Questo testo è stato riletto e controllato.


Questo testo fa parte della raccolta Sonetti d'alcuni arcadi più celebri/Giuseppe Paolucci


V1


Roma in veder dall’empia etade avara
     Scossi i grand’Archi, onde sen gìa superba.
     Ed ogni mole più famosa, e rara
     Giacer sepolta fra l’arene e l’erba;
5Grave soffrìa di tanti, in cui fu chiara,
     Fregi d’onor l’alta caduta acerba;
     E più le fean la rimembranza amara
     Quei, che miseri avanzi ancor riserba.
Ma respirò, quando più illustre, e altero
     10D’ogni edifizio lacero, e sepolto
     Vide il Tempio immortal sorger di Piero.
E disse: abbiasi pur ciò, che n’ha tolto
     Il tempo rio, s’io già riveggo intero
     Qui tutto il Bel d’ogni gran mole accolto.

  1. Si celebra il Tempio di S. Pietro come maggior di tutte l’opere antiche.


Note

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.