< Sorrisi di gioventù
Questo testo è completo.
Sorrisi di gioventù Figure femminili

PREFAZIO.

Se avete viaggiato molto in istrada ferrata, amici lettori, questo libro è per voi. Entrando in una vettura di prima (mi figuro dimeno che sia questa la vostra classe preferita) sicuramente non avete potuto scegliere i vostri compagni di viaggio. Il ministro anglicano con le figliuole bionde, il vescovo francese col suo segretario ad latus, il grosso banchiere dalla faccia rasa e contenta, il triste merlo spennacchiato reduce da Montecarlo, il vecchio bellimbusto ripicchiato che va a cercar salute e conquiste a Vichy, i due sposini che fanno vendetta di voi, terzo incomodo, dandovi lo spettacolo di star due ore stringendosi per mano (gran prova di costanza, che per solito non dura oltre il maggio di nozze), tutti costoro, ed altri che ommetto per brevità, vi sono stati dati compagni dal caso. Padrone di scegliere, non avreste voluto nessuno in carrozza; obbligato a goderceli tutti, fate a mala fortuna buon viso, mettete il pioppino sulla rete, accanto alla valigetta; calzate in testa il vostro berretto di seta, che auguro non abbia a vestire una palla di biliardo; aprite un giornale, e leggete quel che vi càpita sottocchio; anche qui servitori umilissimi del caso, che tende, intreccia, e qualche volta imbroglia le fila.

Così sono, così vengono, portati dal caso i incordi, questi compagni di viaggio della vita vissuta. Siete partiti di qua, piuttosto che di lá, senza averne merito, o colpa: vostro padre era in sua gioventù nel tal luogo, dove incontrò la donna che doveva esservi madre: siete nati di qua per una ragione, siete andati di là per un’altra: la rete adriatica o mediterranea della vita vi ha presi, vi ha sballottati nel suo treno misto, introdotti nelle gallerie, librati sui viadotti, rallentati sui passaggi a livello, trattenuti agli scambi, addormentati sui binarli morti. Per temperamento o per affari, per divertimento o per seccatura, per amore o per forza, avete corsa la vostra parte di mondo anche voi, tristi o lieti, accesi di desiderio, illuminati di speranza, soffocati di rabbia, abbeverati di fiele. E spesso, di tante cose belle o non belle, vi torna in mente il ricordo. Son dolorosi, i ricordi? Sì, qualche volta, ma di un dolore sordo, lontano, attutito, trasformato, quasi piacevole, se riesce a spremervi dagli occhi una lagrima artistica. Acqua passata non màcina; le immagini dei tempi trascorsi son grate, come attraverso le pagine di un libro hanno buon odore anche i morti. Pensate ai giorni vissuti, che non avete più da faticare per viverli; richiamale le vecchie pene, che non vi fan più soffrire, le gioie antiche, sempre nuove all’aspetto, che vi recano perfino la sensazione di svanite fragranze. Sono i sorrisi della vostra gioventù, senza le lagrime. Vi annoiano? Sarebbe da ingrati; ma io non ci ho che vedere: voi potete liberarvene ad ogni modo, richiudendo il libro della memoria, e provando a dormire.

Così, come il vostro libro, all’ora fatale della noia, potete richiudere il mio. Apritelo, intanto: anch’io l’ho scritto, come voi avete meditato il vostro, toccando qua e là, come portava il caso e l’umore. Statemi sani.

Villa Maura, 15 luglio 1898.

L’Autore.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.