< Rime (Stampa) < Rime d'amore
Questo testo è stato riletto e controllato.
Rime d'amore - CXLIX Rime d'amore - CLI

CL

È giusto ch’egli goda ed ella soffra.

     Larghe vene d’umor, vive scintille,
che m’ardete e bagnate in acqua e ’n fiamma,
sí che di me omai non resta dramma,
che non sia tutta pelaghi e faville,
     fate che senta almeno una di mille
aspre mie pene chi mi lava e ’nfiamma,
né di foco che m’arda sente squamma,
né d’umor goccia che dagli occhi stille.
     — Non son — mi dice Amor — le ragion pari;
egli è nobile e bel, tu brutta e vile;
egli larghi, tu hai li cieli avari.
     Gioia e tormento al merto tuo simile
convien ch’io doni. — In questi stati vari
io peno, ei gode; Amor segue suo stile.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.