< Saggio sulla rivoluzione
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Dal Saggio primo
Dal Disegno dell'opera Dall'opera: La guerra combattuta in Italia negli anni 1848-49

Dal Saggio primo



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I deboli vedendosi esposti alla rapina od alla violenza de’ forti, ciascuno invocò la protezione di un potente, per esser difeso dagli altri; così ogni forte ebbe una clientela, ch’egli difendeva e dominava; così dal sentimento della propria conservazione originò la schiavitù, la diversità delle caste; i forti furono i nobili, i clienti la plebe, i prigionieri gli schiavi. Ogni nobile fu duce supremo, arbitro nella famiglia, e fra’ clienti fu re e sovrano sacerdote. Come la lotta degli individui costrinse questi ad unirsi in famiglie, così la lotta fra le famiglie gli raccolse successivamente ne’ Vici, da’ quali per la ragione medesima si formarono i Pagi e dall’unione di più Pagi si composero le città. Qui la barbarie cessa.



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Le sorti dei popoli dipendono pochissimo dalle istituzioni politiche.

Sono le leggi economico-sociali che tutto assorbono, che tutto travolgono nei loro vortici. Il diritto di proprietà illimitato, ovvero il diritto di possedere più del bisognevole, mentre altri manca del necessario, fu la sola cagione per cui caddero in dissoluzione i Romani, come già per la ragione stessa era avvenuto a’ Magno Greci. Questo fatto è innegabile.


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Il principio su cui è basato un sistema sociale, trasforma e volge a suo vantaggio ogni istituzione, eziandio quelle fatte per lenire i mali che da un tal principio risultano, e tutti i rivolgimenti che, senza sbarbicare il principio, tendono a crear ripari contro di loro, ma producono che danni, concedono nuove e potenti armi al nemico. I mali cresceranno in immenso, finché o gli oppressi si decidano ad abbattere quel principio o tutta la società ne rimanga distrutta.

La ragione atta a turbare illimitatamente l’eguaglianza materiale, in una società, la menerà alla ruina; l’eguaglianza morale senza la materiale, è un assurdo, è una menzogna.

Non è già nel modo di concedere il suffragio e nell’universalità di esso che consiste la libertà; ma bensì nelle istituzioni volte a limitare l’autorità.

Se il popolo non giunge a conoscere chiaramente ciò che deve pretendere, i rivolgimenti sono infruttuosi. I potenti si governeranno contro il popolo sempre nel modo stesso: quando un cavallo vi scappa, lo richiamate con le carezze; ripigliato, gli fate sentire freno e sproni. Con tal mezzo sono sempre riusciti, e riusciranno quantunque da tutti si conosca l’espediente.



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La proprietà, primo errore dell’umano istinto, era la più potente, se non la sola, cagione della cancrena sociale.



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