< Rime d'amore (Torquato Tasso)
Questo testo è incompleto. |
Torquato Tasso - Rime d’amore (XVI secolo)
128. Quel prigioniero augel, che dolci e scorte
◄ | 127 | 129 | ► |
128.
Paragona la sua infelicità con la morte d’un papagallo
che era stato caro a la sua donna.
Quel prigioniero augel, che dolci e scorte
Note apprendea dal tuo soave canto,
Morendo in sen ti giacque, e dal tuo pianto
4Bello onore ebbe poi: felice morte!
Io, cigno in mia prigion (né scorno apporte
S’ardito è pur ne la mia lingua il vanto),
Quel che mi detta Amore imparo e canto
8Ma con diversa e più dogliosa sorte.
Muoio sovente, e ’l modo è via piú fero;
Perché al martir rinasco, e ’n sí bel grembo
11Non però trovo mai tomba o feretro;
E i lumi ch’irrigâr con largo nembo
Un che passò da gl’Indi a noi straniero,
14Scarsi mi son, né stilla io piú n’impetro.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.