< Re Orso < Leggenda seconda
Questo testo è stato riletto e controllato.
Leggenda seconda – 2. Confessione
Leggenda seconda - 1 Leggenda seconda - 3


CONFESSIONE




Son tre giorni, son tre notti
Che Re Orso si confessa,
Nè ancor muore, nè ancor cessa.
Sia che aggiorni, sia che annotti,
Segue un frate in ginocchion,
Quell’eterna confession.

SCENA



Re Orso:
Santo frate beato, io farò dono alla Romana Apostolica Chiesa di 3000 talenti e di 40,000 oncie d’oro, e di 200 botti di vino Surrentino, se tu perdoni a questi miei peccati.
Frate:
Ego te absolvo.
Re Orso:
In quella stessa notte del banchetto nuziale, verso l’alba (udivo sempre quel misterioso grido) io dissi a Trol: «Se il menestrello s’è impeso di suo genio al salice del bosco, ei più non canta, perché il cappio gli strigne il gorgozzule; però t’assenno e giuocherei la testa, che fra i dodici Conti imbriacati v’ha un ventriloquo certo, un di que’ ch’hanno una bocca nei visceri e son detti spiriti di Pitone. Acuto vibra su lui sguardo e mannaia, lo indovina e lo uccidi»... in quel ch’io dico... s’udì la voce... E il primo Conte cadde.
Frate:
Requiem.
Re Orso:
S’udì ancora la voce... Ed il secondo conte fu morto.
Frate:
Requiem.
Re Orso:
Caddero tutti.
Frate:
Ego te absolvo.
Re Orso:
Tuonò la sala come un coro d’idre... E tramortii. Più che crescea l’incubo di quella voce e più crescea di morti la reggia, e come s’aumentavan morti, aumentava l’incubo. In fin che un giorno farnetico d’orrore io riconobbi d’aver recise ad una ad una, le teste delle mie vaghe consorti, poi d’aver crocefissi ad uno ad uno, i miei poveri schiavi, e poi d’avere spente le belve del mio bel serraglio.
Trol in quel giorno s’asciugò più volte la fronte dal sudore. Egli era stanco, e verso notte si coricò queto, sul suo giaciglio da ciclòpe. Orrore! Venne ancora la voce a spaventarmi... ero solo... diserto... Nella reggia non viveva che Trol... trassi al giaciglio del placido dormiente, lo destai, e gli dissi: « demonio!... »


(Qui il frate veloce
Fa un segno di croce;
O santo Gesù!
Un segno a rovescio
Tagliato a sghimbescio
Col capo all’ingiù!!)

Re Orso:
... «e gli dissi: Demonio! Or tu fingevi di dormire, vigliacco, ed ululavi per mio spavento... Il vivo, il solo vivo, l’ultimo vivo della morta reggia tu sei, tu sei lo spirto di Pitone, tu canti! tu gridi! tu urli! tu muggi, o maledetto! io ti condanno, e dopo d’aver scannato tutto il popolo mio, scanna te stesso».

Trol si scannò. Morì tranquillamente come un beato, colla pace sul volto, e parve a un tratto da quel possente masso di carne volitasse ad alto un’animella gaia e piccioletta che andava in Paraiso. O santo frate! santo frate beato! io farò dono alla Romana Apostolica chiesa di venti conopèi di seta e d’oro, e di ben cento talami d’avorio che lasciai laggiù in Creta, se m’assolvi l’uccisione di Trol.

Frate:
Ego te absolvo.
Re Orso:
Morto Trol restai solo... solo... solo come un’isola bieca, solo come un Dio decaduto, e non avea nemanco chi m’uccidesse! La voce tremenda continuava a mugghiare e rendea suono come un pianto di donne, d’una bestemmia di giganti, d’un ululato di belve. Allor raccolsi le mille gemme della mia corona e fuggii... lontan, lontano, lontanissimo, e tutto ramingai il quadrato del mondo e ai quattro angoli m’assisi della terra, e vidi il nido della Fenice, e vidi la regione dei fieri antropofàgi, e poi quella dei savi Siasenesi. Più in là d’Egitto e d’Arabia e di Siria e di Giudea corsi, e sul lago d’Asfalte e sopra il monte Nibes viaggiai, ma sempre l’urlo mi seguia della voce. Un secolo viaggiai. Trovai nell’India un giardino che aveva le siepi d’oro e i ruscelli d’ambrosia, era l’Eden, v’entrai, ma il mio tumulto sentivo ancora più, fuggii... Trovai nell’Africa la placida isoletta di Menne ove ha sorgente Lete. Io mi gettai tutto in quell’acqua che anebbia il senso della memoria... ah! come foca che all’onde si ravviva crescea la voce; ed or la sento ancora strepitar nel cerèbro. Oh! santo frate! Deliberami tu!
Frate:
maùt maidrociresìm mangàm mudnùces, suèd ièm erèresim.


(In basse preghiere
     Sta il frate raccolto,
     O santo Gesù!
     Il suo miserere
     Le cifre ha sconvolto
     Coi piedi all’insù!)

Re Orso:
Frate, ho finito la confessione - sto per morire - m’insegna a dire... un’orazione. Frate! ti dono tutta la mia reggia di Creta e la corona mia... tu vigila, tu spìa... il mio funerale... voglio essere imbalsamato da un mago d’Oriente, voglio molti aromi nella bara... e un sudario di porpora, e una cassa d’oro, e un sarcofago di cristallo... e il lamento delle prefiche e voglio - poni mente - voglio... (poni mente)... una moneta d’oro nella mano destra per pagare San Pietro. Frate, è finita la confessione... sto per morire... dammi la santa benedizione.


                    (Il frate veloce
                         Fa un segno di croce;
                         O santo Gesù!
                         Un segno a rovescio
                         Tagliato a sghimbescio
                         Col capo all’ingiù!)
                    
                    Già d’Orso è l’occhio
                         Nebbioso e torto.
                         Che fu? Fra un rantolo
                         Strozzato e corto

                         Par che nell’anima
                         Gli sia risorto
                         Come un peccato
                         Non confessato.
                         Che fu? Gorgogliano
                         Le labbra inferme:
                         « Ho ucciso un... »
                         
                         Re Orso è morto.


Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.