< Supplemento alla Storia d'Italia
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LXVI - Il Ministro degli affari esteri domanda delle notizie al General Clarke delle disposizioni degl’Italiani, e dei grandi della Germania, e gli comunica alcuni progetti politici da tenersi presenti trattando di pace coll’Imperator di Austria. Nota di Bonaparte al General Clarke. Vi si descrive la situazione di Mantova, e si ragiona sull’utilità di attenderne la dedizione prima di conchiudere un armistizio
LXV LXVII



Parigi, il 4 brumale anno 5 (14 novembre 1796)


LXVI. Il Ministro delle relazioni Estere al Generale Clarke.


Il poco tempo che mi rimane sino alla vostra partenza, la moltitudine degli oggetti, che abbiamo a trattare, non mi permettono, cittadino Generale, di discuterli con quella particolarità, che la loro importanza esigerebbe. Io dunque mi limiterò ad indicar quelli che concernono le relazioni estere, e intorno ai quali importa molto che il Direttorio riceva da voi precisi schiarimenti. Siavi grato che io siegua il vostro itinerario.

Il Piemonte. Voi vedrete sicuramente il Generale Kellermann, e forse anche i Commissarj incaricati della demarcazione de’ confini; fate loro capire l’importanza di ritener per noi nella catena delle Alpi tutti i posti militari. Su ciò il trattato offre ad essi ogni facilitazione.

Il cittadino Posysielgue è tuttavia in Turino incaricato a continuare le negoziazioni, che il General Bonaparte ha creduto dover cominciare per un’alleanza. Non bisogna affrettarsi per nulla intorno a ciò, e sopratutto non promettere cessioni di territorio, le quali formerebbero un ostacolo forse insormontabile alla pace, o allo stabilimento della libertà nella Lombardia. Io vi prego di esaminare, per quanto è in vostro potere, quali sieno le disposizioni, riguardo a noi, del Re, e del Governo, e s’egli è possibile (senza parlar di un’alleanza difficile a conchiudersi, la quale forse ci sarebbe più nociva che utile), di mantenerli nelle disposizioni di neutralità, le quali sono per noi sufficienti.

Per ciò che tocca Milano, Modena, Reggio, Bologna, e Ferrara, sarebbe cosa molto preziosa pel Direttorio, e per me, d’avere il risultato di quelle sagge osservazioni che voi sareste nel grado di farci. Cotesti popoli son dessi veramente maturi per la libertà? Son dessi nello stato di difenderla o da sè soli, o col nostro appoggio? In quest’ultimo caso qual sarebbe il numero delle nostre truppe che potrebbero tenere a soldo? Quali sono le loro disposizioni verso la Casa d’Austria? Ritornerebbero essi senza scossa sotto il suo giogo, nel caso che la pace fosse conclusa a questo patto? Voi sapete i torti reali, e gravi che Venezia ha verso di noi. Taluni che conoscono il paese, pretendono che tutti gli Stati di Terra-ferma, principalmente i Bresciani, i Bergamaschi, e i Veronesi sono ristucchi dall’orgoglio de’ nobili Veneziani, e disposti ad armarsi in favore della libertà. Incorporati alla repubblica Lombarda, o divenuti suoi alleati, essi le darebbero una forza tutta nuova. Io vi chiedo le vostre osservazioni intorno agli ostacoli, o alle facilitazioni, che l’esecuzione di questo progetto potrebbe presentare. Io ve ne domanderei pure la nostra posizione relativamente al Papa, e alle altre potenze d’Italia. Voi non percorrerete i loro Stati, ma le vostre conferenze col Generale in capo, e co’ suoi degni cooperatori, vi metteranno in grado di formarvene un’idea netta, ed attendo dal vostro zelo per lo ben pubblico che non lascerete di comunicarmela. Al presente vi suppongo giunto a Vienna, e vi veggo osservar tutti i gran personaggi che figurano su questo teatro, abbozzandone i ritratti con mano sicura, e facile. Il vostro viaggio sarebbe utile a bastanza quando avesse il solo scopo di farci conoscere le passioni che gli animano, e i mezzi di farle piegare al vantaggio della Repubblica, e dell’umanità. Benchè non abbiate incarico speciale di aprir negoziazioni di pace, potrete però prepararle nelle conversazioni, che avrete co’ personaggi influenti. Noi vi riusciremmo incontrastabilmente con molta maggior facilità se potessimo offrir all’Austria de’ compensi convenevoli. Questo sistema di compensi ammette una moltitudine di combinazioni delle quali voi potrete far cenno nelle vostre conversazioni a fine di scerner quelle, che riuscirebbero più grate. Cerchiamo di abbozzarne le principali.

