< Rime d'amore (Torquato Tasso)
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128. Quel prigioniero augel, che dolci e scorte
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128.


Paragona la sua infelicità con la morte d’un papagallo

che era stato caro a la sua donna.


Quel prigioniero augel, che dolci e scorte
     Note apprendea dal tuo soave canto,
     Morendo in sen ti giacque, e dal tuo pianto
     4Bello onore ebbe poi: felice morte!
Io, cigno in mia prigion (né scorno apporte
     S’ardito è pur ne la mia lingua il vanto),
     Quel che mi detta Amore imparo e canto
     8Ma con diversa e più dogliosa sorte.

Muoio sovente, e ’l modo è via piú fero;
     Perché al martir rinasco, e ’n sí bel grembo
     11Non però trovo mai tomba o feretro;
E i lumi ch’irrigâr con largo nembo
     Un che passò da gl’Indi a noi straniero,
     14Scarsi mi son, né stilla io piú n’impetro.

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