< Specchio di vera penitenza
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Specchio di vera penitenza Distinzione prima


INCOMINCIA IL PROLAGO


DEL LIBRO APPELLATO


LO SPECCHIO DI VERA PENITENZIA.





Secondochè dice el venerabile dottore messere santo Ierolimo, Pœnitentia est secunda tabula post naufragium: la penitenzia è la seconda tavola dopo il pericolo della nave rotta. Parla il santo dottore della penitenzia, per somiglianza di coloro che rompono in mare, de’ quali spesse volte interviene che, rotta la nave per grande fortuna e per tempestade che sia commossa in mare, coloro che sono più accorti prendono alcuna delle tavole della rotta nave, alla quale attegnendosi fortemente, soprastando all’acqua, non affondano; ma giungono al rivo1 o al porto, iscampati del periglio del tempestoso mare. Così avviene degli uomini che vivono in questo mondo, il quale è appellato mare per lo continuo movimento e inistabile istato, e per le tempestose avversitadi e gravi pericoli che ci sono, ne’ quali la maggiore parte della gente perisce. Imperò che non ci si può notare, tra per la gravezza della carne umana e per lo peso del peccato originale o attuale, ch’è in sulle spalle de’ figliuoli d’Adamo, e per la forza delle fortunose onde delle tentazioni, e delle temporali e corporali tribolazioni. Solo Iesu Cristo salvatore, Iddio e uomo, sanza peso di peccato, leggiermente notando, passò il mare di questo mondo. E ciò significò egli, quando, essendo i discepoli suoi nella nave nel mare di Galilea, e avendo grande fortuna per la forza del contrario vento, egli venne a loro andando leggiermente sovra l’onde del turbato mare. La quale cosa non potè fare san Piero, anzi andava al fondo, se la virtuosa mano di Iesu Cristo non lo avesse soccorso. Dove si dà ad intendere, che in questo periglioso mare ogni gente anniega se l’aiuto della divina grazia non lo soccorre; la quale ha provveduto, per iscampo della gente umana, d’una navicella lieve e salda, la quale Iesu Cristo fabbricò colle sue mani del legno della santissima croce sua, cogli aguti chiovi della sua passione, colorandola e adornando col suo prezioso sangue. Questa navicella è la innocenzia battismale, nella quale entrano tutti coloro che sono battezzati del battesimo di Iesu Cristo. E se si conduce e si guida bene, porta sani e salvi al porto di vita eterna coloro che dentro vi perseverano, siccome veri e diritti cristiani. In questa navicella intera e salda passò il mare di questo mondo la benedetta Vergine Maria. Passòvvi san Giovanni Batista, e più altri Santi, i quali furono santificati nel ventre della madre e furono preservati e guardati da speziale grazia divina, che non cadessono nella vita loro in acconsentimento di mortale peccato. Passônvi tutti coloro i quali si chiamano innocenti; cioè a dire, che innanzi che venissono a tale etade che, discernendo il bene dal male, consentissono al male del peccato, al quale la nostra natura corrotta è inchinevole più ch’ al bene, furono tratti per morte naturale o isforzata dalla presente vita corporale, avendo ricevuta la grazia del battesimo: i quali, non per loro merito, però che né sapere né volere né potere hanno ancora del guardare o del conducere la leggiere e bella navicella, ma per lo merito di quello padrone che la fabbricò, e per sua presenzia e grazia la conduce e guida, sanza alcuno impedimento e’ pervengono al porto sicuro e eterno, cioè quello della città superna. Questo fu bene significato nel santo Vangelo, quando Iesu Cristo venendo a’ discepoli suoi ch’ erano nella navicella nel mezzo del mare, e aveano grande tempesta per lo vento contrario, contro al quale non di poteano aiutare, egli, entrando nella navicella, comandò a’ venti e al mare che oltraggiavano e soperchiavano la piccioletta navicella; e cessò la tempesta, e con bonaccia e tranquillitade salvi giunsono al porto, non per loro operare, ma per la virtù e sapienza di Iesù Salvatore. Il governo e la cura del movimento, e ’l conducimento della detta navicella, il celestiale padrone Iddio in alcuno modo, tanto quanto si stende la potenzia e la facultade del libero albitrio, commette e lascia all’uomo, e fal nocchiere quando è venuto agli anni di tale discrezione che possa e sappia e possa volere, col remo in mano, istudiosamente operando, durare fatica nella guardia e nella condotta di sì nobile vasello in che Iddio l’ha allogato e messo. Ma l’uomo, o per nigligenzia, o per ignoranza, o per vaghezza di vana dilettanza, o per sensuale e viziosa concupiscenzia, o per presunziosa speranza, o per imprudenzia, o per tracotanzia, ovvero per poca providenza, il lascia nell’alto mare tanto trascorrere, abbandonando gli argomenti del savio e accorto reggimento, che per impeto di contrari venti, o per percossa degli intraversati sassi, o per rintoppo delle rovinose onde, o per rivolgimento delle ritrose acque, o per abbattimento de’ rigogliosi marosi, o per soperchio del gonfiato mare, o per oltraggio dei rinfranti2 sprazzi, o per voraggine di pelago profondo, o per iscurità di tenebrosa notte, o per ispaventamento delle fiere bestie, o per lo dolce canto delle sirene vaghe, o per assalimento di crudeli pirati, o per inganno degli amici falsi, sanza riparo sì si rompe e fiacca. Le quali cose dànno ad intendere le ragioni de’ vizi e de’ peccati, che fanno rompere e perdere la pura saldezza della innocenzia;3 che quanto più sono gravi, tanto più la fiaccano e spezzano; e rimane l’uomo d’ogni bene e grazia privato: né non ha rimedio cotale rompimento, per lo quale si possa risaldare la rotta navicella della santa innocenzia; anzi rimane l’uomo così nabissato, abbandonato e ’ngnudo nel mezzo del tempestoso mare, sanza speranza di gnuno buono soccorso. Solamente