< Supplemento alla Storia d'Italia
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LXX - Bonaparte giustifica la presa di Bergamo, e descrive le operazioni fatte, e da farsi relativamente ai diversi Governi d'Italia
LXIX LXXI



Dal Quartier Generale di Milano li 8 nevoso anno 5

(28 Decembre 1796)


LXX - Al Direttorio esecutivo.


I Veneziani avendo ricolmato di attenzioni l’armata del Generale Alvinzi, ho creduto dover prendere una nuova precauzione, impadronendomi del castello di Bergamo, che domina la città di questo nome, ed impedire ai partigiani nemici di venire ad interrompere la nostra comunicazione fra l’Adda, e l’Adige. Fra tutte le provincie dello Stato di Venezia, quella di Bergamo è la peggio intenzionata contro di noi. Vi era nella città di questo nome un Comitato incaricato di spargere le più ridicole novità sul conto dell’armata; sul territorio di questa provincia si assassinano i nostri soldati, e di qui si favorisce la diserzione dei prigionieri austriaci. Sebbene la presa della cittadella di Bergamo, non sia stata un’operazione militare, vi ha non dimeno bisognato molta sagacità, e fermezza: il general Baraguay d’Hilliers a ciò da me incaricato, si è portato perfettamente in questa occasione; voglio darli il comando d’una brigata, e spero che ai primi affari meriterà sul campo di battaglia il grado di Generale di divisione. Voi troverete qui uniti molti documenti della mia corrispondenza col Duca di Parma, che potrebbero comunicarsi al nostro ambasciadore in Spagna, per farsi un merito presso la Corte di Madrid. Ho avuto una conferenza con Manfredini, che come voi sapete, è stato Ajo dell’Imperatore, del Principe Carlo, e del Gran-Duca di Toscana; io ho stabilito con lui, dopo due ore di discorsi e di finezze diplomatiche, che, collo sborso di due milioni, evacuerò Livorno: egli ha ostentato molta miseria. Attendo a giorni la risposta del Gran-Duca.

I Napoletani mi hanno fatto significare la pace, e mi hanno chiesto il permesso di ritornarsene a Napoli; io ho loro risposto che il governo non me l’aveva ancora significata, che io era per spedirvi un corriere, che attendeva degli ordini. Vi prego di farmi conoscere le vostre intenzioni a tal riguardo. Desidererei intanto, prima di lasciarli partire, aver concluso qualche cosa con Roma, imperocchè questa cavalleria mi è di pegno che il Re di Napoli si atterrà alla pace, e si porterà come conviene.

In quanto a Roma, il Papa ha in questo momento riunito tutte le sue forze a Faenza, e nell’altre città della Romagna, dove ha quasi sei mila uomini. Siccome ciò fa molta paura ai Bolognesi, e potrebbe servire a favorire l’evasione di Wurmser dalla piazza di Mantova, a seconda d’un articolo dell’armistizio, io farò prendere degli ostaggi nei differenti paesi, conforme l’uso di tutte le nazioni, e questi ostaggi saranno i cittadini i più attaccati al Papa, ed i più grandi nemici del partito francese: con tal mezzo, il paese si organizzerà da sè, come Bologna. Io sequestrerò tutte le entrate della Romagna, e della Marca, per tenermi luogo di pagamento dei quindici milioni, conformemente all’armistizio. Io metterò in Ancona i 1500 uomini che tengo a Livorno, e cosi allontanerò quel corpo di nemici che sembra combinarsi con la posizione d’Alvinzi a Padova; e l’ordine che l’Imperatore ha dato a Wurmser; e troverò dei danari per l’armata.

Se tardo alcuni giorni l’esecuzione di questo progetto, avviene, 1. perchè bisogna lasciar trascorrere alcuni giorni, onde l’impressione fatta su i Veneziani dall’occupazione di Bergamo sia interamente distrutta, 2. perchè bisogna che mi assicuri che i soccorsi che mi annunziate, siano in viaggio, e siano veramente per arrivare. Voi capite bene che mi bisognano; almeno tre mila uomini per andare fino ad Ancona, che è distante quaranta leghe da Bologna. Se i dieci mila uomini di soccorso dell’Oceano, ed i dieci mila del Reno che voi mi annunziate da sì gran tempo, arriveranno alla fine, io prenderò sei mila uomini per andare a Roma. Voi comprendete quanto in tutte queste ipotesi, è essenziale d’avere sempre per ostaggi i tre mila Napoletani, che terranno in rispetto la corte di Napoli, che d’altronde per quanto sono assicurato, comincia di già a disarmare. Questa ancora è una ragione per la quale ritardo per alcuni giorni la mia operazione.

Il cittadino Poussielgue mi ha reso conto in particolare dell’esito della negoziazione con Turino. Sembra che quei popoli non possano accostumarsi al nuovo stato di cose. Il nuovo Re mette ordine nelle sue finanze, si cattiva i suoi sudditi, ed io non dubito che egli speri, con la continuazione della guerra, poter di nuovo tentare la fortuna. Credo che la nostra politica verso questo Principe debba consistere nel mantenere sempre presso lui un fermento di malcontento, e soprattutto di ben assicurarsi della distruzione delle fortezze dalla parte dell’Alpi.

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