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In carnata figura,
Mercè la chiedería
4Ch’a lo meo male desse alleggiamento.
E ben faccio accordanza
Infra la mente pura,
Che ’l pregar mi varría,
8Vedendo lo mio umile gecchimento.
E dico: Ahi! lasso, spero
Di ritrovar mercede,
11Certo ’l meo cor nol crede:
C’io sono isventurato
Più ch’uomo innamorato;
14Solo per me Pietà verría crudele.
Crudele e dispietata
Sería per me Pietate,
E contra sua natura,
18Secondo ciò che mosso ha ’l meo distino,
E Mercede adirata,
Piena d’impietate.
I’ ho cotal ventura
22Che pur disservo a cui servir non fino.
Per meo servir non veio
Che gio’ mi se n’accresca;
25Anzi mi si rinfresca
Pena e dogliosa morte
Ciascun giorno più forte:
28Ond’eo perir sento lo meo sanare
Ecco pena dogliosa
Che ne lo cor m’abbonda,
E spande per li membri,
32Sì che a ciascun ne ven’ soverchia parte.
Giorno non ho di posa,
Come nel mare l’onda:
Core, che non ti smembri?
36Esci di pene, e dal corpo ti parte:
Ch’assai val meglio un’ora
Morir, che ognor penare,
39Dacchè non può campare
Uomo che vive in pene,
Nè gaudio nullo invene,
42Nè pensamento ha che di ben s’apprenda.
Tutti quei pensamenti,
Ch’e’ miei spirti divisa,
Sono pene e dolore,
46Senz’allegrar, che non li s’accompagna;
Ed in tanti tormenti
Abbondo in mala guisa,
Che ’l natural colore
50Tutto perdo, si ’l cor si sbatte e lagna.
Or si può dir da manti:
Che è ciò che non si muore
53Poi ch’è sagnato il core?
Risponde: chi lo sagna,
In quel momento istagna:
56Non per mio ben, ma prova sua virtute.
La virtute, chi l’àve
D’uccidermi e guarire,
A lingua dir non l’oso,
60Per gran temenza ch’aggio non la sdegni.
Ond’io prego soave
Pietà, che mova a gire
E faccia in lei riposo,
64E Mercè umilemente se li alligni,
Sì che sie pïetosa
Di me, chè non m’è noja
67Morir, s’ella n’ha gioja;
Che sol viver mi piace
Per lei servir verace,
70E non per altro gioco che m’avvegna.