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Capitolo terzo
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III
Ma mentre che queste cose si trattavano, essendo augumentato assai l’esercito di Lorenzo, perché oltre a molti, soldati di nuovo da lui, il pontefice aveva soldato a Roma mille fanti spagnuoli e mille tedeschi, pareva fusse giá maturo il tempo di tentare di liberarsi da questa guerra; alla qual cosa, per la fortezza dello alloggiamento degli inimici, era unica speranza il costringerli, per la penuria delle vettovaglie, a partirsi: però fu mandato Cammillo Orsino con settecento cavalli leggieri a scorrere il paese che si dice il Vicariato, le vettovaglie del quale per la maggior parte gli sostentavano.
Nel qual tempo, per uno trombetto venuto a Pesero dell’esercito inimico, fu domandato a Lorenzo salvocondotto per il quale potesse venire a lui il capitano Suares spagnuolo e uno altro, che non si nominava, in sua compagnia; il quale Lorenzo facilmente concedette, credendo fusse uno capitano col quale aveva secreta intelligenza. Ma venne uno altro capitano del medesimo nome, e con lui Orazio da Fermo secretario di Francesco Maria; e dimandata publica udienza, Suares offerse in nome di Francesco Maria che, potendosi decidere le differenze con abbattimento a corpo a corpo o di determinato numero con ciascuno di loro, era più conveniente eleggere uno di questi modi che perseverare in quella via, per la quale si distruggevano empiamente i popoli e in pregiudicio di qualunque ne avesse a essere signore; però Francesco Maria offerire quale più gli piacesse di questi modi. Dopo le quali parole, volendo leggere la scrittura che aveva in mano gli fu proibito. Rispose Lorenzo, con consiglio de’ suoi capitani, che volentieri accettava questa proposta purché Francesco Maria lasciasse prima quel che violentemente gli aveva occupato: dopo le quali parole, stimolato da Renzo da Ceri, gli fece amendue incarcerare; perché Renzo affermava meritare punizione per avere fatto uno atto troppo insolente. Ma riprendendosi la violazione della fede dagli altri capitani, liberato Suares, ritenne solamente Orazio; scusando la infamia della fede rotta con false cavillazioni, come se fusse stato necessario nominare espressamente nel salvocondotto Orazio, suddito per origine della Chiesa e secretario dello inimico: ma si faceva per intendere da lui i secreti di Francesco Maria, e specialmente con consiglio o per la autoritá di chi avesse mossa la guerra. Sopra le quali cose esaminato con tormenti, si divulgò la confessione sua essere stata tale che avea augumentato il sospetto conceputo del re di Francia.
Ma il desiderio di Lorenzo, di impedire agli spagnuoli le vettovaglie del Vicariato, avea bisogno di sforzo maggiore, perché dalle correrie de’ cavalli leggieri non succedevano se non effetti di piccolo momento; e giá l’esercito era tale che poteva arditamente opporsi agli inimici, perché avea raccolti Lorenzo, oltre a mille uomini d’arme e mille cavalli leggieri, quindicimila fanti di varie nazioni, tra i quali erano più di dumila spagnuoli soldati a Roma; fanteria tutta esercitata nell’armi e molto eletta, perché i fanti italiani, non si facendo guerra in altro luogo e perché i capitani aveano avuto comoditá di permutare di mano in mano in fanti più utili la piena degli inutili raccolta al primo stipendio tumultuariamente, erano il fiore de’ fanti di tutta Italia. Deliberossi adunque di andare ad alloggiare a Sorbolungo, castello del contado di Fano distante cinque miglia da Fossombrone, dal quale alloggiamento le vettovaglie del Vicariato facilmente si impedivano agli inimici.
È la cittá di Fossombrone situata in sul fiume del Metro, fiume famoso per la vittoria de’ romani contro ad Asdrubale cartaginese; il quale fiume, avendo corso insino a quello luogo per alveo ristretto tra’ monti, come ha passato Fossombrone comincia a correre per una vallata più larga; la quale tanto più si dilata quanto più si appropinqua al mare, distante da Fossombrone quindici miglia, nel quale entra il Metro appresso a Fano, ma dalla parte di verso Sinigaglia. Da mano destra, secondo il corso del fiume, è quel paese che si denomina il Vicariato, pieno tutto di colline fertili e di castella, il quale si distende per lungo spazio verso la Marca; e dalla mano sinistra del fiume sono eziandio colline, ma allontanandosi si trovano monti alti e aspri; e lo spazio della pianura che si distende verso Fano è largo più di tre miglia.
Quando adunque Lorenzo deliberò di andare ad alloggiare a Sorbolungo, dubitando che gli inimici, sentendo muoversi il campo suo non prevenissino, mandò la mattina innanzi giorno a pigliare il castello Giovanni de’ Medici Giovambattista da Stabbia e Brunoro da Furlí con quattrocento cavalli leggieri; e ordinato a’ fanti che erano a Candelara e Nugolara che attraversando i monti andassino per unirsi con gli altri verso il Metro, egli con tutto il rimanente dell’esercito, lasciato Guido Rangone alla guardia di Pesero con cento cinquanta uomini d’arme, a levata di sole prese il cammino da Pesero verso Fano per il lito della marina, e voltatosi verso Fossombrone, dove comincia la valle, arrivò a mezzodí a uno luogo detto il mulino di Madonna in sul fiume, il quale tutti i cavalli e i fanti italiani guadorono: ma i guasconi e i tedeschi passorno tanto tardamente per il ponte preparato a questo che, non potendo l’esercito condursi il dí medesimo, secondo la deliberazione fatta, a Sorbolungo, fu necessario che alloggiassino a San Giorgio, Orciano e Mondavio, castelli distanti mezzo miglio l’uno dall’altro. Ma non ebbe migliore fortuna quello che era stato commesso a’ cavalli leggieri; perché parendo, nel camminare, a Giovanni de’ Medici (nel quale in questa sua prima esercitazione della milizia apparivano segni della futura ferocia e virtù) che per errore si pigliasse la via più lunga, abbandonati gli altri i quali disprezzorono il consiglio suo, entrò, più ore innanzi che sopravenisse la notte, in Sorbolungo; gli altri due capitani, dopo lungo circuito, ingannati secondo dicevano dalla guida, ritornorno finalmente all’esercito. Né potette Giovanni de’ Medici rimasto con la sua compagnia sola fermarsi la notte in Sorbolungo, perché la mattina medesima Francesco Maria, presentita la mossa degli inimici, immaginando dove andassino, si era con grandissima celeritá mosso con tutto l’esercito; il quale non ricevendo impedimento dal transito del fiume, perché lo passorno a Fossombrone dove è il ponte di pietra, pervenne innanzi fusse la notte a Sorbolungo; per la venuta de’ quali Giovanni, vedendosi impotente a resistere, si ritirò verso Orciano, seguitandolo i cavalli degli inimici da’ quali furno presi molti de’ suoi. A Orciano, entrato nell’alloggiamento di Lorenzo, disse a lui, con grandissima indegnazione, o la negligenza o la viltá di Brunoro e di Giovambatista da Stabbia, i quali erano presenti, avergli tolta quel dí la vittoria della guerra. Questa fu la prima ma non giá sola occasione di prospero successo che perdesse l’esercito di Lorenzo, perché e di poi ne perdé dell’altre maggiori; e seguitorono continuamente più perniciosi disordini, accompagnandosi con la fortuna avversa i cattivi consigli.