< Sonetti (Pascarella)
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La Comparsa
Er Maestro de noto Er Callista

LA COMPARSA.

I.


Dice: — Lei dove va? — Me manna Nino,
Che siccome sta male, lui nun pò. —
Dice: — Va bene; quello è er camerino,
4Drento ce so’ li panni. — Questo? — No,

Quell’antro appresso. — Sopra a un tavolino
C’era ’na monturaccia co’ ’n giaccò1,
Me l’infilo, me stringo er cinturino,
8Dico: — Dove ho d’annà’? Dice: — Ce sò,

L’antri già pronti su ner corridore. —
Ce n’erano antri tre; staveno intorno
11A un omo che faceva er direttore.

Dice: — Regazzi! pronti, su le scene. —
Com’entramo, li fischi se spregorno.
14Ah, dico fra de me, comincia bene!


II.


Basta, dopo li fischi, er sor Fusaja,
Tutto quanto vestito de velluto,
Dice: — Ma dunque è ver? Tutto è perduto?
4— Pur troppo, sire, è persa la battaja!

E su la reggia fiocca la mitraja. —
Je fece un antro. E lui: — Sangue de Pruto!
Dice, la guerra è persa? Io so’ fottuto...
8Dice, sete ’na massa de canaja,

E annate a morì' tutti d’accidente. —
E lì sur parco ce ne disse tante
11Che manco la vergogna de la gente!

Che si uno de queli giovenotti
Che faceva co’ me da commannante
14Nun me regge, l’abbotto de cazzotti.


  1. [p. 185 modifica]giaccò: cappello militare
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