< Sessanta novelle popolari montalesi
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LII LIV



NOVELLA LIII


I tre Consigli (Raccontata dalla Luisa vedova Ginanni)


Un poer'omo, che il campamento lo ricavava dalle su' propie braccia, aveva la su' moglie gravida, e steva soprappensieri del come sopperire alle spese del parto e della creatura da nascere; sicché un giorno disse alla moglie: - Rosina, i' ho fatto pensieri d'andarmene in Maremma per questi nove mesi della tu' gravidanza. I' m'ingegnerò laggiù di buscarmi tanto per il tu' parto e per mantienere la creatura e te in quel mentre che te la rallevi. Arrispose la moglie: - Fa' come ti garba. Vai e guadagna; ma nun te ne scordare d'esser qui quand'i' parturisco. L'omo se n'andiede co' su' fagotti e l'accetta in sulla spalla, e, arrivo in Maremma, trovò un impiego tanto bono, che 'n scambio di rimanerci nove mesi soltanto, si dismenticò per l'affatto della su' moglie, e ci stiede laggiù la bellezza di venticinqu'anni. Ma 'n capo a que' venticinqu'anni gli riviense alla memoria la moglie lassata gravida, e che lui gli aveva imprumesso di rivederla dientro i nove mesi per assisterla in nel parto e portargli tutto il su' guadagno; sicché scrama: - Che zuccone i' so' stato! Com'ho fatt'io a nun arricordarmi per tanto ma' tempo della donna e della su' creatura? Che sia un destino? Ma ora i' nun vo' più trandugiare a ritornarmene a casa. Con quest'idea, va dunque dal padrone a licenziarsi: il padrone però nun era contento che lui lo dibandonassi, perché bon operante e attento al lavoro, e gliene disse di tutte per dissuaderlo: - Che vo' tu? Doppo venticinqu'anni la moglie dev'esser morta, insennonò qualcosa t'arebbe scritto, oppuramente mandato [ 439] un'imbasciata. Dice l'omo: - Nun importa; i' vo' ire a sincerarmi co' mi' propi occhi. E lei, sor padrone, nun mi regala nulla? I' mi sono avanzo a male brighe per la spesa del viaggio. Dice il padrone: - E de' tu' guadagni, che pochi nun ènno stati, che ne fu? Te gli ha' spesi, via! nella bella vita e 'n cantina. Male! I' lo veggo. Te averessi bisogno de' mi' consigli. Ma va' pure, se ti garba; i' ti do' trenta scudi di mancia. Dice l'omo: - I' pigliere' anco i su' consigli, padrone, se lei me gli vole dare. - Perché no? - arrispose il padrone: - ma siccome 'gli è il mi' mestieri di dare e' consigli, i' t'avvertisco che costano dieci scudi l'uno. - Salati! - scrama l'omo. Dice il padrone: - Salati, sì, ma se lo meritano, e chi gli ascolta nun capita ma' male. - Guà! facciamo accosì, - disse l'omo: - vadia per dieci scodi manco di mancia e i' piglio un de' su' consigli, padrone. Dice il padrone: - Deccolo: Nun metter la bocca addove nun ti tocca. L'omo storgé 'l grugno: - Piccino per dieci scudi, padrone! - Ma bono, - fece il padrone, - e ve n'ho anco de' più meglio. Dice l'omo: - Dunque, altri dieci scudi manco. I' ne vo' un altro di questi consigli. Dice il padrone: - Deccolo: Nun lassare la strada vecchia per quella nova. - Piccino anco questo! - scrama l'omo: - ma oramai i' ne vo' anco un altro, e buggiancargli i mi' trenta scudi di mancia. E il padrone: - Deccolo: La superbia della sera asserbala alla mattina. - Poer'a me! com'i' hoe butto i mi' quattrini! - bociò sospirando l'omo. Dice il padrone: - Eppure, se t'ha' mitidio, t'avvederai a su' tempo che nun ènno spesi male. E va' pure al tu' viaggio e che Dio t'accompagni. Ma però te partirai doman mattina a bruzzolo. Stasera si cena per l'ultima volta assieme, e siccome le donne di casa fanno 'l pane, i' ti darò una cofaccia, con ordine espresso di nun la mangiare altro che il giorno doppo del tu' arrivo nel tu' paese e in nel mentre che te desini. Bada d'ubbidire. Dunque a levata di sole l'omo prendette licenzia dal padrone che gli diede una spizzea di quattrini per la spesa della strada, e co' su' fagotti e l'accetta si metté 'n cammino, e a buio si fermò a un'osteria deserta per riposarsi. Comanda la cena, e gli portano la minestra scodellata dientro una testa di schelatro di [440] cristiano. Eh! gli s'arrizzorno i capelli a lui, e fu 