< Supplemento alla Storia d'Italia
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LI - Bonaparte fa noto al Direttorio le brame di Venezia, e di Napoli, e gli comunica le operazioni da farsi in caso di pace, o di guerra con Roma, e con Napoli, e le forze che gli sarebbero necessarie
L LII


Dal Quar. Gen. di Milano il dì 11 vendemmiale anno 5

(2 Ottobre 1796)


LI - Al Direttorio esecutivo.


La Repubblica di Venezia è in timore: ella trama insieme col Re di Napoli, e col Papa, e si fortifica, e si trincera in Venezia. Questo popolo più d’ogni altro ci odia in Italia: è tutto in armi; e gli abitanti di una parte di quello Stato sono assai coraggiosi. Il loro ministro a Parigi gli scrive che si armino se non vogliono tutto perdere: a nulla servirà tutta quella gente senza la presa di Mantova. Il re di Napoli ha sessantamila uomini in piede, e per attaccarlo e detronizzarlo vi abbisognano diciotto mila uomini d’infanteria, e tre mila di cavalleria. Potrebbe avvenire che di concerto coll’Austria, e con Roma portasse un corpo sopra Roma, e dipoi sopra Bologna, e Livorno: questo corpo potrebbe essere di quindici mila uomini, ed inquieterebbe molto l’armata Francese.

Roma è forte per il suo fanatismo; se ella ci si mostra contraria, può accrescere molto la forza del re di Napoli, obbligarmi a tenere tre mila uomini di più alle mie spalle per l’inquietudine che metterebbe nello spirito di questi popoli; sola, senza Napoli, vi bisognerebbero due mila uomini d’infanteria, e mille cinquecento di cavalleria per soggiogarla. Se si arma, il fanatismo le darebbe qualche forza, e vi si spargerebbe molto sangue. Riunita con Napoli, non si può dirigersi alla volta di Roma con meno di 20,000 uomini d’infanteria, e 2,000 di cavalleria; e se dopo essere stati a Roma, si volesse andare a Napoli, farebbe d’uopo d’un’armata di 24,000 uomini d’infanteria, e 3,500 di cavalleria.

Io penso che 6,000 uomini d’infanteria, e 500 di cavalleria basterebbero per tenere in freno gli stati del Papa, diportandovisi con sagacità, e con fermezza, allorchè uno se ne fosse impossessato. Il Re di Sardegna fomenta la ribellione dei Barbetti. Se Napoli, e Roma, agiscono contro di noi, vi abbisogneranno 3,000 uomini di più nelle piazze del Piemonte. Li 16 di questo mese, il ministro Faypoult presenterà al Senato di Genova una nota, e noi faremo la nostra operazione, conforme ai vostri ordini: se ella riesce potremo contare sul Governo. Se persistete a fare la guerra a Roma, e a Napoli, bisognano 25,000 uomini di rinforzo, che, uniti ai 20,000, necessarj per fare fronte all’Imperatore, formano un rinforzo di 45,000 uomini indispensabile. Se fate la pace con Napoli, e non vi resta che Roma, si potrebbe colle sole forze destinate contro l’Imperatore, profittare di un momento favorevole per soggiogarla; bisognerebbe ciò non ostante contare sopra un aumento di 3,000 uomini.

Credo che non possiate nel tempo medesimo, nello stato attuale della Repubblica, fare la guerra a Napoli, ed all’Imperatore. La pace con Napoli è necessarissima: con Roma rimanete in stato di negoziazione, o di tregua fino al momento di marciare contro questa superba città. Roma, riunita con Napoli, diverrebbe fortissima: se siamo battuti sul Reno, ci conviene fare la pace con Roma, e Napoli. Ci si rende indispensabile un altro trattato, cioè un’alleanza col Piemonte, e con Genova. Io donerei Massa, Carrara, i Feudi imperiali, a Genova, facendola dichiarare contro la coalizzazione. Se continuate la guerra con Napoli, mi sembrerebbe necessario di prender Lucca, e di metterci una guarnigione: questa piazza è forte, e ben armata; ella assicura gli stati di Genova, ed offre una ritirata alla guarnigione di Livorno.

Voi conoscerete perfettamente la nostra posizione per mezzo della presente, e delle lettere qui unite. Io non avrei mai creduto che dopo avere distrutto in una campagna due armate all’Imperatore, egli ne avesse in piede una più potente, e che le due armate della Repubblica svernerebbero molto lungi dal Danubio: il progetto di Trieste, e di Napoli era fondato sopra supposizioni. Ho scritto a Vienna, e questa sera il corriere parte nel medesimo tempo, in cui l’armata si porta sulla Brenta. Faccio fortificare l’Adda, ù ma è una debole barriera. Io ve lo ripeto, inviate pronti soccorsi, imperocchè l’imperatore fa già sfilare le sue truppe. È stata male condotta la negoziazione con Roma; bisognava, prima d’intavolarla, che si fossero adempite le condizioni della tregua; si poteva almeno indugiare qualche giorno, e si sarebbero facilmente avuti i 5,000,000 del secondo pagamento, di cui una parte era già arrivata a Rimini. Si è mostrato al Papa in una sol volta tutto il trattato: bisognava al contrario antecedentemente obbligarlo a dichiararsi sul primo articolo; ma principalmente non si doveva scegliere l’istante in cui l’armata era nel Tirolo, e si doveva avere per appoggio un corpo di truppe a Bologna, che si sarebbe accresciuto dalla fama. Ciò ci ha pregiudicato di 10 milioni di denaro; di cinque di vettovaglie, e di tutti i capi di opera d’Italia, che un ritardo di alcuni giorni ci avrebbe posti in mano.

Tutti questi paesi sono sì popolati, la situazione delle nostre forze è sì conosciuta, tutto è talmente agitato dall’Imperatore, e dall’Inghilterra, che la scena cangia ogni quindici giorni. Se non avremo un esito felice in tutto ciò che noi intraprenderemo, vi prego a non volerlo attribuire a mancanza di zèlo, ed assiduità.

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