< Rime (Michelangelo)
Questo testo è completo. |
Michelangelo Buonarroti - Rime (XVI secolo)
91. Perc'all'estremo ardore
◄ | 90. I' mi son caro assai più ch'i' non soglio | 92. Quantunche 'l tempo ne costringa e sproni | ► |
Perc’all’estremo ardore
che toglie e rende poi
il chiuder e l’aprir degli occhi tuoi
duri più la mie vita,
fatti son calamita5
di me, de l’alma e d’ogni mie valore;
tal c’anciderm’ Amore,
forse perch’è pur cieco,
indugia, triema e teme.
C’a passarmi nel core,10
sendo nel tuo con teco,
pungere’ prima le tuo parte streme
e perché meco insieme
non mora, non m’ancide. O gran martire,
c’una doglia mortal, senza morire,15
raddoppia quel languire
del qual, s’i’ fussi meco, sare’ fora.
Deh rendim’ a me stesso, acciò ch’i’ mora.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.