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Lettere - Lettera XXVII La vita e le opinioni di Tristano Shandy

FRAMMENTI



Io sento, parlo, e scrivo, senza studio, come l’anima detta, ma io son sicuro oramai di quest’anima mia: – conosco fin dove può salire, fin dove può scendere: esiste in me una forza d’impulso, che mi spinge avanti gran tratto, ma poi si sviluppa prontissima una forza di resistenza, che mi rimette nei giusti limiti; e questo contrasto di forze diverse fra loro, sovente per me doloroso, è quello però che mi ha salvato finora da qualunque bassezza.


Non pensate; io soffro, ma son forte. Educato per 30 anni nello sconforto, la mia anima ormai sa comprimere il suo gemito immenso, – la mia testa porta fieramente il dolore, come un re la corona.

E i miei patimenti sono di tal sorta, che il volgo non li saprebbe intendere, o li deriderebbe. Ecco l’anima mia: – un anelito eterno all’amore puro, santo, ideale; – un cuore nato a sentire quanto di bello e di armonia Dio sparse nell’universo; – un intelletto severamente educato a comprendere il vero; – una coscienza dignitosa, e superba di sentirsi incontaminata; – e tutto questo messo a contrasto con una società misera, corrotta, incredula, e da me conosciuta nelle sue più riposte viscere. Questo è il segreto del mio dolore.

Non vi dia noia il mio gran talento. Egli è una povera cosa questo mio gran talento, ed io ne ho fatto sempre così poco conto, che non l’ho mai adoperato. La scienza le più volte è una fastosa impostura. Io ho vegliato lunghe notti sui volumi della sapienza antica e moderna, e li ho richiusi sospirando; – il velo del mistero era più fitto di prima. Oh! questo mio gran talento mi fa pietà. Forse volendo avrei potuto scrivere dei libri; ma questo a che buono? Il mio ingegno irritandosi nelle condizioni presenti si sarebbe scaldato a quel grado di valore, che genera il fulmine, – avrebbe maladetto, fulminato la razza umana. Ma il mondo non è contristato abbastanza?


Il mio carattere è forte, severo, passionato, – disprezza le forme esterne delle cose, – attende solo allo spirito; – non si contenta, che del vero, e aborre mortalmente la civetteria d’ogni specie. – Il mio carattere è al tempo stesso cavalleresco, – la Donna non ha nulla a temere da me, – il culto della Donna è per me santo, solenne; – e quando io non potessi più amarla, nè stimarla, saprei pur sempre compatirla sinceramente.


La mia fantasia percorse come ape a succhiare i fiorì più eletti della Bellezza, che la mano di Dio profuse sull’universo, e formò una creatura coll’ale d’angiolo, vestita dei ricchi colori del firmamento, coronata di stelle, armoniosa delle armonie, che suonano in cielo. Bella e cara creazione, che alla perfetta natura dei celesti univa quanto ha di simpatico, di buono, di grande, la natura mortale! Bella, perfetta, e cara creatura, anello intermedio fra il Cielo e la Terra, tipo d’un angiolo nuovo, che Dio deve aver rimirato con compiacenza, e accolto nell’eterna sua mente, per riprodurlo in un mondo migliore.


Le lagrime d’un angiolo lavano le colpe dei mortali, e fanno fiorire le rose del Paradiso nel fango di questo mondo.


Considerato tutto, gli uomini valgono assai meno delle Donne. Vantano senno, forza, e mille altre qualità, che poi all’occasione non hanno. Dove abbiamo noi la dolcezza, il coraggio, la celeste pazienza, che in certe epoche della vita fanno sublime la Donna?


La Donna sola intende pienamente la santa virtù del sacrifizio; – l’uomo non saprà mai amare come la Donna.


Quando la Donna ama veramente, sa e può amare come l’uomo non saprà mai. In questo la Donna è d’un tessuto assai più fine dell’uomo; – tutta l’anima sua è una melodia d’amore, dolce, profonda, perenne. La donna è un raggio creato da Dio per fare il chiaro fra l’ombre cupe, feroci, di questo mondo. Quando parlo così, però non intendo di tutte, – intendo della Donna pura, cara, gentile. Donna anima. Il volgo afferma, che la Donna dura meno in amare. Io non ci credo. La Donna non è stata anche compresa, che da pochi cuori intemerati, sublimi; e come creatura debole, inerme, è stata sempre oppressa, calunniata. E se la Donna talvolta dura meno in amare, è perchè l’uomo spesso riprende troppo presto gl’impeti della sua natura brutale, cessa troppo presto di meritare il suo amore.