1. Restituire all’Austria tutto ciò ch’essa possedeva in Italia: darle in Germania il vescovado di Saltzbourg, il prevostato di Bergstoldzaben, il vescovado di Passau esclusa la Città di questo nome, l’alto Palatino sino alla Nab; e compensare l’elettor Palatino verso il Reno. Questa è senza dubbio la combinazione più facile, e che riuscirebbe più grata alla Casa d’Austria, e a tutta la Germania: ma con essa i nostri amici recenti d’Italia resterebbero sagrificati, e noi ci priveremmo dei vantaggi che dobbiamo aspettarci da questa bella contrada, se giungeremo a sottrarla dall’influenza austriaca.

2. Modificare il primo progetto, sostituendo agli Stati di Milano una parte degli Stati pontificii, la Romagna, la Marca d’Ancona, il Ducato d’Urbino: trasferire il gran Duca di Toscana a Roma, dare a lui quel che rimane degli stati del Papa, mantenergli il possesso del Sanese, e condiscendere a nominarlo Re di Roma; dar Firenze al Duca di Parma, riuscire a cambiare una parte dei suoi Stati con la Sardegna, riservar per noi l’Isola dell’Elba, e darne per compenso al Re di Napoli Benevento, Pontecorvo, e la Marca di Fermo; e farci compensare in America coll’equivalente di ciò che noi lasceremo prendere in Italia.

3. Cedere all’Austria la Baviera, l’alto Palatino, Saltzbourg, Passau, ed altre Sovranità ecclesiastiche che vi sona annesse col peso alla Casa d’Austria di rinunciare a tutto ciò che possiede al mezzogiorno della catena delle Alpi, e nel Circolo di Svevia, d’indennizzare il Duca di Modena, e di assegnare un appannaggio al Granduca di Toscana; dare all’Elettor Palatino gli Stati del Papa, eccetto la Marca di Fermo, Benevento, e Pontecorvo, Bologna, e Ferrara, aggiungerci il Sanese, e dargli il titolo di Re de’ Romani. Questo progetto riuscirebbe gratissimo all’Italia, vi metterebbe in sicuro i nostri interessi, ma potrebbe dispiacere alla Germania. Il mezzo di farlo adottare sarebbe quello di offerire al Re di Prussia una larga indennità: lui soddisfatto, tutti gli altri sarebbero forzati al silenzio.

4. Dare alla Casa d’Austria tutto ciò che si è detto nel numero precedente; trattare il Granduca, e gli Stati d’Italia come nel numero 2, far cedere all’Elettor Palatino la parte che la Casa d’Austria ha nella Polonia, e farla servir di punto di unione per la ristaurazione di questo Stato; conservare al Re di Prussia la maggior parte di ciò che ne ha acquistato. Egli è assai dubbioso, che la Casa d’Austria volesse prestarsi a questo progetto; la sua alleanza con la Russia, la sua antipatia per la Prussia sembrano esser altrettanti ostacoli insuperabili.

Vi ha molte altre combinazioni che voi formerete assai meglio di me: queste potrebbero bastare per iscandagliar il terreno, e mettere i ministri, e coloro che li circondano nel caso di spiegarsi, e di far conoscere i loro sentimenti relativi a quest’oggetto. La meta principale, alla quale farete di tutto per giungere, è di persuadere all’Austria che malgrado il preteso vantaggio che le offre l’Inghilterra di alcuni compensi, questa potenza avendo interessi opposti ai suoi, non farà che rallentare il corso delle negoziazioni; che la Casa d’Austria otterrebbe molto di più, e con maggiore prontezza, trattando essa sola con la Repubblica. Ritornando da Vienna voi avrete l’occasione di vedere molti principi di Germania, ed i loro ministri. Essi sono atterriti dall’ambizione della Casa d’Austria, e dall’accanimento che mostra contro tutti que’ che han cercato di ravvicinarsi alla Repubblica. Essi forse potranno concepire delle inquietitudini intorno alle conseguenze della proposizione di armistizio: vi sarà facile di far ad essi capire, che il loro stesso interesse lo esigeva, che per questo armistizio essi avranno il tempo di riunirsi, e mettersi d’accordo intorno a’ mezzi di scuotere il giogo odioso sotto di cui si vuole deprimerli; e per esso la Repubblica avrà il tempo di ristabilire nelle sue armate una disciplina severa, e di preparare i mezzi di un attacco più vigoroso de’ precedenti, il quale sarà l’ultimo, se essi vorranno secondarlo. Raccomando cittadino Generale, al vostro zelo e alla vostra sagacità tutti gli oggetti dei quali ho fatto parola, ed anche quelli che la brevità del tempo non mi ha neanco permesso di accennarvi la sua antipatia per la Prussia, e son sicurissimo che nulla vi sfuggirà di tutto ciò che può interessare la nostra patria comune.

