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427.
Per un signore che amava una donna brutta.
Udite affetto nuovo:
Or chi fia mai che ’l creda,
Ch’ami io donna ch’è brutta e me n’avveda?
Egli è pur vero e provo
5(O d’amor meraviglie alte e secrete!)
Che debil filo ordir può salda rete,
E rintuzzato strale
Far piaga aspra e mortale,
E da spente faville
10Sorgere un foco no ma mille e mille.
O forse Amor non vuole
Oprar in me cosa altre volte intesa:
Far che s’ami una bella è lieve impresa;
Ma ch’io segua o mi strugga
15Per bruttezza che fugga,
Se miscredente io fui,
Miracolo è di me degno e di lui.
O forse, com’uom suole
Meglio condir amaro acerbo frutto
20Ch’altro in sé dolce o pur maturo in tutto,
Sí può Amor nel suo mèle
Meglio l’acerbo e ’l fêle
Condir de la bruttezza,
Che la beltà ch’esser condita sprezza.
25Dunque, se per natura
Il bello e ’l brutto dolce è per Amore,
Qual d’essi sua dolcezza avrà maggiore?
Fia maggior il diletto
Che vien dal piú perfetto.
30Male agguagliar si ponno:
La Natura è ministra, Amore è donno.
O mia somma ventura!
Or chi fia mai che ’l creda
Ch’ami io donna ch’è brutta e me n’avveda?