< Rime di Argia Sbolenfi < Libro secondo
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ELEZIONI



Musa mia dolce, che le alterigie
     De’ carmi arcigni non hai sul viso,
     3Tu che rallegri l’ore mie grigie
     Di stravaganti scoppi di riso
     E volentieri mostri la pelle
     6Dai larghi strappi de le gonnelle,

Musa mia dolce, vieni, discendi
     A la solinga mia cameretta;
     9Avide ai baci le labbra tendi,
     Libera i lacci de la fascetta,
     Sciogli la chioma bruna e ricciuta
     12E chiudi l’uscio. L’ora è venuta,

L’ora in cui l’odio fermenta e invade,
     Lurida peste, le menti e i cuori;
     15In cui la gente giù per le strade
     Rutta bestemmie, rece rancori
     E, masticando laide querele,
     18Inghiotte o sputa veleno e fiele.


Ognuno in queste turpi giornate
     Morde o calunnia, froda o minaccia.
     21Lo sterco e il fango colto a manate
     All’avversario si scaglia in faccia.
     Riddano in piazza, lerci e impudichi,
     24Spie, deplorati, ruffiani e plichi:

E i giornalisti, tinta di loia
     La meretrice penna d’acciaio,
     27Pur che sia piena la mangiatoia
     Vendon la feccia del calamaio
     Per imbrattarne l’onore altrui,
     30Quasi superbo che paghi Lui.

Indi, nell’ora concessa al voto,
     Cupi, nervosi, van gli elettori,
     33Parlando basso col viso immoto,
     Guatando come cospiratori
     E in ogni canto dice un cartello:
     36Votate questo!... Votate quello!...

Entro la sala buia e fetente,
     Sozza la gromma vernicia i muri,
     39E intorno a un desco men che decente
     Seduti in cerchio cinque figuri
     Veglian con l’occhio cogitabondo
     42L’urna di vetro dal doppio fondo.


S’apre la chiama. Nel pigia pigia
     Vota ciascuna pecora sciocca.
     45Ardono alcuni di cupidigia,
     Ad altri l’ira torce la bocca,
     Ma quasi tutti, dopo votato,
     48Palpano il prezzo del lor mercato;

E tutti, uscendo, da un reo contagio
     Attossicato sentono il cuore.
     51Chi entrò dabbene n’uscì malvagio,
     Chi entrò ribaldo n’uscì peggiore.
     Chi vinse, il turpe bottino aspetta,
     54Chi perse, spera nella vendetta.

Ecco i comizi! Di quando in quando,
     Se non accade qualche sinistro,
     57Dall’urna falsa sbuca onorando
     Un frodolento caro al ministro,
     O un imbecille pien di commende;
     60E l’un si compra, l’altro si vende.

Or perchè debbo far da mezzano
     All’ingordigia di Calandrino?
     63Perchè mi debbo lordar la mano
     Scrivendo il nome d’uno strozzino?
     Perchè gettarmi nella battaglia
     66Sotto gli sputi della canaglia?


Musa mia dolce, sulla tua faccia
     Ride un giocondo color di rosa.
     69Passerò lieto fra le tue braccia
     Il giorno laido, l’ora schifosa.
     Sciogli la chioma bruna e ricciuta
     72E chiudi l’uscio. L’ora è venuta.

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