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Torquato Tasso - Rime d’amore (XVI secolo)
384. Ebbro ne l’ira, perché vide accorre
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384.
Ebbro ne l’ira, perché vide accorre
Da la sua Galatea Clonico vile,
E si vide anzi gli occhi altri preporre,
4Altri avvezzo a curar l’aia e l’ovile,
Gittò Tirsi la lira, e — Che piú porre
Speme poss’io ne l’esser mio gentile, —
Disse, — se qui la nobiltà s’abborre,
8Ed ad uom rozzo sí è cortese e umile?
Dunque fia vero ch’io, patron di gregge,
Segua di donna temeraria l’orme
11Che si fa preda di bifolco indegno?
Deh! mio cor, desta la virtú che dorme;
E pensa ch’al tuo stato egregio e degno
14Disdice che costei t’imponga legge. —
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