Questo testo è completo. |
◄ | LXXVIII | LXXX | ► |
Parigi, li 25 piovoso anno 5 (12 Febbrajo 1797)
LXXIX - Al Generale in capo Bonaparte.
La presa di Mantova, cittadino Generale, è stata da noi considerata come uno degli avvenimenti più distinti di questa guerra, e ne facciamo le nostre felicitazioni alla valorosa armata d’Italia, e al suo celebre Generale. Abbiam fatto dare a questa notizia di cui tutta la Repubblica debbe rallegrarsi, una clamorosa pubblicità. La resa della fortezza di Mantova non sarà il solo guiderdone delle vittorie che abbiam riportate nella Lombardia. Il possesso del Tirolo, e del Friuli, l’occupazione di Trieste, e la conquista di Roma ne saranno ancora le immediate gloriose conseguenze. La cagione principale de’ vostri buoni successi la dovete alla rapidità de’ vostri movimenti. Noi vediamo, ancora, con piacere, che aspettando i rinforzi (una parte de’ quali ormai dovrà esser giunta a Milano) voi proseguite a disperdere le reliquie di Alvinzi per impadronirvi de’ passi i più importanti del Tirolo, e del Friuli: ma noi non siamo men paghi della facoltà che avete acquistata con la capitolazione di Mantova, di accrescere la forza della divisione che agisce in Romagna. La vostra marcia su di Roma, e la vostra entrata in questa immensa città esigono delle precauzioni, che l’effervescenza istantanea di un popolo senza energia, ma facile ad esaltarsi, deve rendere più circospette. Un corpo di 10, a 12,000 uomini ci sembra non dimeno necessario per questa operazione, come voi stesso lo giudicaste quando se ne parlò nell’ultima campagna. Del resto noi riposiamo in tutto e per tutto su di voi relativamente alle disposizioni che sarete per dare. In quanto al Papa, poichè si è voluto affidare alla sorte delle armi, sembra che la perdita della sua potenza territoriale debba essere un effetto dell’acciecamento del suo Consiglio, e la proposizione che voi ci fate intorno a ciò merita d’esser discussa. Speriamo che il rinforzo delle dodici mezze brigate, e di tre reggimenti di soldati a cavallo, che si uniranno all’armata d’Italia, vi metteranno nello stato dopo la spedizione di Roma, di sboccare fuor del Tirolo con superiorità, ed a quest’epoca noi daremo gli ordini al General Moreau di passare il Reno, e di combinare i suoi movimenti co’ vostri. Il General Hoche alla testa dell’armata di Sambra e Mosa tcrrà occupata verso la Francia una parte de’ nemici, e metterà il blocco alle piazze del Reno.
Sono stati spediti gli ordini per l’artiglieria che domandate, come pure per gli officiali di questa arme, i quali ci avete voi designati. Siam dispiacenti di non potervi spedire i soccorsi di cavalleria, che ci chiedete per la debolezza in cui trovasi quest’arme negli eserciti del Reno. Fa d’uopo osservare inoltre che sono sotto i vostri ordini i quadri di circa venti corpi di cavalleria, e che voi troverete ne’ paesi, che siete per occupare, delle risorse indipendenti da’ depositi di rimonta, i quali sono nell’interno, e che in questo momento son tutti senza reclute. Troverete qui annessa una nota speditaci dal Nobile Veneziano M. Quirini. Voi conoscete le nostre intenzioni relativamente a questa potenza, ed attendiamo il risultato delle misure che avrete preso verso di essa.
Rewbell Presidente.
Aranjuez, li 21 ventoso anno 5 (6 Marzo 1797)
Copia d’una Lettera dell’Ambasciadore della Repubblica in Spagna al Direttorio, trasmessa al General Bonaparte.
Aveva inteso dire, jer l’altro, che il Re di Spagna inviava al Papa una legazione di tre Vescovi, che sono l’Arcivescovo di Toledo, grand’Inquisitore; l’Arcivescovo di Siviglia, ed un altro Vescovo nominato Musquis, Confessore della regina. In fatti, jeri il Principe della Pace mi confermò questa nuova, e dissemi che non dubitava punto che io non conoscessi il vero motivo della legazione. Profittai di questa occasione, e gli dissi che essendo istruito della cabala che agiva contro lui, e di cui questi Prelati erano i complici i più pericolosi, anzi i capi, io doveva crederli che egli gli faceva inviare a Roma affine di allontanarli: il Principe mi confessò che era questa certamente la ragione, egli aggiunse che l’Inquisizione si agitava sordamente contro di lui dopo l’alleanza fatta con noi, e ch’egli era infinitamente interessato, per riparare questi colpi, di allontanare sul momento il grande Inquisitore, ed i suoi aderenti principali: così spera poter mettere a profitto la loto assenza dalla Corte. Io non sapeva cosa alcuna di questi intrighi dell’Inquisizione; ma non ignorava che esiste una trama orribile contro il Principe della Pace e, ragionando confidenzialmente con lui, lo esortai ad esser ben guardingo: gli esposi che io trovava che stava poco a parata, e, a tal riguardo, gli dissi che io era sicuro che i suoi nemici si erano fatti intendere fino nella camera della Regina. Avrei potuto su ciò dargli qualche più minuto ragguaglio, e comunicargli ancora un discorso per lui spiacevole che sono assicurato essersi fatto dalla Regina stessa; ma è cosa sì delicata, che non me lo son permesso, benchè forse l’avessi potuto fare in uno sfogo di confidenza. Per questa volta ho creduto dovermi limitare a consigliarlo ad avere un occhio più attento, e a raddoppiare di circospezione su lui medesimo. Io penso, cittadini Direttori, che il Ministro principale è molto attaccato al suo paese, ed al suo Sovrano; ma penso ancora che sarà difficile trovarne un altro che senta come lui l’interesse che ha la Spagna di tenersi strettamente legata alla Repubblica. Se il Principe della Pace venisse a cadere, chi gli succedesse, se non altro per contradire alle operazioni del suo predecessore, non tenderebbe probabilmente come questo alla buona armonia che regna fra i due Stati, confermata da un’alleanza. Io non dubito che non sia interessantissimo per il bene delle due nazioni che il Principe della Pace si mantenga fermo nel suo grado: in questa idea sarò sempre premuroso di avvertirlo, se saprò che i maneggi tendenti ad allontanarlo facessero troppi progressi.
Le vedute di questo Ministro sarebbero che la Chiesa romana fosse trasferita in Sardegna; egli mi ha detto farvi parte della sua idea, e della confessione che mi ha fatto sul proposito della missione dei tre Prelati; ma ha desiderato che io la faccia direttamente e confidenzialmente: spero che non troverete malfatto che lo compiaccia. Prima di terminare, vi debbo dire ciò che siano i tre Prelati di questa missione, tutti e tre nemici apertamente conosciuti dei Francesi; l’Arcivescovo di Toledo bestia, fanatico, tristo, e pericoloso in proporzione della sua mancanza di buon senso; il confessore della regina passa per uomo di spirito, e per esser pochissimo scrupoloso in tutto; in quanto all’Arcivescovo di Siviglia gli si attribuisce più spirito; ma accorto, e ambizioso, ha l’aria, ed il tratto di un cortigiano avveduto, mestiere che una lunga esperienza gli ha reso famigliare. Questi due ultimi aspirano al Cappello: il primo lo ha da molto tempo. Si pretende che una nuova, sparsa qui questi ultimi giorni di un attacco di apoplessia sopraggiunto al Papa, gli lasci trasparire la speranza d’ottenere la tiara.
Il General Perignon.