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XXVIII.


Sognai sul far dell’Alba, e mi parea
     Ch’io fossi trasformato in cagnoletto;
     Sognai, che al collo un vago laccio avea,
     E una striscia di neve in mezzo al petto.
5Era in un particello, ove sedea
     Clori di Ninfe in un bel coro eletto;
     Io d’ella, ella di me, prendeam diletto;
     Dicea: corri Lesbino, ed io correa.
Seguia: dove lasciasti: ove se ’n gìo,
     10Tirsi mio, Tirsi tuo, che fa, che fai?
     Io gìa latrando, e volea dir: sono io.

M’accolse in grembo, in duo piedi m’alzai,
     Inchinò il suo bel labbro al labbro mio:
     Quando volea baciarmi, io mi svegliai.

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