'n sull'undici unce di riscaldarsi per una simile porcheria; ma poi a un tratto ripensò a quel primo consiglio del su' padrone: Nun metter la bocca addove nun ti tocca, e fece le viste di nun essersi accorto di nulla, lassò stare la minestra e ascese 'n cambera digiuno per isdraiarsi a letto, e diviato si spoglia e 'nsacca tra le lenzola: ma a male brighe che si fu disteso, gli parse all'omo che ci fusse qualcuno in sull'altra sponda; tasta e sente un corpo freddo. - Cattadeddina! - scrama: - che c'è egli? - e dal terrore gli s'accapponavano le carni. Svelto l'omo salta giù e accende uno zolfanello, e scopre che nel letto c'era lungo stecchito un ammazzato tutto trasficurito e sanguinente. - Genti mia! i' so' capitato in una spelonca d'assassini! - lui barbottò, e il su' pensieri fu subbito di mettersi alla finestra a sbergolare aiuto. Ma poi disse: - No, che nun mi tocca. Diamo retta al mi' padrone. Sicché insenza più dormire e l'accetta 'n mano per tutti e' casi, aspettò 'l giorno su d'una sieda, e quando s'accorse che nell'osteria gli erano desti, scese 'n cucina per pagare l'alloggio e andarsene. Dice l'oste: - I' nun ho da aver nulla. - Perché? - domanda maravigliato l'omo. E l'oste: - Perché ieri a sera vo' nun mangiasti e stanotte nun ate tocco 'l letto. E mi consolo della vostra prudenzia. Che se vo' facevi del chiasso, vo' eri morto di sicuro. Qui, se capita un bel colpo, un forastiero ricco, s'ammazza e gli si rubba ugni cosa, e la listessa sorte tocca a chi vede e nun tien acqua 'n bocca. Dunque, vo' andate libbero per averla saputa tienere. L'omo in nell'ascoltare un simile discorso e' ripensava tra sé: - Che! i' nun lo pagai caro il primo consiglio del mi' padrone. Per quel che mi poteva succedere dieci scudi furno pochi. L'omo seguitò la su' strada e a sera arriva a un'altra osteria, e con seco gli erano a cena tre giovanotti su' paesani che pure loro arritornavano di Maremma a casa: feciano cognoscenza e si messano a discorrire de' su' 'nteressi. Dice uno: - No' s'è uto sorte quest'anno; s'è buscato una bella somma di quattrini da star bene per un pezzo. E voi? Arrisponde l'omo: - I' ho a male brighe tanto per nun morire di fame per tutto 'l viaggio. Ma voialtri, cari amichi, nun ate mitidio a palesare [ 441] accosì dientro a un'osteria che portate addosso delle munete. E' son loghi di ladri questi che qui. Dice il giovanotto: - Che! nun s'ha mica paura noi. E poi si viaggia di giorno e domani no' si piglia per la strada nova, che è più corta. Vierrete anco voi per la strada nova? - Io noe, - arrispose l'omo: - il mi' padrone mi diede quest'avvertenzia prima ch'i' partissi: Nun lassare la strada vecchia per la nova, sicché i' vo' per la vecchia; e se volete il mi' parere, vienite voialtri piuttosto con meco. - Ah! no davvero, - scramò il giovanotto: - la strada nova è più corta e più comida, e no' si va per di lì. Vo' nun l'ate 'nteso 'l proverbio del padrone; vo' lo spiegate troppo al materiale. Dice l'omo: - Sarà; ma in ugni mo' lassatemi ch'i' vadia per la strada vecchia, e voialtri andate per la nova, se vi garba di più. Dissano i giovanotti: - Allora, siccome no' s'arriva dicerto per i primi a quest'altra fermata, no' vi s'aspetta e s'ordina la cena per tre. Siete contento? Arrispose l'omo: - Oh! per me i' so' contento, e se 'n scambio i' arrivo io per primo, la cena i' l'ordino io. - Bona notte, bona notte, e alla rivista doman da sera all'osteria 'n sulla crociata delle du' vie, la vecchia e la nova, - dissan sgricciando e' giovanotti, e tutti anderno a letto. A bruzzolo gli erano di già 'n piedi, e l'omo s'avviò per la strada vecchia in nel mentre che i du' giovanotti allegri e' nsenza pensieri pigliavano per la nova; ma 'n sulle ventiquattro l'omo arrivo al ritrovo dell'osteria 'gli aspettò 'nvano per insino alla mezzanotte per cenare co' su' paesani, che nun comparirno, e nimo gli aveva visti. Dice l'omo: - E' m'han volsuto fare qualche celia, e a quest'ora 'gli è capace che sono bell'e a casa sua. Sicché cenò solo e poi ascese 'n cambera a dormire. Si levava 'l sole, quando