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CRONACA
NECROLOGIE
CARLO KUNZ.
Nato l’anno 1815 nella città di Trieste, Carlo Kunz già nella sua prima età si sentì fortemente inclinato allo studio delle belle arti, nel quale con affettuosa cura veniva assecondandolo la madre, donna d’animo gentile e di mente elevata. Ma la morte precoce di questa gli creò una serie infinita di disillusioni e lotte, essendo il suo amore per lo studio vivamente contrariato dal padre e da’ fratelli, i quali avrebbero voluto ch’egli apprendesse il commercio o l’industria. Tuttavia gli riuscì di passare a Milano, ove intendeva di dedicarsi all’architettura; ma avendo dovuto dopo alcuni anni, per le difficoltà sempre maggiori che gli venivano opposte da’ suoi, fare ritorno in patria, egli con rara perseveranza e fermezza di carattere, anzichè cedere alle loro pressioni, preferì di emigrare e trasferitosi a Vienna, affidò la vita alla sua abilità nel disegno lavorando quale litografo.
Le angustie della povertà che lo travagliarono in quegli anni, non gl’impedirono di continuare da sè solo la propria educazione e di coltivare gli studî suoi prediletti, consacrando la notte alle lingue, alla letteratura, alla storia ed all’arte. Fu in questo tempo ch’egli acquistò quel fino discernimento del bello, quel giusto sentimento dell’arte che perfezionati poscia dall’esperienza e dalle osservazioni, gli furono sempre di efficace guida nei suoi giudizî e nei suoi lavori. Dall’archeologia e dall’esame dei monumenti delle varie epoche dell’arte egli seppe trarre ricco corredo di pratiche cognizioni, ancorchè per deficienza di mezzi, non di criterio, non avesse potuto comprendere nella sua totalità l’immenso sviluppo recato a questi studî dalle indagini di tanti scienziati del secolo presente. Intorno l’anno 1844 il Kunz ritornò nella sua città natale per esercitarvi l’arte litografica, nella quale egli s’era perfezionato, senza pertanto interrompere l’opera della propria erudizione; ma avido di sapere ei cercò di avvantaggiare mediante il convegno e l’amicizia con quegli illustri che in Trieste avevano dato efficace alimento all’amore delle lettere e delle scienze.
A Trieste il Kunz per la prima volta incominciò a coltivare la numismatica e coadiuvato dall’egregio archeologo avvocato Carlo Gregorutti, imprese a formare una piccola collezione di monete romane, che egli stesso acquistava nelle sue escursioni nella vicina Aquileja. Il suo interessamento per questo studio divenne in breve una vera passione, animata dalla stessa sua arte litografica, chè essendo egli spesso incaricato di riprodurre monete per conto altrui, questa gli offriva la miglior occasione di esaminarle e d’imparare a conoscerle. Da ciò ne venne che scelta nel 1850 a propria dimora la città di Venezia, egli vi si dedicò colla massima assiduità, nulla tralasciando per procacciarsi le cognizioni che sono indispensabili a chi vuole dall’esame delle monete ricavare importanti deduzioni scientifiche. Il Kunz considerò la numismatica quale potente ausiliare delle indagini storiche e cómpito principale de’ suoi cultori quello di verificare con lo studio de’ singoli esemplari e con le ricerche ad essi attinenti le condizioni e gli avvenimenti che ne determinarono l’origine. Ch’egli fosse a ragione tenuto per uno de’ migliori nummografi moderni lo dimostrano i disegni da lui apprestati per moltissime pubblicazioni, delle quali, fra le accreditate basterà citare quelle del Lazzari, del Lambros, del Promis, del Brambilla e del Papadopoli. Da esse ci è dato d’ammirare non solo l’accuratezza del lavoro e la fedeltà della riproduzione, ma ben anche la grande maestria nel donare all’immagine de’ tipi il carattere proprio dell’epoca loro e dell’artefice da cui furono eseguiti, talmente che da quella lo studioso può avere un giusto concetto dell’originale.
