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Capitolo terzo
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III
Cesare intanto, in Germania, convocata la dieta in Augusta, aveva fatto eleggere in re de’ romani Ferdinando suo fratello. E trattandosi delle cose de’ luterani, sospette eziandio alla potenza de’ príncipi, e derivate, per la moltitudine e ambizione de’ settatori, in diverse eresie e quasi contrarie l’una a l’altra e a Martino Luter, autore di questa peste (la vita e l’autoritá del quale, tanto era diffuso e radicato questo veleno, non era piú di momento alcuno), nessuno occorreva a’ príncipi di Germania migliore rimedio che la celebrazione di uno concilio universale; perché e i luterani, volendo coprire la causa loro con l’autoritá della religione, instavano che questo si facesse, e si credeva che l’autoritá de’ decreti che facesse il concilio bastasse, se non a piegare gli animi de’ capi degli eretici da’ loro errori, almeno a ridurre una parte della moltitudine nella migliore sentenza. Senzaché in Germania, eziandio da quegli che seguitavano le opinioni cattoliche, era desiderato molto il concilio perché si riformassino i gravamenti e gli abusi trascorsi della corte di Roma; la quale, e con l’autoritá delle indulgenze e con la larghezza delle dispense e con volere l’annate de’ benefizi che si conferivano, e con le spese che nella espedizione d’essi si facevano negli uffizi tanto moltiplicati di quella corte, pareva che non attendesse ad altro se non a esigere, con questa arte, quantitá grande di denari da tutta la cristianitá; non avendo intratanto cura alcuna della salute delle anime né che le cose ecclesiastiche fussino governate rettamente: perché e molti benefizi incompatibili si conferivano in una persona medesima, né avendo rispetto alcuno a’ meriti degli uomini si distribuivano per favori, o in persone incapaci per la etá o in uomini vacui al tutto di dottrina e di lettere e (quel che era peggio) spesso in persone di perditissimi costumi. Alla quale instanza di tutta la Germania desideroso Cesare di sodisfare, e perché anche era a proposito delle cose sue in quella provincia sedare le cagioni de’ tumulti e della contumacia de’ popoli, instette molto col papa, ricordandogli i ragionamenti avuti insieme a Bologna, che indicesse il concilio, e promettendogli, acciò che non temesse di avere a mettere in pericolo l’autoritá e la degnitá sua, di trovarvisi presente per avere cura particolare di lui. Nessuna cosa dispiaceva piú al papa di questa, ma per conservare la esistimazione della buona mente sua dissimulava questa inclinazione: o causata da temere che, per moderare le abusioni della corte e le indiscrete concessioni de’ pontefici, non si diminuisse troppo la facoltá pontificale; o per ricordarsi che, se bene quando fu promosso al cardinalato era stato provato con testimoni che i suoi natali fussino legittimi, e nondimeno essere in veritá il contrario (il che se bene non si trovasse legge scritta che proibisse ascendere al pontificato chi fusse nato in questo modo, nondimeno era inveterata e comune opinione che chi non era legittimo non potesse eziandio essere creato cardinale) o temendo che non senza qualche sospetto di simonia, usata col cardinale Colonna, fusse stato assunto al pontificato, o dubitando che la acerbitá grande usata contro alla patria, con tanti tumulti di guerra, non gli desse infamia indelebile appresso al concilio, massime essendo apparito per gli effetti averlo mosso non, come da principio publicava, il desiderio di ridurla a buono e moderato governo ma la cupiditá di farla tornare nella tirannide de’ suoi. Però, aborrendo il concilio, né avendo per sicurtá bastante la fede di Cesare, comunicando le cose con cardinali deputati alla discussione di questa materia, sospettosi ancora loro della correzione del concilio, rispondeva mostrando molte ragioni per le quali non era opportuno a trattarne, non si vedendo ancora stabilita bene la pace tra i príncipi cristiani, temendosi di nuovi moti del turco, i quali non sarebbe utile che trovassino la cristianitá occupata nelle disputazioni e contenzioni del concilio: e nondimeno, mostrando rimettersene al parere di Cesare, conchiudeva essere contento che e’ promettesse nella dieta la indizione del concilio, pure che si celebrasse in Italia e presente lui, assegnato tempo congruo a congregarlo, e che i luterani e altri eretici, promettendo di stare alla determinazione del concilio, desistessino intratanto dalle corruttele loro, e rimettendo la sedia apostolica nella possessione della sua obedienza vivessino come solevano prima, e come cattolici cristiani. Da che si difficultava tutta la pratica: perché i luterani non solo non erano per desistere dalle opinioni e riti loro innanzi alla celebrazione del concilio, ma si credeva comunemente che aborrissino il concilio non potendo aspettarne altro che reprobazione delle opinioni loro (conciossiaché la maggiore parte di quelle, e le piú principali, fussino state reprobate piú volte come eretiche dagli antichi concili), ma che dimandassino la convocazione di esso perché, sapendo essere cosa spaventosa a’ pontefici, si persuadessino non avesse a essere concesso, e cosí sostentare con maggiore autoritá appresso a’ popoli la causa loro.
Finí in queste agitazioni l’anno mille cinquecento trenta e succedette il mille cinquecento trentuno, nel quale fu piccola materia di movimenti. Perché, se bene per molti segni si comprendesse il re di Francia essere malcontento degli accordi fatti con Cesare e cupidissimo di nuovi tumulti, e a questo medesimo inclinare anche il re di Inghilterra, sdegnato con Cesare che difendendo la sorella di sua madre oppugnava la causa del divorzio, nondimeno, essendo il re di Francia esausto di denari, né ancora riposato da’ travagli di sí lunghe guerre, non era ancora il tempo opportuno a suscitare innovazioni; ma attendeva intratanto a praticare, cosí in Germania co’ príncipi che erano d’animo alieno da Cesare come in Italia col pontefice, proponendogli, per farselo benivolo, pratiche di matrimonio tra il figliuolo suo secondogenito e la nipote di lui; e (quello che si trattava con maggiore offesa di Dio e con orribile infamia della corona di Francia, che aveva fatto sempre precipua professione di difendere la religione cristiana, per i quali meriti aveva conseguitato il titolo del cristianissimo) tenendo pratiche col principe de’ turchi per irritarlo contro a Cesare, contro al quale era per l’ordinario mal disposto, sí per l’odio naturale contro al nome de’ cristiani come per cagione delle controversie che aveva col fratello, che erano quistioni per il regno d’Ungheria col vaivoda di chi egli aveva preso la protezione, come eziandio perché la grandezza di Cesare cominciava a essere sospetta anche a lui.