Una Donna fragile, leggiera, spensierata, può mettere il delirio in un cuore potente, la confusione in un forte intelletto, fiaccare, ridurre in polvere una volontà di ferro; e tutto questo conseguirlo senza disagio, senza perdere un minuto di sonno, con quella stessa nonchalance con che si appunta una spilla.


Prima causa della pessima educazione delle Donne sono gli uomini, i quali non sanno o non vogliono mai dir loro la verità; – le adulano a torto e a diritto, tanto per sedurle; – poi quando son sazi, e si saziano presto, le lasciano infelici e corrotte senza rimedio. Succhiato l’arancio, gettano la scorza.


Le accuse continue che gli uomini fanno alle Donne, e le Donne agli uomini, sono piuttosto ridicole, che vere. Uomo e Donna non possono esistere isolati, – ambedue compongono un essere completo: ora la Natura non può aver creato un essere mezzo buono, mezzo cattivo. Quest’essere diviso in due parti non può comporsi, che d’elementi consimili, omogenei; – noi abbiamo pregi, difetti, e qualità comuni, – quindi l’obbligo di tollerare, di compatire, di giudicare con senso di carità.


Io non cerco nell’Amore piaceri caldi, inebbrianti, ma gioie modeste, asperse di una dolce malinconia. La malinconia è una cosa santa; è l’eco di un’armonia, che suona nei cieli; è un sentimento, che profuma l’Amore, e lo fa incorruttibile.


L’Amore profondo si fa sentire più da lontano che da vicino. Questa legge morale è connessa forse a quell’altra legge fisica, per la quale i grandi colossi acquistano proporzioni armoniche, e piacciono all’occhio a grande distanza, ed una forte musica riesce soave e deliziosa sentita ad una certa distanza.


Nelle cose d’affetto, meno che si pensa, meno che sì calcola, meno che si disegna, meglio è. – Sentire, e sempre sentire, ma senza prevenzione, alla buona, all’italiana d’una volta, – quest’è l’anima, l’essenza dell’Amore. L’Amore non ragiona, non fa di conto, non vede, – e per questo gli antichi lo dipinsero cieco.


A me piace più l’espressione calda, fanatica, baccante, dell’anima commossa, che il tono freddo, compassato, cattedratico, della ragione, – cosa tanto vantata, e così poco definita; cosa, che vale assai meno della sua riputazione, che tutti più o meno posseggono nei tempi ordinari, che tutti più o meno perdono nei tempi straordinari, come ognuno ha il polso regolare quando è sano, e l’ha troppo celere quando lo investe la febbre.


Io non mi fido dì quelli, che stringono la mano a tutti, che si chiamano amici di tutti; – il cuore umano non si può così spicciolare; non può, e non deve bastare a tutti; – ma può aversi, ma è necessario avere un amico, e all’uopo conviene fare per lui dei nobili sacrifizi.


Chi non presume troppo di sè deve lasciarsi portare dal fiotto degli avvenimenti, senza mormorare, senza bestemmiare, adorando un ordine di cose, che vede, che sente, ma non comprende.

Che diritto ha il verme di giudicare i fini e gli andamenti della Mente Eterna, che nell’immenso creato governa con egual bilancia il moto d’una stella, e il nascere, il crescere, il cadere, e il trasformarsi, d’un fiore fugace, d’un povero filo d’erba?


Non dee far maraviglia, se talvolta l’uomo generoso di cuore e d’intelletto assume una maschera, e cela le sue schiette sembianze; – la colpa è del mondo stupido e miscredente, nel quale è condannato a vivere.


I Tedeschi non fanno mai di quei libri facili, trasparenti, spumosi, oppio vero dell’anima: i Tedeschi fanno pensare, e tengono l’anima del Lettore in piedi da mattina a sera.


La felicità sarebbe facile a conseguirsi, se il mondo osservasse la legge di amore, d’armonia, d’attrazione, che Dio impresse nel creato; se permettesse che ogni anima gravitasse liberamente al suo centro.


Non è il cuore l’organo il più prezioso, quello che decide sempre i destini della vita? E le grandi opere, i grandi pensieri, non vengono tutti dal cuore? E le questioni le più solenni, che travagliano il genere umano, non sono tutte questioni di cuore? Nè potranno sciogliersi, che dal cuore, perchè la mente da secoli vi si affatica indarno.


Adoriamo il dolore. Le anime, che non sono tutte di terra, hanno per distintivo il dolore, – sentimento che le raffina continuamente, che le innalza sempre più verso il cielo, che svela loro l’esistenza di mondi non pensati, e non creduti dal volgo; sentimento, che in mezzo alle sue amarezze contiene certe voluttà sacre, indistinte, velate, baleno delle gioie che Dio riserba alle anime provate su questa terra. Adoriamo il dolore.

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