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Libro VI - Faida di comune
Libro VI - Su i campi di Marengo Libro VI - Ninna nanna di Carlo V


LXXIX..

FAIDA DI COMUNE1


Manda a Cuosa in val di Serchio
Pisa manda ambasciatori:
Del comun di santa Zita
4Ivi aspettano i signori.

Ecco vien Bonturo Dati,
Mastro in far baratterie:
Ecco Cino ed ecco Pecchio,
8Che spazzarono le vie:

Ecco il Feccia ed ecco il Truglia,
Detti ancor bocche di luccio:
Il miglior di tutti è Nello,
12Merciaiuol popolaruccio.


Tutti a nuovo in bell’arnese,
Co ’l mazzocchio e con la spada:
Il fruscío de le lor séte
16Empie tutta la contrada.

Il fruscío de le lor séte
Chiama il popolo a raccolta:
Gran dispregio han su le ciglia:
20Parlan tutti in una volta.

Ma Banduccio di Buonconte
Grave d’anni e piú di gloria
(Tre ferite ebbe di punta,
24Due di mazza a la Meloria),

Stando a capo de i pisani,
Come vecchio e maggior deve,
Fatto pria cenno d’onore,
28Cosí disse onesto e breve:

— Vincitori sí, ma stanchi
Di contese e cristïani.
Noi veniamo a segnar pace
32Co’ lucchesi, noi pisani.

Render Buti, Avane, Asciano,
Prometteste: or ce li date.
E viviam, fratelli, in pace,
36Se viviamo in libertate. —


Qui Bonturo si fa innanzi
Tra i lucchesi ambasciatori
Di tre passi, e parla adorno
40Con retorici colori.

— Bel castello è Avane, e corte
Fu de i re d’Italia un giorno.
Vi si sente a mezza notte
44Pe’ querceti un suon di corno.

Vi si sente a mezza notte
La real caccia stormire,
Dietro ad una lepre nera
48Un caval nero annitrire.

Perché Astolfo longobardo
D’una lepre ebbe contesa
Con l’abate Sighinulfo,
52Qual de’ due l’avesse presa:

Onde il re venuto in ira
Trasse in faccia al santo abbate
Una mazza, e tutte gli ebbe
56Le mascelle sgretolate.

Gran ricordi, e, come a seggio
Di marchese, a Lucca grati.
Pure Avane ed i suoi boschi
60Noi vogliam che vi sian dati.


Brutto borgo è Buti: a valle
Tra le rocce grige e ignude
Il Riomagno brontolando
64Va di Bientina al palude.

Ma su alto oh come belli
D’ubertà ridono i clivi,
Ma su alto oh come lieti
68Ne l'april svarian gli ulivi!

Bacchian li uomini le rame,
Le fanciulle fan corona,
E di canti la collina
72E di canti il pian risona,

Mentre pregni d’abondanza
Ispumeggiano i frantoi
Scricchiolando. Il ricco Buti
76Noi cediam, pisani, a voi.

Ma d’Asciano in van pensate:
Quando a voi lo conquistammo
Su le torri del castello
80Quattro specchi ci murammo,

A ciò che le vostre donne,
Quando uscite a dameggiare,
Ne gli specchi de i lucchesi
84Le si possan vagheggiare. —


E qui surse tra i lucchesi
Uno sconcio suon di risa.
A i pugnali sotto i panni
88Miser mano quei di Pisa.

Ma Banduccio di Buonconte
Con un cenno di comando
Frenò l’ire, e su i lucchesi
92Fieramente riguardando,

— Otto giorni — disse, e tese
Contro Lucca avea le mani — ,
E vedrete quali specchi
96Han le donne de i pisani. —

Sette giorni: e a Pisa, in ponte,
Tra gli albor crepuscolari,
Era accesa una candela
100Di sol dodici denari.

Stava presso la candela,
Tremolante nel bagliore,
Co’ pennoni del comune
104A cavallo un banditore.

E sonava a più riprese
De la tromba, e urlava forte:
— Viva il popolo di Pisa
108A la vita ed a la morte!


Cittadini di palagio,
Mercatanti e buoni artieri;
E voi conti di Maremma
112Da i selvatici manieri;

Voi di Corsica visconti,
Voi marchesi de’ confini;
Voi che re siete in Sardegna
116Ed in Pisa cittadini;

Voi che in volta dal levante
Maïnaste or or la vela:
Pria che arrossi la Verruca
120E si spenga la candela,

Fuori porta del Parlascio,
Su, correte arditamente!
Su, su, popolo di Pisa,
124Cavalieri e buona gente!

Fuori porta del Parlascio,
Con gran cuore, a lancia e spada!
Uguccion de la Faggiola
128Messo ha in punto la masnada.

Tutto ferro l’ampio busto,
Ed il grande capo ignudo,
Sta su ’l grande caval bianco
132E imbracciato ha il grande scudo,


Che ben quattro partigiane
Regge, e, come fosser ceci,
De’ lucchesi i verrettoni
136Regge infitti a dieci a dieci. ―

Cosí grida il banditore,
E la gente accorre armata.
Va co ’l sole di novembre,
140Va la fiera cavalcata.

Va per grige irsute stoppie
Da la brina inargentate,
Va per languidi oliveti,
144Va per vigne dispogliate.

Forte odora per le ville
La vendemmia già matura:
Ahi, quest’anno san Martino
148Dà la mala svinatura!

O lucchesi, il vostro santo
Non è piú, mi par, con voi.
Il pisan cacciasi avanti
152Contadini e carri e buoi,

E battendo ed uccidendo
Corre il misero paese;
Fugge innanzi a quella furia,
156Fugge il popolo lucchese.


Cosí giunge a san Friano
La feroce cavalcata.
Lucca dentro le sue torri
160Téme l’ultima giornata.

I pisani oltre le mura
Gittan faci e verrettoni.
— Togli su, pantera druda,
164Togli su questi bocconi — .

— Tali specchi, o Lucca bella,
Pisa manda a le tue donne — .
E rizzaron su la porta
168Due lunghissime colonne;

E due specchi in vetta in vetta,
Grandi e grossi come bótti,
V’ appiccarono: ed intorno
172Menan balli e dicon motti.

Ma Tigrin de la Sassetta
Faccia ed anima cattiva,
Trasse a corsa pe’ capelli
176Un lucchese che fuggiva,

E la spada per le reni
Una volta a due gli fisse;
Tinse il dito entro quel sangue,
180Su la porta cosí scrisse:


— Manda a te, Bonturo Dati,
Che i lucchesi hai consigliati,
Da la porta a San Friano
184Questo saluto il popolo pisano. ―




  1. [p. 746 modifica]Della favola il fondamento è storico: cfr. Cronaca di Pisa in Rer. ital. Script. x 987. Albertino Mussato, De gest. italic. post Henricum vii, ivi stesso x 594-95. L’ultima stanza è quasi a lettera da versi d’allora; cf. Cantilene e ballate, Pisa, Nistri, 1871, p. 31. Fin certi nomi e qualificativi furono suggeriti dalle rime d’un poeta lucchese, Pietro Faitinelli, dei primi trentanni del sec. xiv, pubbl. da Leone Del Prete, a Bologna, per il Romagnoli 1874, nella disp. cxxix della Scelta di curiosità letterarie.

Note

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