Eccovi una cifra della quale farete uso nella corrispondenza interessante, che mi attendo da Voi.

C. Delacroix.

Nota data dal General Bonaparte al General divisionario Clarke.


Mantova è bloccata da molti mesi: vi sono almeno diecimila infermi ai quali mancano la carne, ed i medicamenti; i sei o settemila uomini della guarnigione sono alla mezza razione di pane, alla carne di cavallo, e senza vino; le stesse legna vi son divenute rare. Nella piazza vi erano seimila cavalli di cavalleria, e tremila di artiglieria: se ne uccidono cinquanta al giorno, e se ne conservano seicento salati; molti sono morti per mancanza di foraggi; di quelli addetti alla cavalleria ne rimangono ancora mille e ottocento, che di giorno in giorno si vanno consumando: egli è dunque probabile, che fra un mese Mantova sarà nostra. Per accelerarne la resa io fo fare i preparativi bastevoli ad aumentare tre batterie incendiarie, le quali incominceranno a far fuoco il 25 di questo mese. L’armata ch’era arrivata con tante forze per soccorrer Mantova è stata già battuta: essa potrà ricever rinforzi tra quindici giorni, ma cominciamo ad aver anche noi soccorsi; e dall’altra parte il General Clarke non può aprire le sue negoziazioni prima di altri dodici giorni, e a quest’epoca, se la Corte di Vienna conchiude l’armistizio, è prova che non si troverà nel caso di attaccarci con qualche speranza di riuscita. Nel caso contrario la Corte di Vienna attenderebbe l’esito degli ultimi suoi sforzi prima di venirne a qualche conclusione. Quando noi sarem padroni di Mantova, l’Imperatore si crederà pur troppo fortunato di accordarci il Reno per confine. Roma non è in armistizio, ma in guerra con la Repubblica Francese; essa ricusa di pagare qualunque contribuzione: la sola presa di Mantova potrà bastare a farla cambiar di condotta.

Conchiudendo un armistizio noi perderemmo

1. Mantova sino a Maggio, ed a quell’epoca la troveremmo compiutamente provveduta, qualunque convenzione che si faccia; ed il calor della stagione ci renderebbe impossibile d’impadronircene alla fine dell’armistizio.

2. Sarebbe ancor per noi perduto il denaro di Roma, il quale non è sperabile che si abbia senza prender Mantova, perchè sarebbe funesto occupar lo stato della Chiesa in tempo di state.

3. L’Imperatore, essendo più vicino, avendo maggior numero di mezzi per reclutare, si troverà in Maggio ad avere un’armata più numerosa della nostra; perchè, si faccia pur ciò che si voglia, quando si cesserà di battersi, la soldatesca se ne andrà via. Dieci o quindici giorni di riposo faran bene all’armata d’Italia, ma tre mesi la rovineranno.

4. La Lombardia è spossata: non è possibile nudrirvi l’armata d’Italia altrimenti che col denaro del Papa, o di Trieste: ci troveremmo per ciò molto imbarazzati all’apertura della campagna dopo l’armistizio.

5. Padroni di Mantova, saremo in grado di non comprendere il Papa nell’armistizio; l’armata d’Italia acquisterà una tale preponderanza, che si crederanno fortunati a Vienna di poterla paralizzare per qualche mese.

6. Se si deve riaprire una nuova campagna dopo l’armistizio, questo ci sarà molto prcgiudicievole: se poi l’armistizio dovrà essere un preliminare di pace, non bisogna farlo che dopo la presa di Mantova; allora sarà doppiamente probabile che ci riesca buono, e profittevole.

7. Conchiudere l’armistizio attualmente è lo stesso che spogliarsi de’ mezzi, e delle probabilità di fare una pace vantaggiosa fra un mese. Tutto riducesi adunque ad aspettar la presa di Mantova, a rinforzare quest’armata con ogni mezzo possibile, a fin d’aver denaro per la prossima campagna, non solamente per l’Italia, ma ben anche pel Reno, e ad oggetto di poter prendere un’offensiva così determinata, e così formidabile per l’Imperatore, che la pace avrassi a conchiudere senza difficoltà, e con gloria, e con onore, e con vantaggio. Se si vuole aggiungere all’armata d’Italia un rinforzo di 20,000 uomini, compresi i 10,000 che ci si annunzia dover giungere dal Reno, e di 1500 cavalli, potrem promettere prima che venga il mese di Aprile, 30,000,000 di franchi alle armate del Reno, di Sambra e Mosa, e l’Imperatore potrà essere costretto a rivolgere tutti i suoi sforzi dalla parte del Friuli.

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