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Traduzione dal latino di Quirico Viviani (1826-1828)
Libro I | ► |
PROEMIO
ALLA II. PARTE DELLA STORIA
DEI
FATTI DE’ LANGOBARDI
Ecco i due ultimi libri della Storia dei fatti de’ Langobardi di Paolo Diacono. Per alcune circostanze, che non fa qui d’uopo narrare se n’è dovuta prolungare fino a questo momento la pubblicazione. Basti sapere, che agli editori dolse non poco il ritardo, specialmente per non poter corrispondere alla cortesia con cui quest’opera fu generalmente accolta dagli Italiani. La opposizione fatta in un giornale dal valoroso sig. co. Orti di Verona che per ben tradurre lo storico de’ Langobardi era necessario rivolgersi agli eruditi provinciali, e chiederne le opportune dottrine, non arrestò per nulla il corso del lavoro del traduttore; intendendo egli non già colle memorie particolari dei singoli paesi d’illustrare l’autore, ma che anzi da una diligente esposizione e spiegazione del testo gli amatori delle cose patrie potessero illustrare i luoghi rammentati nella storia de’ Langobardi. Onde al traduttore non rimane in ciò altro dispiacere che quello di non aversi espresso nella sua prefazione in modo da far intendere il suo divisamento al dottissimo co. Orti. Nè tampoco il predetto traduttore fu scoraggiato dalle questioni insorte sulla celebre colonia Forogiuliese, come quelle che potessero convincer di errore quanto egli dietro la non equivoca asserzione dello storico espose sopra sì fatto argomento. Non essendosi nulla detto ancora, che atterri un'opinione piantata sulla ragione e sul fatto, così il traduttore si astiene da ogni disputa co’ suoi avversarj; perchè il disputare non fa che accendere gli animi, e in conseguenza opporre maggiori ostacoli al convincimento dell’intelletto. Alcune rettificazioni però sono da farsi a quest’opera, e perciò il lettore le troverà qui appresso indicate. Maggior dispiacere sente il traduttore per alcuni errori che appartengono alla stampa, sui quali egli non adduce altra giustificazione che quella che spetta a’ nomi proprj. Siccome questi nomi barbari sono scritti diversamente in parecchi codici ed edizioni, così essendo egli assente nel corso della stampa ha potuto dietro accurato esame su parecchi preziosi testi riconoscere che alcuni nomi sembrano doversi scrivere diversamente da cui sono scritti nella versione. Ma tale inconveniente è tolto con la emendazione dei detti nomi posta nell’errata che succede alle qui sopra accennate rettificazioni. In fine pegli errori della stampa gli editori chiedono quella indulgenza che chiedevano i Volpi, i Didot, i Bodoni, e tutti quelli i quali sanno le cose di noi mortali essere tutte ridondanti di errori, ed ottime doversi reputar quelle, che sono aggravate da minor numero.