< Rime (Guittone d'Arezzo)
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Guittone d'Arezzo - Rime (XIII secolo)
Gioia ed allegranza
Ahi, bona donna, che è devenuto Tutto mi strugge 'n pensero e 'n pianto


V

Con molta valentia il poeta ha raggiunto un bene che supera ogn’altra gioia.


   Gioia ed allegranza
tant’hai nel mio cor data, fino amore,
che pesanza non credo mai sentire;
però tanta abondanza,
5ch’è dei fin beni, avanzala tuttore,
che de ciascun porea sovragioire.
E no lo porea dire
di sí gran guisa, come in cor la sento:
però mi tegno ad essere tacente,

10ché no lo guida fin conoscimento
chi contr’al suo forzor vo star rapente.
   Rapente disianza
in me è adimorata per mant’ore,
caro amore, de te repleno gire.
15Amor, perch’altra usanza
me non porea far degno prenditore
del gran riccore ch’aggio al meo disire?
Avegna ch’en albire
lo mi donasse grande fallimento,
20or l’ho preso e posseggio, al meo parvente,
standone degno, ché for zo no sento
che ’l core meo sofferissel neente.
   Neente s’enavanza
omo ch’acquista l’altrui con follore,
25ma perta fa, secondo el meo parire,
e sofferir pesanza,
per acquistare a pregio ed a valore,
è cosa ch’a l’om dea sempre piacire.
Ed eo posso ben dire
30che, per ragion di molto valimento,
ho preso ben, che m’è tanto piacente,
che tutt’altra gioi ch’ho no è giá ’l quento
di quella, che per esso el meo cor sente.

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