A Venezia, i cui monumenti, il cui glorioso passato meglio si confacevano allo spirito ed alle tendenze di lui, incominciò il secondo periodo della sua vita, non meno travagliato del primo, ma coronato di maggiori soddisfazioni e conforti. Non permettendogli le sue condizioni economiche di crearsi un proprio medagliere e dovendo d’altro canto limitare il lavoro litografico, il quale oltre all’impedirgli di seguitare con successo nello studio, gli riusciva nocivo alla vista, egli si mise ad esercitare il commercio delle monete. In questo continuò oltre tre lustri, con poco profitto materiale, chè la sua scrupolosa onestà e l’animo generoso rifuggivano da qualunque speculazione per quanto la medesima fosse corretta e giustificata, ma bensì con vantaggio inestimabile per le sue ricerche. Alcuni cataloghi di vendite da lui allora pubblicati provano quanto egli in pochi anni fosse progredito nella scienza delle monete e quanta diligenza egli impiegasse nel classificarle.
La maggior attività del Kunz veniva consacrata alla numismatica italiana del medio evo e dei tempi moderni, della quale egli fu meritatamente tenuto per uno de’ più autorevoli e competenti conoscitori. Sino da’ primi anni egli erasi dato a raccogliere i materiali per una storia generale delle zecche d’Italia e delle straniere che con queste avevano avuto attinenza od erano state istituite da dinasti di origine italiana, lavoro colossale, intorno al quale egli con pazienza sorprendente e costanza impareggiabile impiegò oltre trent’anni di fatica e studio fino a che gli vennero meno le forze vitali. In esso ad una ad una sono classificate ed illustrate tutte le monete pubblicate e molte non ancora conosciute, e sotto ogni singolo esemplare s’è fedelmente citata la relativa letteratura. Frequenti sono le osservazioni ed i giudizî, quali potevano essere dettati dal profondo acume e dalla rara intelligenza del Kunz, animato soltanto dal desiderio di presentare le cose nel loro vero aspetto ed intento a confutare con franchezza le opinioni errate di molti autori e mettere a nudo l’opera vergognosa di antichi e moderni falsarî. Questo prezioso lavoro giace tuttora inedito; ma i saggi ch’egli cedendo alle insistenti preghiere degli amici, affidò alla pubblicazione in alcuni periodici numismatici e nell’Archeografo triestino gli meritarono la lode de’ più insigni cultori della numismatica. Altro lavoro del Kunz, non meno paziente e pur esso inedito, è una bibliografia generale della numismatica, nella quale sono comprese in ordine alfabetico per autori tutte le pubblicazioni di questo genere fatte da epoche lontane sino intorno all’anno 1880, come pure quelle opere che possono riuscire di giovamento allo studio delle monete e che ad esse indirettamente si riferiscono. Esso fu donato dal suo autore al Museo triestino di antichità. Eppure il Kunz non menò mai vanto dei propri studî, ed alla sua modestia pari a’ suoi meriti è da attribuirsi se la sua attività rimase ignorata dalla moltitudine. Il suo nome invece si trova citato con onore in molte pubblicazioni numismatiche italiane e straniere, ed in tale estimazione egli trovavasi presso gli studiosi e gli scienziati da essere di frequente richiesto d’informazioni e consigli, ch’egli prontamente forniva, compiacendosi soltanto di poter per tal modo agevolare le investigazioni altrui.
Nel 1870 il Kunz che erasi già assicurata la fama di valente, venne creato conservatore delle raccolte donate dal cav. Bottacin alla città di Padova, e come tale egli illustrò quella preziosa suppellettile nel Periodico di Numismatica e Sfragistica dello Strozzi. A Padova egli non si trattenne se non pochi anni; chè avendo nel 1873 la città di Trieste, auspice l’egregio avvocato Carlo Gregorutti, decretato il riordinamento del proprio museo, ne venne a lui affidata la direzione. Con l’energia e la costanza che erano state sempre le principali sue qualità, egli si accinse alla difficile impresa, nella quale manifestò non solo la sua perizia e la sua dottrina nel campo della numismatica, ma altresì cognizioni archeologiche ed artistiche, frutto di assiduo studio e lunga esperienza. Per sua iniziativa a questo istituto venne procurato l’acquisto della ricca collezione del dottore Costantino Cumano, composta di monete di zecche italiane, particolarmente della veneta, di medaglie, bolle e sigilli, che da lui furono quindi descritti nell’Archeografo triestino. In una pubblicazione a parte egli fece conoscere gli oggetti più notevoli posseduti da questo museo ed in un capitolo speciale rilevò le monete di maggior pregio. Che il Kunz quale direttore del museo di Trieste abbia corrisposto all’aspettativa de’ suoi concittadini, vale ad attestarlo il fatto che quando egli dopo dieci anni di attività stabili di restituirsi nella sua amata Venezia, questo Consiglio Municipale unanimamente gli decretava solenne voto di ringraziamento e per la sua benemerenza lo proclamava a direttore onorario dello stesso Museo.
