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XXII
Userá fede contro disamore, mercé contro orgoglio e umiltá contro fierezza.
Gioia gioiosa piagente,
misura è ragione
tutta stagione — deggiasi trovare.
Como è piú possente
5lo segnore, piú dia
a la sua segnoria — ragione usare;
per che sempr’el avanza
a pregio ed a possanza,
a lo piacer de Dio e de la gente.
10Chi sua guida non prende,
a lo ’ncontraro scende:
a la fine del gioco ven perdente.
Però, per Deo, vi piaccia
ch’orgoglio e villania
15la segnoria — di voi non deggia avere,
che (poi tanto ve piaccia
misura e canoscenza)
non ha potenza — in voi, né po valere.
Ora torni a ragione
20la vostra openione,
per Dio, piagente donna ed amorosa,
sí ch’aggiate pietanza
di me, ch’ad abondanza
amo piú voi, che me od altra cosa.
25D’esto amore meo
m’aven com’a quei, lasso,
che ’n vivo sasso — sua sementa face:
e come a quei, che reo
nemico onora e serve,
30che pure lui diserve — e strugge e sface.
Ché non mi parto ’n atto?
Non posso; sí son matto
. . . . . . . . .
che meglio amo da voi
35ciò, ch’io non chero altroi
tutto quello ched eo vorrebbi avere.
Amor, non mi dispero,
ca non fora valenza:
bona soffrenza — fa bon compimento;
40e lo grecesco empero,
l’ora che Troia assise,
non se devise — per soffrir tormento,
né perché sí fort’era,
che di nulla manera
45vedea che se potesse concherere;
e pur misel a morte:
e chi lo suo piú forte
conquide, dobla laude vol avere.
Poi mai non mi rafreno,
50amor, de voi servire,
di cherire — merzede abo ragione;
ed averave meno,
ogne gioia di mene
solo ch’a bene — vi sia qualche stagione:
55ca piú anche sarete
piú dolze, ed averete
piú in voi d’amor che nulla criatura;
ché lo grande amarore
puote tornar dolzore,
60e piú dolze, che dolze per natura.
Amor, pur vincer creo
combattendo per Deo;
ed ho le mie battaglie sí ordinate:
contra disamor, fede;
65contr’orgoglio, merzede;
e contra di ferezza, umilitate.