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147.
Descrive la bellezza di due leggiadre donzelle, il cantare a vicenda
e poi insieme.
Io mi sedea tutto soletto un giorno
Sotto gli ombrosi crini
Di palme, abeti e pini,
E cosí ascoso udía
5Lauretta insieme e Lia
Nel solitario orrore.
Due vaghe ninfe appresso un chiaro fonte
Tra l’erbe fresche e i lucidi ruscelli,
Ambo a cantare ed a risponder pronte,
10Come di primavera i vaghi augelli;
Ambe vidi con lunghi aurei capelli,
Ambe soavi il riso,
Bianche e vermiglie il viso,
Ambe nude le braccia:
15Né so qual piú mi piaccia,
Ché par ciascuna un fiore.
L’una diceva a l’altra: — Amor possente
È piú di fera in selva e piú del foco,
Piú che nel verno rapido torrente.
20Amor si prende il mio languire in gioco,
Ond’io cerco temprarlo a poco a poco
Ch’arder già non vorrei
Con tutti i pensier miei,
Ma sol scaldarmi alquanto;
25Né tempra amaro pianto
Il mio sí lungo ardore. —
E l’altra gli rispose: — Amor soave
È piú ch’aura non suol di fronda in fronda,
Quando non spinge al porto armata nave
30Ma sol fa tremolare i giunchi e l’onda;
È via piú dolce d’ogni umor ch’asconda
O stilli o foglia o canna,
Piú di miel, piú di manna:
E sol di lui mi doglio
35Ch’arde men ch’io non voglio
In poca fiamma il core. —
E poi diceano insieme: — O sia col freno,
O sia con legge o senza, amor felice
Sol può far donna che l’accoglia in seno,
40E s’ella il fa palese e se no ’l dice.
E sí come ogni fior di sua radice,
E di fontana il rio,
Di bellezza il desío,
La dolcissima voglia
45Sí deriva e germoglia:
Dunque viva l’amore! —