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LI
QUANDO NACQUE
A COSMO SECONDO
IL PRIMO MASCHIO.
Se pargoletto in sull’aprir le ciglia
Ne’ luminosi campi della vita
A gran speranza i cor mortali invita,
Quando da chiaro sangue origin piglia,
5Qual d’alta meraviglia
Nel petto di ciascun non porrà speme
Un de’ Medici nato, e d’Austria insieme?
Forse ad ognor con titoli immortali
Eterna fama, che in lodar non mente,
10Non vegghia in registrar l’inclita gente,
E ne i terrestri e ne i celesti annali?
Sforzo di nobili ali
Verserebbe volando ampj sudori
Per lor gran campo de’ lor veri onori.
15Su dunque crochi, ed odorati acanti
Spargi, del famoso Arno alma reina,
E le man giungi, e le ginocchia inchina,
Dipinta di letizia i tuoi sembianti;
Alza musici canti,
20E fa da’fochi in lucid’oro accensi
Sacre nubi volar di puri incensi.
Dà lunga lode al regnator superno,
Ch’erse a felice colmo i tuoi desiri,
E prega lui, che con pieta raggiri
25Su’ tuoi gaudj presenti il guardo eterno;
Piuma, che gioco e scherno
Fassi al soffio de’ venti, è nostro bene,
Se la destra di Dio nol ci mantiene.
Ma voi, Muse di Pindo, omai temprate
30Alla culla real cetra d’elettro,
E sulle corde d’ôr con aureo plettro
Il sonno lusinghier dolce invitate;
Muova le piante alate,
E su’ begli occhi dell’infante ei versi
35Succhi di Lete, ma d’ambrosia aspersi;
Così racqueti i vaghi lumi, e poi
Che splenda chiaro a sue pupille il giorno,
Siateli, Muse, a vezzeggiarlo intorno,
Con rimembrar de favolosi eroi;
40L’onor degli avi suoi,
Onde a vera virtù forte s’accenda,
Rimembrerete allor quand’ei l’intenda.
Ma, Dive, a me cui singolar diletto
Cantando Italia a rallegrare invoglia,
45Chi fia che alteramente oggi discioglia
La lingua, e gonfi di furore il petto?
Euterpe, un suono aspetto,
Che dolce tragga or di sè stesso fuori,
Inebbriando per l’orecchia i cuori.
50Vaneggio forse, che per l’aria a volo
Sembrano i versi miei batter le piume?
Or dell’Italia desïato lume,
Che a lei nelle tempeste esser dêi Polo;
Lume, onde angoscia e duolo,
55Ed ogni indegna avversità s’asconda,
E ne i popoli suoi virtù s’infonda,
Mira più sempre gli ottomani arcieri,
O sopra il tergo a corridor frenati,
O sulle prore a i legni più spalmati
60Del mar cristiano isbigottir gl’imperi;
Mira mille aspri e fieri
Mostri, di rabbia rigonfiati il seno,
Incontro al Vatican sparger veneno.
Secolo sì perverso a tua virtude
65Pregio è per dar d’inestimabil vanto;
D’orrore alto Nemea, d’alto Erimanto,
D’alto ingombrossi la Lernea palude:
Belve indomite e crude,
Mostri unqua non veduti Ellade vide
70Produrre il Ciel per innalzarne Alcide.