A Venezia, ove liete rimembranze lo invitavano, il Kunz sperava di poter passare tranquilli gli ultimi anni della sua vita, continuando pur sempre il suo prezioso lavoro intorno alle zecche italiane. Ma la sorte non gli fu seconda, ed indicibili sofferenze sopportate con rassegnazione per quasi tre anni, troncarono la sua esistenza il giorno 11 del decorso febbraio.
La morte di questo illustre lascia pur troppo nelle file non numerose de’ numismatici italiani un vuoto che non così presto si potrà riempire; per la qual cosa nell’affidare alla stampa questi cenni ci sia lecito di esternare il nostro vivo desiderio, che la memoria di Carlo Kunz sopravviva quale seme fecondo di nobile esempio e che gli scritti, frutto delle lunghe e pazienti sue ricerche, sieno incentivo a nuove e pregiate pubblicazioni, le quali ridondando ad onore di chi le imprenderà, varranno nello stesso tempo ad accrescere la fama di lui che ne raccolse il materiale e ne fu il promotore.
Facciamo ora seguire in ordine cronologico l’elenco delle principali sue pubblicazioni numismatiche, chè troppo lungo sarebbe il volere trattare separatamente di ogni singola.
Trieste, nel marzo del 1888.
A. Puschi.
PUBBLICAZIONI DI CARLO KUNZ.
Iacopo Mandelli III, conte di Maccagno e le sue monete; nella Rivista della Numismatica antica e moderna. Asti. 1864, Yol. I.
Miscellanea di Numismatica. I. Della zecca di Crema. — II. Gli Zecchini di stampo veneto della zecca di Trevoux. — III. Di un piccolo ripostiglio di monete. — IV. Sesino di stampo veneto contraffatto a Messerano. — V. Di qualche moneta ossidionale. Venezia, 1867.
Illustrazione di una moneta inedita di Fabriano; nel Bullettino di Numismatica italiana. Firenze, 1868, anno II, n. 3.
Ancora una moneta di Fabriano; ivi, anno II, n. 6.
Il museo Bottacin annesso alla Civica Biblioteca e Museo di Padova; nel Periodico di Numismatica e Sfragistica, anno I, II e III, 1868-1870.
Adelchi, principe di Benevento, 853-878; ivi, anno II, 1869.
Osservazioni circa la qualità ed il valore dei fiorini d’oro contemplati in documenti dell’anno 1370 sulla pace fra l’Austria e Venezia; nell’Archeografo triestino. Nuova serie, vol. I, 1869-70.
Denari e sigillo di Volchero; ivi, vol. II, 1870-71.
Il medagliere Rossetti, appendici all’Osservatore Triestino, 1 e 3 Luglio 1874.
Delle monete ossidionali di Brescia; nell’Archeografo triestino, n. s. vol. IV, 1876.
Trieste e Trento, monete inedite; ivi, vol. V, 1878.
Descrizione delle tessere veneziane (anonimo, in tedesco), nell’opera di I. Neumann: Kupfermünzen, t. V. pag. 81-92.
Il Museo Civico di antichità di Trieste. Informazione. Trieste, 1879. Vi sono descritte le monete, le medaglie, i sigilli, ecc. più notevoli posseduti da questo istituto.
Due sigilli vescovili di Nona; nell’Archeografo triestino, n. s. vol. VII, anno 1880.
Monete inedite o rare di zecche italiane; nell’Archeografo triestino e propriamente: I. Monete dei Conti e Duchi di Urbino, vol. VII, 1880; — II. Mirandola, vol. VIII, 1881; — III. Correggio, ivi; — IV. Massa Lombarda, vol. IX, 1882; — V. Asti, vol. X, 1883; — VI. Ferrara, ivi.
