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Questo testo fa parte della raccolta Rime (Cino da Pistoia)


     Sì m’ha conquiso la selvaggia gente
Con gli suoi atti novi,
Che bisogna ch’io provi
Tal pena che morir cheggio sovente.
     Questa gente selvaggia5
È fatta sì per farmi penar forte,
Che troppo affanno sotterra mia vita:
Però chieggio la morte;
Ch’io voglio, innanzi che facci partita
L’anima dallo cor, che tal pena aggia;10
Ch’ogni partenza di quel loco è saggia,
Ch’è pieno di tormento:
Et io, per quel ch’i’ sento,
Non deggio mai se non viver dolente.
     Non mi fora pesanza15
Lo viver tanto, se gaia et allegra
Vedess’io questa gente e d’un cor piano:
Ma ella è bianca e negra,
E di tal condizion ched ogni strano
Che del suo stato intende n’ha pesanza;20
E chi l’ama non sente riposanza,
Tanto n’ha coral duolo:
Dunque, ch’io son quel solo
Che l’amo più, languisco maggiormente.
     Cotal gente già mai non fu veduta,25
Lasso!, simile a questa;
Ch’è crudel di sè stessa e dispietata,

Che in nulla guisa resta
Gravar sua vita come disperata,
E non si cura d’altra cosa or mai:30
Però quanto di lei pietoso i lai
Movo col mio signore,
Tanto par lo dolore
Per abundanza che ’l mio cor ne sente.
     Altro già che tu, morte a me parvente,35
Non credo che mi giovi:
Mercè dunque! ti movi!
Deh vieni a me, chè mi se’ sì piacente!

(Corretta su la lezione datane dal Mazzoleni nelle Rime oneste.)

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