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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti d'alcuni arcadi più celebri/Scipione Maffei


III


Queste mie rime, ov’io vostra beltate
     Vò dipingendo sì, che in ogni parte,
     Donna, se n’ode il suono, e queste carte,
     Che favellan di voi, non isprezzate.
5Che quando al tempo, in cui tarda è pietate,
     Verravvi in ira quel cristal, che in parte
     Vi additerà vostre bellezze sparte
     (Ahi quanto può sovra di noi l’etate!).
Allor queste leggendo, i vostri affanni,
     10Come in speglio miglior, temprar potrete,
     Ov’orma non sarà de’ vostri danni.
Quivi, qual foste già, non qual sarete,
     Con diletto mirando, in onta agli anni,
     Vostre belle sembianze ancor vedrete.

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