Due sigilli del Museo Civico di Antichità di Trieste; ivi, vol. IX, 1882.
ARNOLDO MOREL-FATIO1.
La morte dell’erudito Morel-Fatio, avvenuta a Losanna il 10 agosto 1887, colpiva la numismatica italiana non meno di quella svizzera.
Il suo nome si lega infatti strettamente allo studio delle numerose contraffazioni uscite dalle zecche minori dell’Italia settentrionale nei secoli XVI e XVII, senza dubbio una delle parti più interessanti e più feconde di sorprese che presenti all’indagatore la nostra numismatica.
Ecco una nota degli scritti da lui pubblicati intorno a questo argomento, e ad altri di numismatica italiana:
Monnaies de Jacques Mandello, comte de Macagno, nell’Indicateur d’histoire et d’antiquités suisses, 1862.
Imitations ou contrefaçons de la monnaie suisse fabriquées à l’étranger aux xvie et xviie siècles, nell’Indicateur d’histoire etc., 1862.
Magagno et Pomponesco. Imitations de diverses monnaies suisses, nell’Ind. d’hist., etc., 1864.
Cortemiglia et Ponzone. Monnaies inédites, nella Revue de la Numismatique belge, 1865.
Monnaies inédites de Dezana, Frinco et Passerano, nella Revue Numismatique, 1865.
Faux kreutzers de Berne et du Valais fabriqués en Italie, Lausanne, imp. G. Bridel, 1866.
Monnaies inédites des marquis de Montferrat, frappées à Chivasso, Casal, etc, nella Revue de la Num. belge, 1866.
Bellinzona. Teston anonyme frappé dans cette localité par les cantons d’Uri, Schwytz et Unterwald au xvie siècle, nella Revue Num. 1866.
Genève. Monnaies inédites et imitations italiennes fabriquées à Bozzolo, Dezana, Passerano et Messerano, nell’Indicateur d’histoire etc., 1866.
Bibliographie numismatique italienne, nella Revue belge, 1867.
Arnoldo Morel-Fatio era nato a Rouen, nel 1813, da genitori svizzeri. Si dedicò dapprima ai commerci, entrando nella banca di suo padre a Parigi, della quale divenne poi direttore. All’età di quarantasei anni si ritirò dagli affari, per consacrarsi intieramente alla numismatica ed all’archeologia. Da circa venticinque anni era conservatore del Museo cantonale di Losanna.
PAOLO LAMBROS.
Uno fra i più distinti conoscitori della numismatica greca antica e medioevale, si è spento ad Atene nell’ottobre 1887, Paolo Lambros, autore di numerose monografie e dissertazioni anche intorno alle monete battute dagl’Italiani nelle zecche dell’Arcipelago e delle colonie. È quindi una perdita che colpisce direttamente anche la nostra numismatica, e suscita non minore rimpianto fra noi che in Grecia, in Germania e negli altri paesi in cui Paolo Lambros era non meno conosciuto che meritamente stimato.
ERNESTO TAMBRONI ARMAROLI.
Registriamo con rammarico un’altra perdita per la numismatica italiana; addì 24 ottobre 1887 moriva in una sua villa presso Macerata il conte Tambroni Armaroli, appassionato cultore della numismatica classica.
Varii suoi articoli si leggono nel cessato Bullettino di Camerino.
GUSTAVO PONTON D’AMÉCOURT.
La Società Francese di Numismatica e d’Archeologia ha fatto una grave perdita, nella persona del suo fondatore e presidente il visconte Ponton d’Amécourt, che come scienziato e come raccoglitore occupava un posto egualmente distinto.
Oltre ai numerosi articoli disseminati nell’Annuaire della Società da lui fondata, si devono al visconte d’Amécourt varie opere di polso, specialmente intorno alla numismatica merovingia, nella quale aveva acquistato una competenza universalmente riconosciuta. Ci limiteremo a citare l’Essai sur la numismatique mérovingienne comparée à la géographie de Grégoire de Tours e le Monnaies mérovingiennes du Cenomannicum, lavoro questo che riportò il premio di numismatica dell’Istituto.
