< Supplemento alla Storia d'Italia
Questo testo è completo.
LVI - Bonaparte condanna la condotta tenuta con Roma, descrive la pessima situazione dell'armata d'Italia, e raccomanda al Direttorio di procurarsi amici, e soprattutto di spedir nuove truppe
LV LVII


Dal Quartier Generale di Milano a’ 17 vendemmiale anno 5

(8 Ottobre 1796)


LVI - Al Direttorio esecutivo.


Mantova, non potrà esser presa prima del mese dì Febbrajo; io doveva avervelo già avvisato; da ciò conoscerete che la nostra posizione in Italia è incerta, ed il nostro sistema politico pessimo.

Abbiamo cominciato dei trattati con Roma, quando l’armistizio non si era adempito, quando erano sul punto di esserci rilasciati 10,000,000, i quadri, e 5,000,000 di vettovaglie. Roma arma, fanatizza i popoli, che si coalizzano da tutte le parti contro noi. Si attende il momento per potere agire; e si agirà con esito felice se l’armata dell’Imperatore è alquanto rinforzata. Trieste è vicina a Vienna, quanto Lione a Parigi. In 15 giorni le trupe vi arrivano. L’Imperatore ha già da quella parte un’armata. Troverete uniti qui tutti i recapiti che vi porranno in grado di giudicare della nostra posizione, e dello stato degli spiriti. Credo essenzialissima la pace con Napoli, e necessaria l’alleanza con Genova, o con la corte di Torino. Fate la pace con Parma, ed una dichiarazione che prenda sotto la protezione della Francia i popoli della Lombardia, Modena, Reggio, Bologna, e Ferrara, e soprattutto mandate delle truppe.

È di necessità per dar fine ad una campagna come questa, spedire 15,000 uomini di reclute. L’Imperatore ne ha mandati tre volte più nel suo campo. Tutto va in rovina in Italia, se si dissipa il prestigio delle nostre forze, e se ci contano. Credo essenziale ed importantissimo che prendiate in considerazione la situazione della vostra armata in Italia, che adottiate un sistema che vi possa procacciare degli amici, tanto dalla parte dei Prìncipi, che da quella dei popoli. Diminuite il numero dei vostri nemici. L’influenza di Roma è incalcolabile. Si è fatto malissimo a romperla con questa potenza; tutto ciò serve al loro vantaggio. Se io fossi stato consultato di tutto ciò, avrei ritardato il trattato di Roma come quello di Genova, e Venezia. Allorchè il vostro Generale in Italia non sarà il centro di tutto, incorrerete in grandi pericoli. Non attribuite all’ambizione questo linguaggio; io non ho che troppo di gloria, e la mia salute è talmente rovinata, che credo essere obbligato a domandarvi un successore. Non posso più montare a cavallo, non ho altro che coraggio, che è insufficiente in un posto come il mio. Tutto era preparato per l’affare di Genova; ma il cittadino Faypoult ha pensato che bisognava indugiare. Attorniati da popoli che fermentano, la prudenza vuole che ci conciliamo quello di Genova fino a nuovo ordine.

Ho fatto scandagliare la corte di Torino per mezzo del cittadino Poussielgue; ella è decisa ad una alleanza. Continuo questo trattato. Truppe, truppe, se volete conservare l’Italia.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.