando da la torva faccia,
15udir ei fa con alto orribil tuono:
— Roma infelice, sventurata Roma,
dunque il capo piegar dovrai, da un empio,
da un perverso tiranno oppressa e doma?
Dunque vinta cadrai, dunque il tuo soglio
20calpesterà con fermo piede immobile
d’un ribelle infedele il fiero orgoglio?
Te, che de’ Galli il popol contumace
sconfigger già potesti e la numidica
intrepida atterrar nazione audace;
25te, per cui cadde estinto il fier Sannita,
cui nel campo cedé l’altèr Macedone
e dell’assirio re la turba ardita;
te, che su d’aureo trono, aureo e sublime,
sedesti un di; te dunque i lacci stringono
30ed un giogo servile atterra e opprime?
E mirarti io potrò sotto l’altèro
scettro, di tua ruina infausto indizio,
il crinito piegar nobil cimiero?
e la fulminea tua spada raggiante
35e il serto aurato e l’asta e l’armi lucide
sul suol deporre ad un tiranno innante?
Ah no! Simile orror dagli occhi miei
esser lungi dovrà; tue leggi io venero;
la mia signora, alta città, tu sei.
40Se cade il tuo poter, cadere insieme
quegli dovrà che a te fedel conservasi
e che di morte il crudo acciar non teme.
Dunque... si muora, ed alla tua ruina
quella sì unisca di Catone, e vedasi
45spirar con me la libertà latina. —
Disse, ed il brando volse al forte petto,
e su d’esso fermò la punta ferrea
con ciglio immoto e con feroce aspetto.
Quindi nel sen l’immerge; orrido scende
50il ferro micidial; cade ed aggirasi
Caton feroce e sovra il suol si stende.
Così talor da villereccio stuolo
recisa altèra quercia o annoso platano
de la vasta sua mole ingombra il suolo.
55Torser lo sguardo inorriditi i numi;
di già spirò l’invitto eroe romuleo;
spirò del Lazio il duce, e chiuse i lumi.