d’uno refuggio ha provveduto il misericordioso Iddio il quale non vuole che l’uomo perisca e muoia, avvegna che a sua colpa la navicella salda e lieve della quale Iddio gli avea provveduto acciò che per quella iscampasse, sia fracassata e rotta. E questa è la penitenzia, alla quale conviene che accortamente s’appigli e perseverantemente tegna qualunche vuole dopo la rotta innocenzia iscampare. E questo vuole dire il dottore santo beato Ieronimo, per somiglianza parlando, quando disse ch’ella era la seconda tavola dopo il pericolo della nave rotta, cioé il rimedio e il sicuro rifuggio, poi che perduta e rotta era la prima innocenzia. Dove nota, che come a coloro che rompono in mare, conviene che sieno molto accorti a dare di piglio e a fortemente tenere alcuna tavola o legno della nave rotta, innanzi che l’onde del mare lo traportino, non istante la paura, lo sbigottimento, il dibattimento, l’ansietade, l’affanno, lo spaventamento e ’l conturbamento del capo, e gli altri gravi accidenti che hanno a sostenere coloro a’ quali tale fortuna incontra; così l’uomo che, mortalmente peccando, perde la innocenzia, immantanente, sanza indugio, dee avere ricorso alla penitenzia, non istante qualunque impedimento o ritraimento che ’nduca il commesso peccato. E come dee tosto, sanza indugio, il rimedio della penitenzia prendere, così la dee con perseveranza tenere. E di ciò parla la santa Iscrittura, che dice: Lignum vitae est his qui apprehenderint eam, et qui tenuerit eam, beatus: Ella, cioé la penitenzia, è legno di vita a chi la prende; e chi la terrà, sarà beato. Tale virtù ha questa tavola della penitenzia da quello medesimo da cui4 la navicella della innocenzia, cioè da Iesu Cristo e dalla sua passione. Onde forse fu significata per quella tavola la qual fu soprapposta al legno5 della croce, dove era iscritto - Iesù Nazzareno Re de’ Iudei - in tre lingue, ebraica, greca e latina; a dare ad intendere che nella tavola soprapposta alla croce, cioè nella penitenzia, che sopravviene alla innocenzia ed è congiunta con la croce, cioè con la virtù e colla efficacia della passione di Cristo, si contiene salute e salvamento, che dimostra e adopera Iesù Nazzareno. E questo non pure in una gente né in una lingua, ma in tutte le genti e in tutte le lingue, secondo che Iesu Cristo dopo la sua passione e la sua resurressione disse agli Apostoli: Eutes, docete omnes gentes, baptizantes eos in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti: Andate, e ammaestrate tutte le genti, e battezzategli nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo. E santo Luca iscrive nel suo Vangelo, che Iesu Cristo apparendo a’ suoi discepoli dopo la resuressione, disse loro, fra l’altre cose, ch’egli era bisogno di predicare nel nome suo la penitenzia e la remissione de’ peccati in tutte le genti. Questa seconda tavola della penitenzia, dove è lo scampo e la salute della maggiore parte della umana gente, accortamente prese Maria Maddalena dopo la rotta innocenza. Presela san Piero, presela san Pagolo, e generalmente tutti coloro che si salvano, giustificati del peccato per la grazia del Redentore. Del quale novero ci dobbiamo ingegnare d’essere noi peccatori, acciò che non periamo, non essendo nella intera e salda navicella della innocenzia, ma caduti nel mezzo del profondo pelago del dubitoso e angoscioso mare del mondo, e nabissati nel peccato mortale. E acciò che interamente, e con desiderio fervente della propria salute, ogni negligenzia e ignoranzia da noi rimossa e tolta, stendiamo le mani a pigliare questa necessaria e vittoriosa tavola della penitenzia, e perseverantemente la tegnamo, fino ch’ ella ci conduca alla riva del celestiale regno, al quale siamo chiamati; io Frate Iacopo Passavanti da Fiorenza, de’ frati Predicatori minimo, pensai di comporre e ordinare certo e speziale Trattato della Penitenzia; e a ciò mi mosse il zelo della salute dell’anime, alla quale la professione dell’Ordine mio ispezialmente ordina i suoi frati. Provocòmmi l’affettuoso priego di molte persone spirituali6 e divote, che mi pregorono che queste cose della vera penitenzia, che io per molti anni, e spezialmente nella passata quaresima dell’anno presente, cioè nel mille trecento cinquanta quattro, avevo volgarmente predicato al popolo, a utilità e consolazione loro e di coloro che le vorranno leggere, le riducessi a certo ordine per iscrittura volgare, sì come nella nostra fiorentina lingua volgarmente l’avea predicate. Onde, non volendo né dobbiendo negare quello che la carità fruttuosamente e debitamente domanda, porgo la mano, e scriverò per volgare,7 come fu principalmente chiesto per coloro che non sono litterati, e per lettera e in latino per gli cherici, ai quali potrà essere utile, e per loro, e per coloro i quali egli hanno a ammaestrare o predicando8 o consigliando o le confessioni udendo: confidandomi sempre ne’ meriti del padre de’ Predicatori messere santo Domenico, predicatore sovrano della penitenzia; e ancora ricorrendo divotamente al dottore sommo messere santo Ieronimo, la cui vita e la cui dottrina sono essemplo e specchio di vera penitenzia. Pregando nondimeno umilmente coloro che in questo libro leggeranno, che facciano speziale orazione a Dio per me; che com’io ho assai tempo predicato al popolo della penitenzia e ora ne scrivo non sanza gran fatica, così mi conceda grazia ch’io viva e perseveri insino alla fine in verace penitenzia, acciò che nell’ora della morte la divina misericordia mi riceva a salvamento: amen. E imperò che in questo libro si dimostra quello che si richiede di fare e quello di che altri si dee guardare acciò che si faccia vera penitenzia, convenevolemente e ragionevolemente s’appella Specchio della vera Penitenzia.





