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Indenburg, 20 germile anno 5 (9 Aprile 1797)
LXXXV - Al Serenissimo Doge della Repubblica di Venezia.
Tutta la Terra-ferma della Serenissima Repubblica di Venezia è in armi. Da per ogni dove il grido di riunione tra i contadini, che avete armati, è: Morte a’ Francesi; e molte centinaja de’ soldati dell’armata d’Italia ne sono state già le vittime. In vano negherete gli attruppamenti che voi stesso avete organizzati: credete voi che, trovandomi io adesso nel cuor della Germania, sia impotente a far rispettare il primo popolo dell’universo? Credete che le legioni d’Italia soffriranno le stragi, che provocate? Il sangue de’ miei fratelli d’armi sarà vendicato, e non vi ha un solo battaglione francese, che incaricato di un sì nobile ministero, non senta raddoppiare il suo coraggio, e triplicare la sue forze. Il Senato di Venezia ha corrisposto con la perfidia la più nera a’ procedimenti generosi che abbiam costantemente usati verso di lui. Io vi spedisco il mio primo Ajutante di campo perché vi consegni questa lettera. La guerra, o la pace. Se non prendete all’istante le disposizioni atte a dissipar gli attruppamenti; se non fate arrestare e consegnar nelle mie mani gli autori degli assassinj, che sono stati commessi, la guerra è dichiarata. Su le vostre frontiere non vi son Turchi; non vi è nemico che vi minacci; voi avete fatto nascere espressamente de’ pretesti per aver l’aria di giustificare un ammutinamento diretto contro l’armata: esso sia dissipato in ventiquattro ore. Noi non siamo più a tempi di Carlo VIII. Se contro il voto ben conosciuto del Governo francese voi mi obbligherete a far la guerra, non credete però, che ad esempio de’ soldati che avete armati, i soldati Francesi devastino le campagne del popolo innocente e sfortunato di Terra ferma: io lo proteggerò, e verrà un giorno ch’egli benedirà fino i delitti che avranno obbligato l’armata francese a sottrarlo dal vostro tirannico governo.