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DISTINZIONE QUINTA.
dove si tratta della seconda parte della penitenzia; cioè della confessione.
Secondo l’ordine preso in principio di questo Trattato, séguita ora a dire della seconda parte principale della Penitenzia, che è la confessione: della quale si conviene diligentemente e ordinatamente iscrivere. Imperò che la principale intenzione di coloro a cui stanza l’autore prese a fare questo libro, fu per imprendere a sapersi1 ben confessare: la qual cosa comunemente la gente sa mal fare, impediti o da ignoranza o da negligenza2 o da vergogna o da certa malizia. Chè la ignoranza non gli lascia sapere e cognoscere i peccati e le loro cagioni, e le loro spezie e differenze, né le loro circustanzie, né discernere le loro gravezze; e però non gli sanno distintamente confessare. La nigligenza non gli lascia ispesso ripensare i peccati, acciò ch’ altri n’abbia dolore e pentimento, e acciò ch’altri gli tenga a mente, per sapergli poi distintamente dire interamente; e fa indugiare la confessione per paura di non avere a durare fatica nell’opere della penitenzia che s’impone nella confessione, e per temenza di non potere continovare e perseverare3 nel bene operare; e perché pare loro malagevole d’astenersi da’ diletti e dalle delizie della carne, i quali séguitano secondo le loro concupiscenzie; e di rimanersi dell’opere le quali sono usati di fare secondo il parere della propria prudenzia, e secondo l’appetito e ’l desiderio della loro propria volontade. La vergogna gli ritrae di non ardire di dire colla loro bocca i peccati isdicevoli e abbominevoli e disonesti, per li quali pare loro meritare disonore, vituperio e biasimo; e superbamente volendo essere tenuti buoni e buoni parere, ma non volendo essere, tacciono per vergogna quello che viziosamente e senza vergogna commissono, e potrebbero con fruttuosa vergogna utilmente manifestare. La malizia gli tiene ostinati nella loro perversa volontà; e, per l’affetto vizioso e corrotto a mal volere e a mal fare, non si dolgono né pentono del male avere fatto, e non si pongono in quore di ben fare per innanzi: anzi, secondo il disordinamento de’ loro viziosi desiderii, appetiscono e disiderano d’avere opportunitade e il destro di potere adempiere le loro male volontadi, e però non si conducono al rimedio della medicinale confessione. Acciò, dunque, che per ignoranza non si scusino, la quale maggiormente gli accusa; e la nigligenza non gli occupi, ma istudiosa sollecitudine gli sproni; e la vergogna non gli ritragga per viltà d’animo, ma sicura prontezza, con isperanza di perdono, gli spinga; e la malizia ostinata indurandogli nel peccato, viziosamente non gli ritenga; dirò conseguentemente, parlando della confessione, tutto ciò che Iddio ne4 concederà, utilmente e fruttuosamente ammaestrando, e insegnando a coloro che fedelmente e divotamente leggeranno in questo libro, come debbano, sappiano, possano e vogliano bene confessarsi. Onde della confessione dirò principalmente sette cose. Prima, che cosa è confessione: nel secondo luogo, quando e da cui fu ordinata la confessione: nel terzo luogo, quale è l’effetto e l’utilità sua: nel quarto, chi e quale dee essere il confessoro che ode la confessione: nel quinto luogo dirò come si dee disporre e comporre il peccatore che va a fare la confessione: nel sesto, come si dee fare la confessione, e quante cose si richieggono acciò che si faccia bene: nel settimo luogo, di che si de’ fare la confessione, cioè a dire di quali peccati si dee la persona confessare. E in5 queste sette cose ordinatamente vedute, sarà sofficientemente dimostrato ciò che della confessione dire si conviene.
- ↑ L'antica stampa: fu principalmente a sapersi.
- ↑ Nel Manoscritto: nigrigenzia.
- ↑ Ivi: perseguitare; scambio, forse, di proseguitare.
- ↑ Ediz. 95: mi.
- ↑ Le stampe del 95 e del 23 tacciono, non senza eleganza: in.