finito il prolago di questo libro



QUI SI COMINCIA


IL LIBRO DELLA PENITENZA


appellato


SPECCHIO DELLA VERA PENITENZA


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Della penitenzia volendo utilmente e con sentimento iscrivere, conviene che ciò si faccia con ordinata e discreta dottrina, parlando aperto e chiaro, acciò che i leggitori possano agevolmente intendere e comprendere quello che iscrivendo si dice, e seguitare efficacemente coll’effetto dell’opere quello che più chiaramente s’intende. E però, ordinatamente procedendo, considerremo della penitenzia principalmente sei cose. In prima diremo che cosa è penitenzia, e onde il suo nome si prende. Secondariamente, quali sono quelle cose che alla penitenzia ci conducono. Nel terzo luogo diremo quali sono quelle cose che ci ritraggono dal fare penitenzia. Appresso, nel quarto luogo, dimosterremo quali sono le parti della penitenzia, e quante cose si richieggono a fare perfetta penitenzia; e come la prima parte della penitenzia è la contrizione, della quale in quello medesimo luogo si tratterà. Nel quinto luogo diremo della seconda parte della penitenzia, cioè della confessione. Nel sesto luogo diremo della terza parte della penitenzia, cioè della sadisfazione. Delle quali cose, con debito ordine nostro Trattato proseguitando, sofficientemente si terminerà la dottrina della vera penitenzia.

  1. Le edizioni dell’85 e del 25 hanno; giungono a riva o a porto; e quella de 95: arriva. Il vocabolario non abilita la lezione del nostro Manoscritto; ma i più dotti di lingua che noi non siamo, potranno sovr’essa fare, per avventura, alcuno studio.
  2. Anche il Codice nostro, colla stampa de 25, ha infatti. Ma perchè questa voce, a senso nostro, non da qui verun verso, togieremmo l'altra che trovasi nel Codice Riccardiano, nell'edizione procurata del Salviati, e corrottamente (cioè: rinfraeti sparzi) anche in quella del secolo XV.
  3. Nella stampa del 95: la sadezza della pura innocenzia.
  4. É qui sottinteso, e taciuto ancora per l'eufonia: l'ha.
  5. Ediz. 95: al sommo.
  6. Il nostro Testo: spirituale. E così molto spesso negli addiettivi di simil caso.
  7. Notabilmente, l'edizione del 95: porgo la mano con lo ingegno a scrivere, et per volgare.
  8. Seguitiamo le stampe, avendo il nostro Codice: i quali hanno a predicare e ammaestrare o consigliando ec.


Note

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