D’Amécourt si era formato due collezioni di primissimo ordine: l’una di monete romane in oro, la cui vendita fu un avvenimento nel mondo numismatico (basti il dire che uno dei medaglioni che ne formavano parte raggiunse il prezzo di quasi 11,000 lire), l’altra di monete merovingie, raccolta d’inestimabile pregio scientifico, e che Emilio Caron nelle bellissime pagine necrologiche da lui consacrate testè al defunto nell’Annuaire, si augura di veder conservata riunita per il vantaggio della scienza e per adempiere al voto più ardente del compianto visconte.
PIETRO CARLO ROBERT.
Un altro numismatico francese che ha pure contribuito potentemente a schiarire le questioni attinenti alla monetazione merovingia, Pietro Carlo Robert, è sceso nella tomba dopo una vita mirabilmente attiva e multiforme.
Occupava, sino a questi ultimi anni, un’altissima carica nella amministrazione militare, in cui rese importanti servigi all’esercito nella Campagna di Crimea ed in quella di Italia; ma le sue numerose occupazioni non gli vietarono tuttavia di dedicarsi agli studî più svariati, talchè R. Serrure potè dire che in Robert vi era come un riflesso dello spirito enciclopedico degli uomini del Rinascimento.
Giurista, professore, storico militare, epigrafista, numismatico, egli coltivò con ardore ed intelletto quelle geniali discipline ch’erano state per lui come un sollievo fra le cure dell’ufficio, e che divennero poi la principale sua occupazione quando l’età avanzata gli concesse un ben meritato riposo.
Abbiamo detto che Robert si rese specialmente benemerito della numismatica merovingia; dobbiamo aggiungere che si dedicò pure ad altri rami della nostra scienza, dettando intorno ad essi un numero considerevole di volumi, d’opuscoli e d’articoli, comparsi questi nei periodici archeologici e negli atti dei Congressi e delle Società di varii paesi, compresa l’Italia.
Come raccoglitore, Robert possedeva una delle più notevoli collezioni che esistano, quella di medaglioni contorniati, riunita dal sig. Dancoisne, ed arricchita e completata da Robert, sino a conquistarle il primo posto fra tutte.
ELEAZARO DE QUELEN.
Nello scorso autunno, alla immatura età di trentacinque anni, morì un distintissimo raccoglitore, specialmente di monete romane, il visconte di Quelen, appartenente ad una fra le più antiche famiglie della Bretagna.
La splendida collezione da lui formata verrà venduta all’asta pubblica, a Parigi, nel p. v. aprile.
ALFREDO DANICOURT.
Un fine conoscitore dell’archeologia, dotato di molto buon gusto e di molta intelligenza, il sig. Alfredo Danicourt, collaboratore della eccellente Revue Numismatique di Parigi, si è spento non ha guari, lasciando erede di tutti i tesori da lui accumulati la sua città natale, Peronne, nella Francia settentrionale, poco discosto da Amiens. La collezione Danicourt è ricca specialmente di monete galliche.
HANS REIMER.
Nel settembre dello scorso anno, morì ad Oberstdorf in Baviera l’editore della Zeitschrift für Numismatik di Berlino, Hans Reimer, il quale si era reso benemerito degli studî mercè l’incoraggiamento e l’aiuto da lui dato a quella cospicua pubblicazione. Von Sallet gli dedica nel suo periodico un’affettuosa necrologia.
DEMETRIO CANZANI.
Nello scorso gennaio morì in Milano il vecchio Commendatore Demetrio Canzani, capo del gabinetto d’incisione della zecca. Entrò giovanissimo nella zecca milanese, della quale suo padre era direttore. Lavorò attivamente, e in questa e nella zecca torinese cui fu addetto dal 1864 sino alla chiusura di essa nel 1870, epoca in cui ritornò a Milano. Incise molte medaglie, che cominciando dai rivolgimenti di Milano e di Brescia nel 1848, attraverso al periodo della reazione austriaca scendono sino all’avvenimento del governo nazionale. Il Comm. Canzani, nonostante la grave età, fu instancabile sino alla vigilia della sua morte, avendo lavorato ancora ai pezzi da 1 lira di Re Umberto coniati nello scorso anno.
