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Nella città straniera, stranieri l’uno all’altra, s’erano trovati accanto alla stessa tavola d’albergo e alla medesima rappresentazione teatrale che attirava da ogni parte gli zingari della gran vita.
Ella fine e delicata come un fiore - egli baldo e rapace come un uccello da preda. E appena si guardarono in viso la prima volta tornarono a guardarsi, ella facendosi sempre pallida. - E dopo, nella semioscurità del teatro che concentrava una sensazione estraumana, lo sfolgorio delle scene, e l’ebbrezza delle piene orchestre, egli si impadronì risoluto delle piccole mani tremanti, e le tenne strette quanto durò la loro stagione d’amore.
Dolce stagione che dileguò al pari della visione scenica! - Dolce musica che respirava - gli incanti svaniti colla grazia un po’ triste e la tenerezza penetrante delle cose che non son più - là, in quell’altro teatro di un altro paese dove si erano trovati insieme l’ultima volta, ancora accanto, e pure tanto lontani!
- Milano, 10 giugno 1900