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Questo testo fa parte della raccolta Poesie varie (Marino)/I sonetti amorosi
xxxvii
la rosa caduta alla sua ninfa
— Questa, che ’l bianco piè di Citerea
trafisse ignudo e del suo sangue tinta
rosseggia ancor, giá fresca, o caro Aminta,
a la tua Lidia in bocca oggi ridea.
Ma, mentre odor piú dolce indi traea,
di piú vivo color sparsa e dipinta,
secca, qual vedi, e vergognosa e vinta
cadde dal labro, ch’agguagliar credea. —
Sí disse Coridon. Mirolla fiso,
e ’n lei di pianto un rugiadoso gelo
il misero pastor stillò dal viso.
— Felice rosa — ei disse, — oh dal tuo stelo
teco nato fuss’io, teco reciso!
Come sdegnar puoi tu gli orti del cielo? —
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