- ↑ In questo primo fascicolo del nostro periodico abbiamo creduto di raccogliere le necrologie di numismatici anche defunti da qualche tempo, perchè la notizia della loro morte potrebbe non esser giunta ancora a tutti i lettori della Rivista. (La Dir.)
ALFREDO ARMAND.
Il sig. Armand era nato l’8 ottobre 1806, e aveva cominciato la sua carriera come architetto sotto la direzione di Achille Leclerc e di Provost. Per circa vent’anni egli lavorò nelle linee ferroviarie francesi dell’Ovest e del Nord, e sono opera sua le più belle fra le stazioni delle due reti; in seguito si dedicò totalmente all’architettura civile e seppe tanto bene riunire le manifestazioni artistiche alle esigenze della vita moderna che dopo un assiduo lavoro di dieci anni egli potè ritirarsi a vita tranquilla per godere in pace il frutto della sua operosità.
Allora cominciò per lui una nuova esistenza: vegeto ancora e di corpo e di spirito egli non poteva rassegnarsi ad una inazione che era contraria alla sua natura. Incominciò a viaggiare e in parecchi anni visitò quasi interamente l’Europa, esplorando con passione d’artista e d’archeologo i luoghi men noti del pari che i grandi centri, studiando i musei, i monumenti e raccogliendo dappertutto fotografie e disegni, che classificati in seguito e annotati da lui formano tuttora una collezione importantissima e d’una singolare utilità.
Fra i numerosi oggetti d’arte di cui egli s’era circondato, il posto principale l’ebbero le medaglie e specialmente quelle lavorate in Italia nel periodo del rinascimento: la sua raccolta era forse per varietà di pezzi la principale di Francia e agli occhi dello studioso presentava il pregio particolare di avere rappresentate tutte le medaglie conosciute, sia in originale, sia in buone riproduzioni fatte in galvanoplastica e anche solo in gesso. Ma il sig. Armand aveva troppo ingegno e troppo buon volere per soffermarsi al dilettantismo del collezionista: egli nelle sue raccolte intravedeva qualche cosa di più nobile che non il semplice possesso e comprendeva che esse non potevano essere utili, che quando fossero diventate materia ed oggetto di studii nuovi e profittevoli alla scienza. Per questo, dopo lunghe e minute ricerche, pubblicò nel 1879 il libro sui medaglisti italiani del XV e XVI secolo, che egli intitolò modestamente Saggio di classificazione, ma che in realtà è un lavoro di grande importanza, in cui la novità delle idee si accoppia ad una profonda conoscenza del materiale artistico e ad una precisione erudita di dettagli, quale suolsi difficilmente rinvenire nelle opere d’indole generale.
Non è mio compito fare l’elogio di questo libro, che oggi è per le mani di tutti i raccoglitori italiani e che è diventato un manuale classico. Alla seconda edizione, aumentata dei medaglisti anonimi, il signor Armand fece seguire l’anno scorso un terzo volume di giunte e correzioni, che non ebbe tempo di rifondere coi due primi, lavoro che sarà forse compiuto in avvenire da’ suoi discepoli.
Chi ebbe la fortuna di essere in relazione col signor Armand può attestare quanto egli valesse anche nel rapporto della vita sociale. Cortese e buono con tutti, era specialmente benevolo per coloro che lo intrattenevano di cose relative a’ suoi studii, e in tutte le sue azioni, in tutte le sue parole e le sue lettere appariva quello che era realmente, un uomo di grande cuore.
Vedovo e senza figli, egli lasciò erede universale il signor Prospero Valton, gentiluomo e studioso di grande valore, che gli fu amico più che intimo e che gli fu di molto aiuto nella compilazione del lavoro sui medaglisti; lasciò anche due legati alla Biblioteca Nazionale di Parigi per i dipartimenti delle stampe e delle medaglie, e altri legati di beneficenza assegnò alla Società degli Architetti e alla Scuola di Belle Arti.
Noi Italiani dobbiamo essergli riconoscenti per l’amore con cui studiò le cose nostre e per il contributo ch’egli portò alla storia della nostra arte; ma chi di noi lo conobbe e sperimentò la sua affabilità e il suo buon cuore non può a meno di consacrare alla sua memoria un rimpianto e un culto che non può essere che vivo e sincero.
U. Rossi.