< Supplemento alla Storia d'Italia
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LXXII - Il Ministro delle relazioni estere notifica al General Clarke alcune disposizioni politiche intorno all'Italia, e alla Germania
LXXI LXXIII



Parigi, li 10 nevoso anno 5 (30 Decembre 1796)


LXXII - Il Ministro delle Relazioni Estere al General Clarke.


Ho ricevuto, cittadin Generale, le lettere che mi avete fatto l’onore di scrivermi: mi farò un dovere, ed un piacere insieme di mettere sotto gli occhi del Direttorio le eccellenti riflessioni che vi si contengono. In quanto a me io penso come voi, esigersi dal nostro interesse, e da una sana politica, che il Governo Francese attenda ancor qualche tempo a pronunciarsi su la sorte del nord d’Italia; che una determinazione intempestiva potrebb’essere di grande ostacolo alla pace; che un popolo così scemo di energia, e pieno di pregiudizj li più degradanti, sosterrebbe molto male le parti di popolo libero; che si avrà sempre e tempo di affrancarlo in tutto e per tutto, o almeno di assicurargli una costituzione più fortunata e più libera quando verrà il momento di trattare della pace d’Italia. Nelle mie corrispondenze co’ Deputati di Milano, io non ho fatto nulla trasparire di ciò che fosse contrario a questi principj, e le vostre osservazioni mi confermano sempre più nella risoluzione di continuare ad essere sempre così circospetto. Se la mia lettera vi giungerà mentre siete ancora a Milano, voi potrete dare un’altra mentita a Savador. Egli è ben vero, che lo scorso inverno io lo aveva spedito nel Milanese per conoscere le disposizioni degli animi, e le forze de’ nostri nemici ec.: ma una cotal missione cessò subito che Bonaparte ebbe sorpassato l’Appennino, e per lo addietro, mi era molto bene avveduto, che non poteva tirar quasi verun partito da cotest’uomo, intorno al quale mi furon date presso a poco in quell’epoca stessa informazioni assai sfavorevoli. Se anche quando aveva l’incarico di riconoscere il paese la mia corrispondenza con lui era quasi inutile, essa si è resa inutile affatto dopo che siam divenuti padroni di Milano. Non sarei sorpreso che la Corte di Vienna vi negasse i passaporti necessarj, o almeno almeno indugiasse molto a spedirveli, tanto stretti, e tenaci sono i nodi che la stringono al gabinetto di Londra; però molte circostanze potran concorrere a dare una scossa al suo orgoglio e alla fedeltà della quale fa pompa nel mantenimento de’ suoi impegni: la discesa in Irlanda, di cui tutto fino al presente fa prevedere il buon successo; la morte dell’Imperatrice di Russia, le disposizioni pacifiche del successore di lei, la sua pendenza per la Prussia; l’attaccamento che ha pel Duca di Wurtemberg, l’ingrandire il quale dipende da noi; il malcontento di tutti i principi secolari della Germania, e il desiderio che hanno d’ingrandirsi a spese de’ principi ecclesiastici; le minacce della Porta Ottomana, la quale reclama in favor nostro la frontiera lungo il Reno, e (siccome me l’osserva Aubert Dubayet) fa avanzar truppe sul Danubio per sostener la mediazione che ha volontà d’interporre tra il suo vicino, che punto non ama, e i suoi amici antichi. Si parla anche d’una coalizione che deve formarsi in Germania per forzare l’Imperatore a stipular la pace conformandosi a’ nostri principj. Il General Dubayet con la sua lettera del 16 Brumale, mi fa credere che la Porta abbia già intimato con tuono fermo e deciso all’Internunzio, esser sua intenzione, intervenendo al trattato tra l’Imperatore, e la Repubblica, che per preliminare egli abbia a cedere, e senza veruna restrizione, tutta la sponda sinistra del Reno conquistata o no, evacuando ben tosto Magonza, Cassel, e le sue dipendenze; che avendolo egli domandato, la Porta ha spedito ordini ai Pascià di Romelia, e di Bosnia d’inviar truppe sopra i differenti punti delle frontiere di Germania, mentre ella si occuperebbe a formar nuova leva d’uomini nelle vicinanze di Belgrado, per accrescere il presidio di questa piazza; che queste operazioni si sono eseguite appuntino, ed egli non dubita, unito alla dichiarazion della Porta, che non abbia a produrre una potente diversione. Io doveva farvi conoscere questi particolari per prenderne norma nella missione importante della quale siete incaricato. Rispondo adesso alla vostra del 28 frimale. Penso come voi, quanto sia importante agl’interessi politici della Repubblica di non abbandonare a’ sentimenti personali di un uomo, o ad un nemico sì intraprendente, un segreto che potrà influire sul destino di uno de’ nostri alleati: ma e’ mi pare par che voi abbiate in pugno un mezzo più sicuro, e più agevole per ottener questo intento. Supponendo che vi riuscisse di determinare il Conte di M.... a venire in Francia, il suo arresto eseguito qui, farebbe un chiasso inevitabile, e potrebbe esser seguito da gravi inconvenienti. Egli potrebbe concepirne sospetto, e trovar mezzo da fare sparire le sue carte. Attualmente egli si trova in paese sottoposto al governo militare: tostochè sarà giunto in Toscana, dovrà vivere in piena sicurtà: avrà tra le mani le sue carte, e sarà facile d’impadronirsene, facendolo arrestare sotto un minimo pretesto. Dopo che ci saremo assicurati delle sue carte, gli restituiremo la libertà. Il governo possederebbe allora un mezzo efficace per esercitare un’influenza su la potenza cui queste carte interessano; la momentanea detenzione del Conte di M.... non ci comprometterebbe nulla, e potrebbe essere riguardata come uno sbaglio. Ecco, Generale, come io credo che questo affare dovrebbe esser condotto. Del resto io metterò sotto gli occhi del Direttorio la vostra lettera, e se lo giudicherà necessario, esso trasmetterà i suoi ordini al General Baraguay d’Hilliers.

Ch. Delacroix.

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