< Rime varie (Alfieri, 1912)
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CLXXXIII. Alla speranza
CLXXXII. Desidera che la morte lo colga insieme con la sua donna CLXXXIV. Confessa la propria incostanza in amore

CLXXXIII.1

Alla speranza.

Speme, il cui ratto ingannator pensiero
Compendia all’uom l’anticipata vita,2
Sempre al futuro o all’ideale mero3
4 Sua mente inferma sospingendo ardita;

Speme, i tuoi sogni a noi son util vero
O espresso danno o nullità4 gradita?
Io per me, troppo in mia sentenza intero,
8 Abborro te, qual Dea dubbia e scaltrita.5
Quel che in te s’immedesma e te fa desso,
Cui mal nascondi, il Paventar perenne,
11 Ogni tuo ben vuol d’infortunii messo:6
Pur, poiché mai niun uom da te si astenne,
Saggio è chi poco all’are tue sta presso
14 Che qual men le stancò piú assai ne ottenne.7

  1. Nel ms.: «4 febbraio, al Poggio. Giorno di Berlingaccio. Stando meglio».
  2. 1-2. Mercé la speranza, l’uomo vive sempre affrettatamente la vita che non ha peranco vissuta.
  3. 3. Mero, puro, semplice.
  4. 6. Espresso, manifesto — Nullità, larva senza consistenza.
  5. 8. In un epigramma per una statua della Speranza (Renier, Op. cit., 304): Sol per me non sei Dea.
  6. 9-11. Il continuo temere, che è una cosa sola con la speranza e la speranza una cosa sola con lui, vuole che ogni cosa sperata sia foriera d’infortuni.
  7. 14. Chi porse meno vóti all’altare di questa fallace dea, piú ne ottenne i favori.


Note

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