l'omo fu a un tratto svegliato da un vocio di gente che diceva: - Oh! poerini! Poeri disgraziati! Che birbonata! Insospettito l'omo salta da letto, apre la finestra e vede un branco tra donne e omini che ragionavano come ispaventati. Dice: - Che è egli successo? E l'oste: - È successo, che du' giovanotti che tornavano di Maremma con dimolti quattrini, e' gli han trovo e' ladri per la strada nova e sono stati rubbati e ammazzati 'nsenza misericordia. Decco la Compagnia che gli porta. Scrama l'omo a quello spettacolo: [442] - Che! i' n un l'ho pago caro dieci scudi il secondo consiglio del mi' padrone. E non si volse più trattienere, ma saldato 'l conto all'oste fuggì via, e nun si fermò che al su' propio paese. E qui rimané in nel sentire un gran scampanio nun essendo festa quel giorno; e avviatosi 'n verso casa, vedde 'n sulla terrazza, e la ricognobbe diviato, la su' donna co' un prete giovane che l'abbracciava e la baciava, mentre che lei dal su' canto faceva il simile. All'omo gli s'avvelorno gli occhi dalla rabbia e steva per saltar su con l'accetta 'n tra le mane per gastigare quegli sfacciati, quando gli riviense a mente il terzo consiglio del padrone: La superbia della sera asserbala alla mattina, sicché s'abbonì e svoltate le spalle andiede a albergo in un'osteria per passarci la notte e 'ntanto domandar notizie della moglie. Accosì ideato, si siedette a cena e principiò a discorrire, come se lui fusse stato un forastiero. Dice: - Io che mo' oggi, che nun è festa, e' fanno tutto questo doppio di campane? Arrispose l'oste: - Oh! nun è nulla. Domattina grand'allegrie, sposizione 'n chiesa, baldorie e fochi la sera, pricissioni di ragazze e desinari da principi, e specialmente 'n casa della vedova. Che siete forastiero voi? Dice l'omo: - Sì, e mi garberebbe che vo' mi levassi la curiosità ch'i' ho. Per che ragione, dunque, tutti questi spassi? Arrisponde l'oste: - Vo' ate a sapere che il marito della vedova, ora gli ènno passi venticinque anni, partì per la Maremma e lassò la su' moglie pregna con la 'mprumessa di tornare a assisterla nel parto. 'N scambio lei e' nun l'ha più rivisto, e nun n'ha saputo più né fumo né bruciaticcio, e dicerto lui dev'esser morto. Ma 'nfrattanto alla donna gli nascette un mastio, e siccome lei era povera, certi signori l'aiutorno a rilevarlo, e poi glielo messano 'n Seminario agli studi e il ragazzo diviense virtudioso accosì, che gli è tocco una ricca parrocchia e doman mattina dice per la prima volta Messa, e doppo lui anderà al su' destino. Decco perché in nel paese c'è questo buggianchìo d'allegrezze. - Eh! padrone, padrone! - borbottò l'omo 'n tra' denti: - I' gli spesi pur bene i mi' trenta scudi per que' tre consigli, che allora mi parseno piccolini: ma i' veggo che gli ènno rinusciti dimolto macicani. Insomma la mattina per tempo l'omo picchiò a casa sua; ma dapprima la moglie nun lo ricognobbe; ci volse un po' di tem po, [443] e lui gli disse tutta la su' vita e feciano le paci, perché s'accorsano che era stato un destino che gli aveva tienuti disseparati per venticinque anni intieri. Dice l'omo: - Il peggio 'gli è che nun mi sono avanzo nulla, e che torno poero come quando partii. Scrama la moglie: - Sie' sano? Basta. Ora nun mi manca il campamento anco per te. Sarà il nostro figliolo che ci mantiene. Dice l'omo: - Mi sbaglio! Qualcosa i' l'ho porta. Il padrone mi diede una cofaccia con ordine espresso che la mangiassi a desinare 'l giorno doppo il mi' arrivo. Dunque, giacché è l'ora del desinare, si vadia a tavola per sentire che robba m'ha regalo. Si messano a tavola l'omo, la su' moglie e 'l su' figliolo, e alle frutta lui stroncò la cofaccia in du' pezzi e cascorno di dientro 'n sulla tovaglia trenta scudi di muneta sonante. Ficuratevi l'allegria e 'l contento! Tutti a una voce benedirno quel bon padrone, perché nun aveva soltanto dato tre consigli giudiziosi al su' lavorante, ma anco reso i trenta scudi che costavano.

E accosì la novella 'gli è finita, E se 'un vi garba leccatevi le dita.

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